Giuseppe Conte e Andrea Roventini: i due premier in pole per il governo Lega-M5S

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-05-20

I due professori sono i nomi più caldi per l’esecutivo gialloverde in preparazione. Ma l’identikit di Salvini prevede anche altre opzioni. E Di Maio alla fine potrebbe sparigliare per finire a Palazzo Chigi

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Un “amico del popolo” che “ha contribuito alla stesura del programma di governo” e con “un’esperienza professionale incontestabile”: l’identikit del presidente del Consiglio del governo Lega-M5S è stato spiegato ieri da Matteo Salvini e Luigi Di Maio ma il nome non c’è ancora e i due contano di farlo lunedì al presidente Mattarella al Quirinale.

Governo Lega-M5S, cinque nomi per Palazzo Chigi

Il nome di colui che vogliamo indicare come premier, ha spiegato Salvini, lo diremo prima al presidente della Repubblica, ma sarà “una figura che andrà bene a entrambi, con un’esperienza professionale incontestabile e che abbia contribuito alla stesura del programma”. Dal canto suo, Di Maio ha ribadito che il “leader” è il “programma” di governo e garantito che nella squadra “ci saranno tante persone del Movimento”. La Lega punta a una figura terza e a Salvini potrebbe anche andare bene Giuseppe Conte. Attorno al nome del professore di Diritto privato – inserito nella lista dei ministri presentata dai 5S in campagna elettorale al dicastero della pubblica amministrazione – era stato raggiunto un accordo di massima con la Lega già negli incontri che si sono tenuti domenica scorsa a Milano, tanto che Di Maio avrebbe poi fatto il nome di Conte al capo dello Stato durante le consultazioni il giorno seguente. Nell’occasione spuntò invece prima dell’incontro il nome di Giulio Sapelli, che evidentemente era invece il candidato preferito della Lega e che alla fine è durato “in carica” per 24 ore.

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All’epoca si disse e si scrisse che il Carroccio non vedeva di buon occhio il nome di Conte a causa di alcune sue frequentazioni professionali fiorentine (si faceva il nome di Maria Elena Boschi) ma se arrivasse davvero l’ok significherebbe che l’ostacolo è stato superato. Un altro nome quotato è quello di Andrea Roventini, che oggi è dato in corsa proprio contro Conte dal Corriere della Sera. Professore associato di economia alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, Roventini è un keynesiano eretico, critico con il liberismo e la deregolamentazione sfrenata dei mercati finanziari.  Secondo la sua visione, il governo dovrebbe dare via libera a crescita e investimenti «come leva per abbattere il debito». Un nome eccellente per un governo monocolore M5S, ma sembra proprio strano che il professore dia l’ok a mettere la sua faccia in un governo appoggiato da Salvini, proprio mentre Pasquale Tridico saluta sbattendo la porta.

Conte o Roventini premier?

Nel caso di Roventini parliamo di un ricercatore con un curriculum di primissimo piano e all’epoca della presentazione del governo M5S con il Sole 24 Ore sulle sue idee era stato molto chiaro: «Il rapporto debito/Pil deve certamente calare, principalmente attraverso la crescita e non surplus crescenti di bilancio. Oggi i moltiplicatori fiscali sono maggiori di uno: va colta questa opportunità attraverso investimenti a sostegno dell’innovazione. Inoltre tassi d’inflazione superiori a quelli attuali e vicini al 2%, l’obiettivo della Bce, contribuiranno a ridurre il rapporto. Il parametro del 3% deficit/Pil è un feticcio. Va rispettato, ma in maniera flessibile. Dialogheremo con gli altri Paesi per cambiare il Fiscal compact».

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Un tweet di qualche giorno fa di Andrea Roventini: e la flat tax per le imprese allora?

 

Su quanto ha detto Roventini dal punto di vista teorico c’è dibattito: il moltiplicatore non è un dato fisso e cambia da paese a paese, e quando l’economia esce da una recessione e torna a crescere scende di molto dal livello di uno di cui parla Roventini (e c’è da segnalare che ieri Di Maio sosteneva – senza arrossire – che il moltiplicatore fosse 10). Ma la strada che indica Roventini ha il dono della chiarezza e della coerenza interna. «Nel nostro DEF non ci sarà spazio per idee bizzarre o utopistiche», ha d’altro canto sempre precisato lui forse perché ha capito con chi si sta accompagnando. Scriveva all’epoca il Corriere della Sera che l’idea di Roventini è di “incentivare gli investimenti pubblici, «ma non a pioggia, non vogliamo cattedrali nel deserto». Al Sole 24 Ore, del resto, l’allievo di Giovanni Dosi al prestigioso istituto pisano aveva già spiegato che il vincolo europeo del deficit al 3 per cento del Pil era «un feticcio», che va rispettato «ma con flessibilità». Roventini riecheggia idee di Stiglitz e Krugman. E mette un accento forte sull’equità. Anche perché, come ha scritto in un paper, «economie con più diseguaglianze sono vulnerabili a fluttuazioni cicliche più gravi»”.

