«State a casa o fermiamo l’Italia»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-03-09

L’allarme degli epidemiologi: a rischio il 60% della popolazione. Ricciardi: “Roma e Lazio prossime aree sotto attenzione”. Decisivi i prossimi 8 giorni. il Viminale: anche il carcere per chi viola i limiti alla mobilità

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«State a casa o fermiamo l’Italia»: il titolo della Stampa di stamattina è quello più adatto per segnalare l’urgenza di rispettare le misure per l’emergenza Coronavirus e i rischi nel caso che l’epidemia. E la prossima zona “osservata speciale” è Roma.

«State a casa o fermiamo l’Italia»

Spiega oggi Ilario Lombardo su La Stampa che il principio è semplice: tutti gli italiani devono capire che di casa si esce solo per motivi strettamente necessari. Non c’è altra certezza al momento se non questa sulla quale il governo italiano sta fondando la sua strategia di contenimento del virus.

Una strategia a tappe, monitorando progressivamente l’evoluzione dell’epidemia. Per un periodo non definito, di sicuro per almeno 15 giorni la socialità del Paese si deve avvicinare il più possibile allo zero. Solo in questo modo, il ministero della Salute e la Protezione civile saranno in grado di decidere se e quando attivare ulteriori misure straordinarie. Di sicuro, nel governo si tengono pronti al peggio. Ad altre zone rosse, innanzitutto, con Roma osservata speciale. A massicci pattugliamenti dei militari, in autostrade, stazioni e treni, che ieri sera sono diventati realtà con la direttiva del Viminale: si parte in Lombardia e nelle province interessate, ma potrebbero allargarsi altrove. A questo si aggiungerebbe un’ulteriore riduzione dei trasporti nazionali e locali.

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Decreto Coronavirus: la zona chiusa e le misure (La Stampa, 9 marzo 2020)

Per quanto riguarda gli uffici pubblici, ieri il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ha confermato che resteranno aperti, ma via via sarà valutato se contingentare le presenze dei dipendenti e adottare lo smart working. Tutto dipenderà da come verranno seguite le indicazioni codificate dal decreto del presidente del Consiglio. Da 24 ore sono scomparse le timidezze che hanno rallentato le decisioni della squadra di Giuseppe Conte. Il messaggio di stare a casa è arrivato a tutti gli italiani. Si punta sull’effetto deterrente di massa. Un coprifuoco volontario prima di decidere se agire con altri provvedimenti di emergenza diffusi in tutto il Paese.

Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro è stato brutalmente chiaro: nessun modello, «nessuna previsione è al momento possibile per capire quando si arriverà al picco» della diffusione del Covid. Ma se i divieti fissati per decreto, sommati alle ordinanze dei presidenti di tutte le regioni, non dovessero bastare, si procederà oltre, verificando gli effetti di volta in volta.

Roma a rischio chiusura per l’emergenza Coronavirus

E mentre si lavora allo stop delle rate dei mutui in tutta Italia e si pensa alle scadenze del fisco da posticipare, una direttiva del ministero dell’Interno firmata da Luciana Lamorgese fissa una serie di controlli stringenti “sulle aree contenimento rafforzato” definite dal dcpm approvato nella notte. I prefetti dovranno disporre le opportune verifiche sulle persone in entrata e in uscita dalla Lombardia e dalle 14 province oggetto del decreto. La direttiva Lamorgese prevede la convocazione immediata, anche da remoto, dei Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica, per l’assunzione delle necessarie misure di coordinamento e indicazioni specifiche per i controlli relativi alla limitazione degli spostamenti delle persone fisiche in entrata e in uscita e all’interno dei territori “a contenimento rafforzato”. Gli spostamenti potranno avvenire solo se motivati da esigenze lavorative o situazioni di necessità o per motivi di salute da attestare mediante autodichiarazione, che potrà essere resa anche seduta stante attraverso la compilazione di moduli forniti dalle forze di polizia. Un divieto assoluto, che non ammette eccezioni, è previsto per le persone sottoposte alla misura della quarantena o che sono risultate positive al virus.

coronavirus numeri
I numeri del Coronavirus in Italia (Corriere della Sera, 9 marzo 2020)

I controlli sul rispetto delle limitazioni della mobilità avverranno lungo le linee di comunicazione e le grandi infrastrutture del sistema dei trasporti. Per quanto riguarda la rete autostradale e la viabilità principale, la polizia stradale procederà ad effettuare i controlli acquisendo le prescritte autodichiarazioni. Analoghi servizi saranno svolti lungo la viabilità ordinaria anche dall’Arma dei carabinieri e dalle polizie municipali. Per quanto concerne il trasporto ferroviario, la Polizia ferroviaria curerà, con la collaborazione del personale delle ferrovie dello Stato, delle autorita’ sanitarie e della Protezione civile, la canalizzazione dei passeggeri in entrata e in uscita dalle stazioni al fine di consentire le verifiche speditive sullo stato di salute dei viaggiatori anche attraverso apparecchi “termoscan”. Inoltre saranno attuati controlli sui viaggiatori acquisendo le autodichiarazioni.

I divieti nell’area arancione

C’e’ poi un’area del nord dove le limitazioni sono rigide e arrivano controlli sugli spostamenti a partire da stazioni, aeroporti, strade: l’intera Lombardia e le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia. “Distanziamento sociale” e limitazioni – Non si blocca tutto, restano aperti gli uffici pubblici e continuano a circolare le merci, ma si crea distanza tra le persone per limitare la diffusione del virus. E’ questa la logica dietro le norme del nuovo dpcm del governo. I cittadini delle aree “arancioni” possono far rientro nelle loro case, ma per il resto possono muoversi solo per “comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessita’ o spostamenti per motivi di salute”: se sottoposti a controllo, devono autocertificare l’esigenza di uno di questi criteri. Gli abitanti di quelle province che sono in vacanza possono tornare a casa e sono invitati a farlo. Possono continuare a muoversi i lavoratori trasnfrontalieri.

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Mentre fioccano le ordinanze delle altre regioni per ampliare la stretta, il governo annuncia una ordinanza di protezione civile per uniformare le norme. E per ora non c’e’ un obbligo di comunicare se si viene dall’area “arancione” ma solo se si viene da un’area di contagio all’estero: in quel caso si puo’ essere posti in quarantena e sorvegliati dall’Asl che e’ tenuta a verificare se il viaggiatore sviluppa il virus. – Bar e negozi, sport, svaghi – Nell’area “arancione” sono chiusi gli impianti sciistici e sospesi tutti gli eventi pubblici o privati: chiusi cinema, teatri, pub, scuole da ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche, balere. Bar e ristoranti possono aprire, ma solo dalle 6 alle 18 e in tutto il Paese bar e negozi devono comunque garantire, pena sospensione dell’attività, la distanza tra i clienti di almeno un metro. Nelle province del contagio serrande abbassate nel weekend anche per i centri commerciali: uniche eccezioni per farmacie, parafarmacie e alimentari. Chiuse nelle regioni del contagio anche le palestre, i centri sportivi, le piscine, i centri termali, le spa, i centri ricreativi. E’ permesso lo sport a livello professionistico ma solo a porte chiuse.

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