Blocco totale: perché la Lombardia vuole diventare zona rossa

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-03-11

La Lombardia vuole diventare zona rossa perché è l’unico modo di fermare il contagio da Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19. E Giuseppe Conte sembra disponibile a dire di sì, forse già oggi. Il blocco della Lombardia potrebbe arrivare a breve

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La Lombardia vuole diventare zona rossa perché è l’unico modo di fermare il contagio da Coronavirus SARS-COV-2 e COVID-19. E Giuseppe Conte sembra disponibile a dire di sì, nonostante Matteo Salvini vada in giro a dire il contrario (dopo aver detto che voleva riaprire tutto a febbraio). Ieri prima l’assessore alla Sanità Giulio Gallera e poi il governatore Attilio Fontana l’hanno ribadito pubblicamente. Il blocco della Lombardia potrebbe arrivare a breve.

La Lombardia zona rossa

Nell’ordine,  la Lombardia chiede la chiusura di negozi, fabbriche, attività. Tutto tranne l’essenziale, che nell’era del COVID-19 significa cibo e medicine, ossia negozi di alimentari e farmacie. Viene chiesto di limitare anche un diritto essenziale come la mobilità, riducendo al minimo indispensabile bus, tram, metrò, treni e aerei. Lo chiede il governatore lombardo Attilio Fontana assieme ai dodici sindaci dei capoluoghi di provincia, tra cui quello di Milano, Beppe Sala. Naturalmente si chiuderebbero anche bar e ristoranti fino a nuovo ordine, ma soprattutto si sospenderebbe l’attività produttiva: in questa richiesta le istituzioni sono fiancheggiate dai sindacati dei metalmeccanici e poi dai segretari generali di CGIL, CISL e UIL. Negativa però la risposta di Confindustria.

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Regione Lombardia: la zona rossa (Corriere della Sera, 11 marzo 2020)

Ma perché la Lombardia vuole diventare zona rossa? Il motivo è piuttosto semplice e riguarda le esperienze di Wuhan in Cina e del Lodigiano:  “La zona rossa di Lodi e Codogno (quella completamente blindata fino all’altro ieri, ndr) è l’unica dove l’evoluzione dell’infezione si sta invertendo e si riduce la velocità di contagio diversamente dal resto della Regione”. Non a caso, ieri il capo della Protezione civile Angelo Borrelli lo ha detto chiaramente: “Le richieste della Lombardia vanno vagliate, vedremo nei prossimi giorni”. Così Fontana insiste: “Abbia mo mandato a Conte una lettera di tutti i sindaci per chiedere misure più stringenti, domani(oggi, ndr) il governo deciderà su nuove misure per la Lombardia”. E non è tutto, perché anche Luca Zaia, che fino all’altroieri strillava di volere il Veneto libero, avrebbe cambiato (di nuovo) idea.

La chiusura totale della Lombardia

Giuseppe Conte però non ha ancora deciso. E non lo ha fatto perché c’è chi è comunque contrario alla decisione, anche se ci sono questioni di salute di mezzo. Ma, spiega il Fatto, il presidente del Consiglio potrebbe decidere anche nelle prossime ore:

LA REALTÀ rischia di andare più veloce della politica se, in Lombardia, secondo i dati di Confcommercio hanno già chiuso, per spontanea iniziativa dei titolari, il 50 per cento degli esercizi commerciali. Una serrata che ieri è arrivata perfino negli stabilimenti bresciani della Alfa Acciai, il gigante del tondino da 1000 dipendenti ha fermato la produzione. Così, anche se non è ancora chiaro se la decisione verrà presa già nel Consiglio dei ministri convocato per questa mattina alle 8:30, il governo si avvia a compiere questo ulteriore passo per il contenimento del contagio. Che è anche un po’un metro in avanti verso il precipizio dell’economia nazionale.

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Non solo per lo stop alle attività, ma anche per la mole di indennizzi con cui bisognerà risarcirle. Lo sa Confindustria, che ieri è intervenuta subito dopo l’appello di Fontana: “Il giusto proposito di fermare l’emergenza sanitaria non può e non deve aggravare l’emergenza economica che sta già piegando l’in tero sistema produttivo. I provvedimenti fin qui varati dal governo offrono una soluzione equilibrata”. No alla serrata, dunque: “L’immagine dell’Italia nel mondo ne uscirebbe distrutta”.

Il supercommissario invocato da Renzi, Salvini e Meloni con il nome di Guido Bertolaso in ballo, invece, non è per niente sul tavolo del governo che così si sentirebbe scavalcato.

Il blocco totale della Lombardia

Monica Guerzoni sul Corriere della Sera aggiunge un altro dettaglio importante, ovvero che la Lombardia può essere un precedente: il blocco totale presto potrebbe finire per interessare tutta Italia. Per ora però la direzione è quella di permettere alle Regioni di emanare ordinanze restrittive in accordo con il governo. A sera il vicesegretario Andrea Orlando schiera il Pd al fianco delle Regioni che, nel quadro nazionale, agiscono «per implementare le misure». Come farà Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna, sospendendo bar e ristoranti nel weekend e chiudendo i mercati, salvo i banchi alimentari. Gli esperti concordano anche perché il sistema sanitario lombardo è al collasso, spiega oggi Simona Ravizza:

«Stiamo facendo miracoli, ma non possiamo andare avanti così a lungo. Solo con misure drastiche, come quelle che sta chiedendo la Regione Lombardia con la chiusura dei negozi e delle attività produttive, potrà calare la pressione sul sistema ospedaliero, che ogni giorno continuiamo a potenziare, ma che non ha risorse illimitate».

Antonio Pesenti, coordinatore delle Terapie intensive nell’Unità di crisi lombarda, non ha nessun dubbio: «In 15 giorni abbiamo aumentato i posti letto delle Rianimazioni del 50% per destinarli ai malati di coronavirus. Il problema dei pazienti che non sappiamo dove mettere si è creato nelle Terapie intensive proprio perché i posti lì sono più difficili da allestire — spiega Pesenti —. Ma prima o poi l’ondata dei malati rischia di travolgere anche i ricoveri ordinari. E ancora: bisogna avere letti a disposizione per chi ha un infarto, fa un incidente, ha un ictus. Per adesso abbiamo tamponato l’emergenza rivoluzionando la rete ospedaliera. Ma tutto ha un limite».

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I numeri del Coronavirus in Italia aggiornati a ieri (Corriere della Sera, 11 marzo 2020)

Sempre dall’Unità di crisi gli fa eco l ’epidemiologo Vittorio Demicheli: «La speranza è riuscire a invertire la curva dei contagi con misure drastiche entro un mese. Provvedimenti più stringenti ci permettono di evitare la crisi del sistema ospedaliero e, contemporaneamente, come insegna l’esperienza cinese, a rallentare la curva dei contagi per vedere l’uscita dall’emergenza».

Demicheli ammette che è difficile prevedere con certezza il momento in cui la curva epidemiologica invertirà la crescita, ma ribadisce che non c’è alternativa al blocco totale della Lombardia: «L’obiettivo è attuare misure drastiche per farle durare il meno possibile, altrimenti non si riuscirà a mitigare le conseguenze dei contagi».

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