Se l’ISTAT cambia le stime del PIL per aiutare il governo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-08-02

Le modifiche introdotte con il ricalcolo potrebbero in teoria anche essere di segno opposto. Ma c’è un però: vi sono dei capitoli annunciati che fanno pensare alla possibilità di ottenere, alla fine dei conti, un rialzo del valore aggiunto e anche un incremento del valore aggiunto per unità di prodotto, cioè della produttività

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L’Italia è a crescita zero, l’incremento dell’occupazione è un’illusione ottica e il reddito e la produttività degli italiani calano: è il momento ideale, insomma, per annunciare che in autunno l’ISTAT cambierà le stime del PIL, come ha annunciato ieri l’istituto di statistica.

Se l’ISTAT cambia le stime del PIL per aiutare il governo

Un annuncio che non poteva non scatenare perplessità o ironie, come quelle che fa Carlo Cottarelli su Twitter ricordando che “Rivedere le stime del Pil è stato l’unico modo con cui si è riusciti a ridurre il rapporto debito pubblico/Pil negli ultimi anni. Mi sa che finisce così anche stavolta…”. Una battuta a cui persino l’account ufficiale di ISTAT su Twitter ha ritenuto di dover rispondere segnalando che si tratta di un atto dovuto:

 In Europa si è convenuto che tale operazione dovrebbe essere effettuata ogni 5 anni e, in particolare, negli anni con cifra finale 4 e 9. In effetti, l’ultima revisione straordinaria ad hoc è avvenuta in tutti i paesi europei – e ovviamente anche in Italia – nel corso del 2014 in corrispondenza dell’introduzione della nuova versione del Sistema Europeo dei Conti (SEC) – definita SEC 2010 – che ha sostituito il precedente SEC 1995.

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In tale ottica, l’Italia, come gran parte dei paesi Ue, ha deciso di effettuare nel 2019, e quindi a distanza di 5 anni dalla precedente, la successiva revisione generale dei conti . Questa corrisponde a ciò che, in linguaggio tecnico, si definisce una revisione straordinaria corrente, ovvero la costruzione ex-novo dell’intera stima per uno specifico anno di riferimento, il quale verrà diffuso nell’anno di benchmark 2019. Nel caso specifico l’Istat ha deciso di effettuare tale operazione individuando il 2016 quale anno di riferimento, in quanto per tale anno sono divenute disponibili nella fase di definizione della stima tutte le informazioni strutturali necessarie.

Quelle strane modifiche annunciate per alzare il PIL

Eppure la nota non è bastata a placare i cattivi pensieri. E il motivo lo spiega oggi Rossella Bocciarelli sul Sole 24 Ore, segnalando che se è vero che ex ante non si può essere certi che l’«operazione di manutenzione non ordinaria» della contabilità nazionale si traduca in una rivalutazione del livello del Pil e in una ridefinizione migliorativa del recente profilo congiunturale e quindi, come scriveva l’ISTAT su Twitter, le modifiche introdotte con il ricalcolo potrebbero in teoria anche essere di segno opposto. Ma c’è un però:

Però alcuni indizi fanno pensare a una revisione in melius della ricchezza prodotta in Italia. La revisione di alcuni aspetti della struttura dell’economia italiana appare destinata ad essere assai importante, perché accanto ai cambiamenti concordati con l’Eurostat, l’Istat intende introdurre molte modifiche sulla base delle nuove fonti e metodologie introdotte in questi anni per migliorare le stime. E vi sono dei capitoli che fanno pensare alla possibilità di ottenere, alla fine dei conti, un rialzo del valore aggiunto e anche un incremento del valore aggiunto per unità di prodotto, cioè della produttività.

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E cioè quali?

Per esempio, vi sarà una stima dei servizi di locazione e indicatori di quantità delle case di proprietà abitate dal proprietario, che generano un flusso di reddito da imputare ai consumi privati e al valore aggiunto. E vi saranno anche nuove stime del sommerso, ottenute con una base dati che copre l’intero universo delle imprese italiane. C’è quindi la possibilità che sia la statistica a migliorare l’immagine di un anno completamente immobile.

Non è strano?

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