Giuseppe Conte, Andrea Roventini e gli altri

C’è un problema, però. L’identikit di Salvini prevede che il nome abbia “contribuito alla stesura del programma” di governo Lega-M5S, ma non risulta che Roventini e Conte abbiano partecipato ai lunghissimi incontri tra le due delegazioni nei dieci giorni scorsi. Certo, un contributo si può dare in tanti modi e non necessariamente di persona, ma proprio questo porta a pensare che altri nomi possano oggi essere sul piatto. E allora, se dobbiamo credere alle parole di Salvini, ecco i nomi di Vincenzo Spadafora, ex UNICEF e stretto collaboratore di Di Maio, Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, attualmente parlamentari M5S e vicinissimi al capo politico dei grillini. Tutti e tre però sono esponenti di punta del partito di maggioranza e in molte occasioni il Capitano del Carroccio ha detto che il nome sarà “terzo” rispetto ai due partiti della coalizione gialloverde.

presidente del consiglio governo lega-m5s

«Insisteremo fino all’ultimo per una soluzione interna»,dicono i pentastellati al Corriere, facendo però anche capire di non essere disposti a «rischiare di incrinare il progetto». Fuori dai giochi, invece, sembrerebbe l’altro economista del M5S Lorenzo Fioramonti visto che fonti leghiste, in serata, spiegano come il futuro premier non sarà scelto tra i parlamentari. E questo esclude anche gli altri tre. A tenere in piedi l’idea del “prof” c’è anche un altro dato: il Colle, lunedì, darebbe un placet ad una scelta simile. Un placet non entusiasta, ma comunque un via libera. Tradotto, pur preferendo un nome “pesante” per la guida del Paese, il presidente Mattarella sembra orientato ad accettare anche la soluzione Conte o Roventini. Tra i due il favorito è Conte sia perché il suo nome è stato già fatto nell’ultimo incontro del M5S con il capo dello Stato, sia perché il profilo del keynesiano Roventini è piuttosto orientato a sinistra.

L’ultimo tentativo di Di Maio

Ma c’è ancora un nome sul tavolo virtuale: quello di Luigi Di Maio. Ed è una carta di riserva, nel senso che se il Quirinale dovesse porre ostacoli su Conte o Roventini potrebbe tornare in gioco la candidatura del capo politico del MoVimento 5 Stelle. Il ragionamento che fanno alcuni, soprattutto tra i leghisti, è questo: Mattarella potrebbe sostenere che un governo politico e non tecnico come quello messo insieme da Lega e M5S abbia come corollario una guida politica e non tecnica: in questo caso sia Conte che Roventini sarebbero fuori gioco e tra Salvini e Di Maio chi è oggi legittimato democraticamente è Di Maio, il cui partito ha preso il doppio dei voti della Lega, che non a caso secondo Berlusconi non parla più a nome del centrodestra.

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Vignetta di Emiliano Carli su Facebook

Ecco quindi che il nome di Di Maio, sul quale c’erano espliciti veti anche da parte di Fratelli d’Italia, dovrebbe essere alla fine ingoiato dalla Lega mettendo anche in pericolo la posizione della Lega, i cui militanti non vedono certo di buon occhio che il leader M5S sopravanzi quello del Carroccio. Per questo per adesso nessuno si azzarda a fare pubblicamente il nome che verrà comunicato a Mattarella: perché potrebbe trattarsi di un’anatra zoppa. Ricevuto e vagliato il nome scelto da Lega-M5S, il presidente potrebbe prendersi una pausa di riflessione che è lecito immaginare non più lunga di 24 ore. Martedì quindi Mattarella potrebbe affidare l’incarico al designato che normalmente accetta “con riserva”, cioè si riserva di riferire al presidente se è riuscito a formare l’esecutivo. In capo a un paio di settimane il governo Lega-M5S potrebbe essere in sella, incassando la fiducia in entrambe le camere. Poi comincerà lo spettacolo.

In copertina: immagine dal Corriere della Sera

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