Il senso dei 5 Stelle per la politica estera

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-03-30

Alessandro Di Battista e Manlio Di Stefano non ci stanno a passare per “filo-russi” che aiutano Putin a destabilizzare l’Europa e l’Occidente. Loro difendono solo gli interessi degli italiani. Infatti sull’idea di Trump di istituire dei dazi punitivi su alcuni prodotti italiani stanno zitti.

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Alessandro Di Battista non ha preso bene l’articolo della Stampa dove si fa riferimento alle preoccupazioni statunitensi per il fatto che il M5S – come la Lega Nord – sia troppo vicino a Putin e che ci sia il rischio che i russi provino ad influenzare l’esito delle elezioni politiche italiane (ma anche di quelle francesi vista l’amicizia tra Marine Le Pen e il Presidente Russo). Ma al di là dell’eventualità di un “intervento” russo nella politica italiana a dare fastidio agli americani è proprio l’essere – acriticamente – filoputiniani dei pentastellati. Non occorre essere dei fini esperti di diplomazia per capire che questo atteggiamento finirà con il creare qualche problema al nostro Paese se i 5 Stelle andranno al governo, anche senza l’aiuto di Putin.
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Contro le sanzioni alla Russia ma nessun problema con i dazi punitivi di Trump verso la UE

Scrive ad esempio Di Battista che quelle della Stampa (anche se in realtà sono considerazioni statunitensi che la Stampa riferisce) sono “tutte menzogne” e che i 5 Stelle hanno a cuore solo una cosa: il bene dell’Italia che nel caso della Russia passa per l’abolizione delle sanzioni (in seguito all’intervento russo in Ucraina) che per il deputato pentastellato “colpiscono soprattutto le nostre imprese”. In questo senso il MoVimento non sarebbe né filo-russo né filo-americano ma filo-italiano, la solita storia che i 5 Stelle raccontano da anni. In realtà a danneggiare le esportazioni italiane ed europee è la decisione della Russia di vietare l’importazione di prodotti europei. Dire che è tutta colpa delle sanzioni imposte alla Russia racconta solo una parte della verità, quella in cui la Russia gioca la parte della vittima e non quella in cui gioca sullo stesso terreno. I 5 Stelle però non chiedono a Putin di annullare l’ordine presidenziale che ha istituito il divieto d’importazione, c’è il rischio di farlo passare per uno “cattivo” ma questo la dice lunga sul modo con cui i pentastellati difendono gli interessi nazionali. Anche la risposta di Manlio Di Stefano, Capogruppo alla commissione Affari esteri della Camera e da sempre l’uomo incaricato di gestire gli impegni internazionali del MoVimento (dai viaggi in Russia a quelli in Israele) si difende su Facebook dalle accuse di “connivenza” con una potenza straniera:

Proprio noi che abbiamo sempre respinto qualsiasi tentativo di rappresentanti politici stranieri di mettere bocca sulle dinamiche nostrane, proprio noi che abbiamo sempre puntato (tanto da metterlo a programma elettorale) sul principio di non ingerenza negli affari interni dei Paesi terzi, proprio noi che crediamo fermamente nell’autodeterminazione dei popoli, proprio noi che abbiamo sempre difeso la libertà d’espressione e di manifestazione

Per qualche strana ragione ai 5 Stelle Putin sta simpatico e ci si possono fare affari mentre Erdogan – che in Turchia non agisce in maniera poi così difforme da quello che fa Putin a casa sua – non è degno di entrare nell’Unione Europea (almeno così è scritto nel “libro” a 5 Stelle). Forse essere filo-italiani passa per l’essere anti turchi? Oppure per l’elettorato pentastellato l’uomo forte di Mosca è più accettabile dell’uomo forte islamico di Ankara? Non si capisce come mai inoltre i 5 Stelle, così attenti a difendere i prodotti italiani e le nostre esportazioni, non abbiano ancora battuto ciglio alla notizia che il Presidente USA Donald Trump sta studiando la possibilità di imporre dazi punitivi fino al 100% su alcuni prodotti di origine europea tra cui l’italiana Vespa (Piaggio), l’acqua Perrier (Nestle’, che produce anche la San Pellegrino) e il formaggio Roquefort in risposta al bando Ue sulla carne di manzo Usa di bovini trattati con gli ormoni. Un tema sul quale i 5 Stelle dovrebbero essere naturalmente sensibili ma rispetto al quale – probabilmente per non interferire nelle decisioni di Trump (che pure gode della stima di Putin).

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Cento dollari cambiati in Bolivar. Immaginate di andare a fare la spesa (fonte via Twitter.com, credits: the Broke Backpacker)

E in Venezuela cantano le lodi di Chavez e Maduro

L’infatuazione del MoVimento per gli uomini forti (che evidentemente evocano il ricordo del Capo Politico del partito) passa anche per il Venezuela dove Manlio Di Stefano, Ornella Bertorotta e Vito Petrocelli si sono recati in pellegrinaggio ad inizio marzo proprio nei giorni in cui veniva celebrato l’anniversario della morte di Hugo Chavez. Proprio lui l’uomo che si oppose alle richieste del FMI e che tutti i leader dei paesi oppressi dal debito pubblico sognano di essere prima o poi. Alla ricerca di una spremuta d’umanità (cit.) i pentastellati hanno incontrato una delegazione di nostri connazionali ma le cose, come raccontava il Foglio, non sono andate poi così bene. Alcuni esponenti della comunità italiana in Venezuela hanno criticato il fatto che i 5 Stelle non abbiano votato la mozione di condanna del regime venezuelano. Loro si sono difesi spiegando che “non intervengono nelle questioni interne di un paese terzo” (che è appena più diplomatico di dire “bisogna dialogare con l’ISIS“) e che non è assolutamente vero che quello venezuelano è un regime fascista. Certo le persecuzioni di oppositori politici e critici del regime di Chavez prima e Maduro oggi sono all’ordine del giorno così come le violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia ma per i 5 Stelle non si tratta di questioni preoccupanti, in fondo in Italia “grazie a Renzi” ci sono un sacco di giovani disoccupati e poi in Venezuela – disse l’onorevole Bertorotta che è capogruppo alla commissione Affari esteri del Senato – c’è un ottimo programma di insegnamento musicale nelle scuole. Ma cosa ne possono capire loro della mancanza di medicinali, dei supermercati sempre chiusi dove la gente fa la fila per ore, della moneta locale che vale meno di zero, dell’inflazione galoppante (ma, ehi, stampano la loro moneta!) e della mancanza di denaro per poter pagare le ditte che stampano le banconote (ma ehi, hanno la sovranità monetaria). In fondo per 5 Stelle come Di Maio la situazione è molto meglio oggi di quando in Venezuela comandava il dittatore Pinochet.
 

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