Fact checking
Che governo fa oggi?
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2018-05-31
Alta pressione su Savona, la perturbazione si sposta da Di Maio a Salvini. Ma la nebbia ancora non si dirada. Le nubi di ieri sul nostro domani odierno sono fitte, ma il governo dei cambiamenti non ci fa annoiare per nulla anche se ancora non è stato varato
Ha ragione Mario Calabresi quando dice che questa crisi sembra Il Giorno della Marmotta, in cui gli eventi si ripetono sempre uguali. Ma il gioco del cerino acceso tra Di Maio e Salvini sembra ormai esaurito. Il Carroccio si è fatto due conti e da una parte la spinta a tornare al governo dopo sette anni di bocche asciutte, dall’altra il rischio di trovarsi in campagna elettorale con l’accusa di aver fatto saltare tutto per l’impuntatura su un nome sta facendo lentamente i suoi effetti.
Il Governo dei Cambiamenti è in arrivo
E così il Governo dei Cambiamenti, come è stato ribattezzato ieri sui social network, è in arrivo. Paolo Savona non andrà più all’Economia, si valuta lo spostamento in un altro ministero (quello degli Affari Europei o gli Esteri) oppure lo spacchettamento delle deleghe e l’affiancamento di un tutor per il professore: il nome che si fa sui giornali è quello di Pierluigi Ciocca, che viene da Bankitalia e servirebbe a rassicurare sugli obiettivi e sulle intenzioni del nuovo esecutivo. Il nome di Ciocca dovrebbe però risultare indigesto a Salvini perché farebbe smarrire la bussola degli obiettivi del governo e magari dal cilindro all’ultimo minuto uscirà un altro nome di compromesso nella direzione indicata da Mattarella.
Intanto Paolo Savona non molla di un centimetro. Mentre le voci lo danno in partenza per la Sardegna, sul Messaggero si racconta che lui è disposto a un passo indietro, quello che il poliziotto cattivo Laura Castelli gli ha chiesto fragorosamente ieri pomeriggio mentre il poliziotto buono Di Maio proponeva un semplice spostamento, soltanto se a chiederglielo sarà Salvini, perché è lui che gli ha chiesto il passo avanti all’epoca. Una versione che smentisce quella data dallo stesso Di Maio ieri pomeriggio, visto che il leader M5S diceva che Savona era stato scelto insieme da grillini e Carroccio (ma questa non è una novità).
Che governo fa oggi?
Se Salvini sembra orientato ad accettare l’ipotesi di passo indietro o detronizzazione di Savona, non c’è però chiarezza su chi reggerà il Governo dei Cambiamenti. Il professor Giuseppe Conte è ancora disponibile, ma è possibile che il suo ruolo venga sacrificato in nome di un accordo più ampio nel risiko che potrebbe portare Giorgetti o addirittura Salvini a Palazzo Chigi. Chiedere alla Lega di rinunciare a Savona all’Economia, quando la richiesta dell’impeachment era partita proprio dal presunto veto posto su questo nome, appare quanto mai bizzarro, ma fa parte dell’ultimo quasi disperato tentativo di Di Maio di portare il movimento a Palazzo Chigi.
Di Maio rischia altrimenti di portare il paese alle elezioni mentre Salvini grazie ai voti che drenerà al M5S e a Forza Italia è in pole position per prendere la maggioranza con il centrodestra alle prossime eventuali elezioni. Il risultato sarebbe che Di Maio si troverebbe totalmente a bocca asciutta o con l’unica possibilità di fare il junior partner per il governo del centrodestra. L’unica era trattare e alla fine Giggetto si è convinto e ha capito, si è messo l’impeachment dove non batte più il sole e ha ricominciato come se nulla fosse, con la faccia tosta di chi ha capito che è alla canna del gas.
Nubi di ieri sul nostro domani odierno (cit.)
Sullo sfondo c’è il “congelato Cottarelli” che pur sospeso dal Colle continua a lavorare al piano iniziale, cioè il governo d’emergenza definito da Mattarella. Opzione anche questa tutta in salita visto che si profila uno scontro Lega-M5s su come approcciarlo. Di Maio ha messo le mani avanti facendo sapere che Cottarelli non avrà mai i voti dei pentastellati. Il che mette in difficoltà Salvini che sarebbe propenso a dargli una sfiducia tecnica perché contrario alle urne estive. Ma non vuole lasciare Di Maio solo all’opposizione con il rischio di sentirsi dire che la Lega appoggia l’establishment che Cottarelli incarna nell’immaginario collettivo del Carroccio.
E se salta tutto? Resta una ultima lontana possibilità: se Cottarelli dovesse gettare la spugna e rinunciare all’incarico, il presidente potrebbe chiamare una figura istituzionale per un governo elettorale. Se chiamasse uno dei due presidenti della Camere, che sono espressione forte di M5s (Roberto Fico) e di Forza Italia (Elisabetta Casellati) si potrebbe aprire un altro tempo di questa infinita partita politica.