M5S: il piano da 800 milioni per dire no alla TAV

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-07-27

Di Maio e Conte al lavoro per fermare l’opera ma manca l’ok della Lega che è sempre stata favorevole. I costi dello stop unilaterale potrebbero arrivare a due miliardi

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Il MoVimento 5 Stelle decide di giocarsi il no alla TAV sul tavolo del consenso. Dopo aver “scoperto” che è impossibile fermare il TAP – nonostante gli asciugamani di Barbara LezziLuigi Di Maio ha deciso di andare all’attacco della Grande Opera per eccellenza, ovvero l’Alta Velocità Ferroviaria in via di completamento (e ancora in alto mare).

Così il M5S prova a dire no alla TAV

Secondo i quotidiani sarebbe un sondaggio riservato tra gli elettori grillini ad aver convinto Di Maio della necessità di fermare l’opera, altrimenti è a rischio un gran numero di consensi per il suo partito. Qualche giorno fa il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli aveva detto in diretta radio che il progetto era “da migliorare”, scatenando azzeccatissimi paragoni con quanto sostenuto da Matteo Renzi tempo fa (come nel video di Civati che vedete qui sotto). Successivamente Toninelli aveva provato a rettificare la linea su Facebook, ma senza azzardarsi a parlare in maniera netta di no all’opera.


Adesso è invece evidentemente arrivato il momento di passare all’attacco. O almeno così la pensa Di Maio, che ha già avvertito delle sue intenzioni il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Al quale però ora spetta la parte più difficile, ovvero trovare un accordo con l’Unione Europea e la Francia ma non prima di aver convinto la Lega a stare sulla linea del governo. Sì, perché, come spiega oggi La Stampa, la TAV è protetta da un accordo con la Francia ratificato dal Parlamento che, secondo Palazzo Chigi e il ministero dei Trasporti, può essere stracciato attraverso una legge e un altro voto alle Camere, sempre che la maggioranza regga e la Lega non si sfili.

800 milioni di buone ragioni

La quota di finanziamenti ad oggi vede il 40% a carico dell’Europa, il 35% a carico dell’Italia e il 25% a carico della Francia, dove i lavori sono più avanzati. Da qui, l’ideona:

Dalla parte italiana siamo ancora fermi al foro pilota e secondo i ministri grillini si tratterebbe “solo” di restituire i fondi all’Europa (800 milioni di euro) senza penali.

I contatti con i francesi sono continui, ma la parte grillina del governo è decisa ad andare avanti anche a costo di scontri diplomatici con Parigi con conseguente richiesta di risarcimenti.

Il no definitivo è previsto per il prossimo autunno, tra ottobre e novembre, quando si concluderà l’analisi costi-benefici, inclusi quelli ambientali.

m5s tav

A oggi l’impegno dell’Italia ammonta dunque a 2,88 miliardi, circa l’80% del finanziamento totale. Per le opere da realizzare entro il 2019 — circa 1,9 miliardi — come previsto da un accordo del 2015, Francia e Italia beneficiano di un contributo europeo di 813,8 milioni. L’Ue ha accordato una proroga di alcuni mesi. Ulteriori ritardi potrebbero provocare la revoca degli 813 milioni stanziati.

L’accordo con la Francia

Le strade per ottenere lo stop alla TAV sono quindi due. La prima è quella di arrivare a un accordo con la Francia, un percorso ritenuto possibile dal fatto che anche al di là delle Alpi ci sono perplessità – economiche – sull’opera. La seconda, più impervia, è quella della rescissione unilaterale. In questo caso le controparti, ovvero la Francia e l’Unione Europea, avrebbero diritto a chiedere un risarcimento della somma spesa e l’Italia perderebbe anche i 400 milioni fin qui investiti. Non c’è infatti una penale da pagare ma già il presidente dell’Osservatorio per l’Asse ferroviario Torino-Lione Paolo Foietta aveva precisato qualche settimana fa che i costi da sostenere in caso di stop ai lavori derivavano dall’obbligo di restituire i finanziamenti già concessi. Foietta spiegava che sono già stati investiti «oltre 1,4 miliardi in studi, progetti ed opere finanziati per metà dall’Unione Europea e al 25 per cento a testa tra Italia e Francia.

tav tap infrastrutture m5s
Le infrastrutture contestate dal M5S (Corriere della Sera, 25 luglio 2018)

Le opere già realizzate andrebbero comunque fermate e messe in sicurezze in attesa di un ripristino ambientale per il quale ci vorrebbero 6 o 7 anni e 200 milioni di costi. Infine c’è la rescissione dei contratti in corso: l’intera struttura per la Torino-Lione costa due miliardi. E c’è anche l’ipotesi fine-del-mondo, fatta ancora dalla Stampa: nello scenario peggiore l’Italia potrebbe anche vedersi revocato per cinque anni qualunque finanziamento europeo, come prevedono le regole del Cef, struttura della Commissione europea, in caso di gravi inadempienze.

EDIT: Matteo Salvini, ospite a Radio24, boccia il piano per l’uscita dalla TAV del M5S: Sulla Tav “dal punto di vista personale secondo me occorre andare avanti e non tornare indietro”.  E aggiunge: “C’è da fare l’analisi costi-benefici: l’opera serve o no, costa di più bloccarla o proseguirà?”.

Leggi sull’argomento: Tutte le infrastrutture a rischio M5S

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