La guerra della cittadinanza tra Di Maio e Salvini sulla pelle di Ramy

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-03-26

I due vicepremier si sfidano a colpi di dichiarazioni sulla possibilità di concedere la cittadinanza al ragazzino eroe. Secondo Salvini non ci sono i presupposti per via di alcuni non meglio precisati precedenti di un suo famigliare (ma il padre nega). Secondo Di Maio invece si può risolvere tutto con la cittadinanza premio, perché il contratto di governo esclude qualsiasi discussione sullo Ius Soli (che tanto non piace nemmeno al M5S)

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Essere “eroi” non è mai facile. Non lo è da adulti figuriamoci a 13 anni. Ci vuole coraggio a compiere un atto di eroismo, ci vogliono le spalle large per reggere la pressione del “dopo”. Essere eroi a 13 anni è un’impresa, e lo è soprattutto in un Paese dove una buona parte della popolazione vede le persone di origine straniera come un potenziale pericolo e le chiama spregiativamente – facendo il verso ai buonisti – “risorse”. Il gesto di eroismo di Ramy, Adam e Riccardo ha sollevato nuovamente la questione della cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia.

Salvini e la storia dei precedenti del padre di Ramy

I due partiti della maggioranza si sono nuovamente divisi le parti. Da un lato la Lega con Salvini che vuole incontrare in privato Ramy e la sua famiglia per evitare “carrambate” come quella di Fabio Fazio l’altra sera. Il ministro dell’Interno vorrebbe davvero concedere la cittadinanza al ragazzino eroe che ha salvato i compagni da Ousseynou Sy, il cittadino italiano nato in Francia che ha dirottato e tentato di dare alle fiamme il pullman sul quale viaggiava la scolaresca. Ma non lo può fare. «Mi piacerebbe molto dargli la cittadinanza. Gli approfondimenti del caso evidentemente non riguardano la storia passata di un ragazzino di 13 anni ma se io do la cittadinanza a un ragazzino di 13 anni devo avere la matematica certezza che automaticamente la cittadinanza non vada a qualcuno che ha dei precedenti penali». Ovviamente non è Ramy ad avere precedenti, ma allora chi? Il Viminale fa sapere che “sarebbe sgradevole entrare nel merito” ma sul Corriere della Sera si parla di episodi a carico del padre (furto, falso, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina).

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Alla Stampa però il signor Khaled nega ogni addebito: «Chi ha la fedina penale sporca? Io? Io sono pulito ti do i miei documenti controlla. Se non vogliono dare la cittadinanza a mio figlio lo dicano chiaramente ma non infanghino la gente». Il mistero si infittisce. Se ad avere precedenti fosse uno zio o un altro parente di Ramy perché non concedergli la cittadinanza? In fondo che colpe ne ha un ragazzino? Nessuna, la responsabilità penale è personale. Fra cinque anni Ramy sarà maggiorene e potrà chiedere la cittadinanza, se non ci saranno ostacoli la avrà nonostante i presunti precedenti del padre (o di qualche suo parente). Perché Salvini ha paura di concedergliela ora?

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Nel frattempo sui social Salvini fa capire bene qual è la sua posizione. Nessuna riforma del diritto di cittadinanza, no allo Ius Soli che non è nel contratto di governo. Salvini non ha mancato di sfruttare la notizia degli esami di italiano pilotati per stranieri per andare all’attacco di “ius soli e cittadinanze in regalo”. Un messaggio rivolto a chi chiede la “cittadinanza premio” per Ramy. Eppure il ministro non dà tutta la notizia.  Nell’operazione della Polizia di Stato è stato arrestato un cittadino italiano mentre altri due italiani sono finiti ai domiciliari (così come un cittadino tunisino e un marocchino).

Di Maio e la cittadinanza come “premio”

Dall’altra parte della barricata dell’ipocrisia ci sono i ministri del MoVimento 5 Stelle. Di Maio al Corriere della Sera ha ribadito che lo ius soli “non è in agenda” e ricorda di aver chiesto «la cittadinanza per meriti speciali, che è previsto dalla legge italiana, per il bambino eroe di origini egiziane che ha salvato i suoi compagni chiamando i carabinieri». Secondo il vicepremier è il PD a strumentalizzare la vicenda ma è irremovibile su un punto: «diamo la cittadinanza a questo ragazzo e anche dei riconoscimenti agli altri bambini che si sono distinti in quella giornata di terrore». Eppure Salvini a Ramy la cittadinanza dice che non si può dare. Eppure anche concedendo la cittadinanza a Ramy non si estenderebbe automaticamente al padre (ammesso che sussistano davvero i precedenti penali).

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Anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è d’accordo con il capo politico del M5S: «È giusto riconoscere per meriti eccezionali la cittadinanza al giovane che ha evitato che ci potesse essere una tragedia con 51 giovani vittime» ha detto questa mattina ospite a Circo Massimo su Radio Capital. «Rispetto il ruolo e le competenze di ogni ministero, il ministro dell’Interno fa le sue valutazioni – ha aggiunto – ma questa spinta di emozione positiva la dobbiamo avere. Come si è compatti nel piangere e affrontare una tragedia, c’è un momento in cui si deve essere compatti nel gioire per una tragedia evitata e dare un riconoscimento a un ragazzino». Certo sorprende un po’ l’attivismo dei 5 Stelle sulla cittadinanza a Ramy, in fondo durante la scorsa legislatura hanno osteggiato la legge grazie alla quale oggi Ramy avrebbe la cittadinanza. Ma il motivo per cui Di Maio continua a spingere sull’argomento è che ormai il ragazzino è diventato – come tutti gli eroi – una sorta di feticcio da utilizzare in questo caso per rispondere alla propaganda mediatica di Salvini che ha saputo piegare a suo vantaggio anche questa discussione. Il MoVimento 5 Stelle non può permettersi di appiattirsi sulle posizioni della Lega e deve trovare una terza via no allo Ius Soli ma sì alla cittadinanza. E così passa l’idea che la cittadinanza per quei ragazzi nati e cresciuti in Italia sia da considerarsi un premio e non un diritto.

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