«Senza flat tax il M5S va a casa»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-03-19

Il pronostico del Tempo: la Lega pronta a far cadere il governo se non incassa la tassa piatta sui redditi al di sotto dei 50mila euro. Il nodo elezioni e i rischi per Di Maio

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Per ora è soltanto un pronostico: a farlo è Franco Bechis sul Tempo, il quale dice che se non passa la flat tax il MoVimento 5 Stelle va a casa. Il M5S e non la Lega perché i sondaggi dicono che il Carroccio ritornerebbe in qualche modo al governo qualunque sia l’esito delle prossime elezioni politiche, visto che ad oggi può contare sul voto di un terzo degli italiani.

«Senza flat tax il MoVimento 5 Stelle va a casa»

Per questo la lite nel governo che si è aperta sulla flat tax – e che si sta replicando sul condono edilizio – potrebbe portare a un naufragio dopo le elezioni europee, quando i numeri della Lega saranno messi nero su bianco dopo una votazione su scala nazionale e potrebbe aprirsi nel MoVimento 5 Stelle il processo a Luigi Di Maio, incapace di arginare l’alleato. Che però, così si fa dipingere nell’editoriale di Bechis, ha invece ceduto spesso alle richieste grilline avendo poco in cambio: l’avvertimento di Bechis somiglia alla classica testa di cavallo nel letto:

Ieri abbiamo ascoltato invece esponenti grillini di governo come Barbara Lezzi e Laura Castelli alzare un muro contro la flat tax, e ci aspetteremmo che entrambe vengano riprese e zittite dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e dal suo vice, Luigi Di Maio. Perché i patti si rispettano, e se si dovessero tradire come suggeriscono le due signore, Salvini avrebbe non solo il diritto, ma l’obbligo di fare cadere un’alleanza di governo che evidentemente non ci sarebbe più. Perché quel contratto è stato applicato finora in maniera molto sbilanciata.

M5s si è portato a casa senza che l’alleato mai dicesse «bah» il decreto dignità (che lui non condivideva troppo), il ddl spazzacorrotti (che non gli piaceva), il reddito e la pensione di cittadinanza (che aveva avversato fino a14 marzo 2018), il taglio dei vitalizi (che non aveva proposto) e la stangata dell’ecotassa sulle auto (che non faceva parte del suo dna). In cambio Salvini ha portato a casa fra mille mugugni e distinguo del M5s il decreto sicurezza, la pax fiscale (che il M5s prima ha impugnato e poi fra urla e minacce fatto cambiare) e sempre in mezzo al fuoco di fila degli alleati (che a decine hanno tradito i patti) e solo con il sostegno del centrodestra sta po rtando a casa la legge sulla legittima difesa (in dirittura di arrivo, ma non ancora al traguardo). La bilancia è tutt’altro che in equilibrio, e pende per altro dalla parte opposta rispetto al sentimento generale degli elettori.

La flat tax quindi rischia di essere l’ago della bilancia dei destini di un esecutivo sempre più traballante sotto le spinte centrifughe della maggioranza che appare sempre meno coesa e sempre più a rischio rottura.

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La flat tax delle mie brame

C’è però un altro problema da segnalare. Ovvero che la flat tax duale, ibrido inventato dalla Lega di Salvini incrociato, nell’ultima proposta, al quoziente familiare, ha cambiato significativamente pelle rispetto al passato. Alla flat tax non potrebbero accedere tutti ma, nella versione che sta mettendo a punto Siri, le famiglie con un reddito complessivo annuo non superiore a 50mila euro. La progressività sarebbe garantita da un sistema di deduzioni decrescenti al salire dell’imponibile e da sgravi sui figli a carico. La riforma proposta ora dalla Lega è sensibilmente diversa da quella prospettata nel «contratto di governo» con i 5 Stelle.

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Gli scaglioni e le aliquote IRPEF (Corriere della Sera, 19 marzo 2019)

I contribuenti medi, sotto i 50 mila euro di reddito, pari a circa l’80 per cento delle famiglie italiane, secondo i calcoli di Massimo Baldini dell’Università di Modena e de lavoce.info, guadagnerebbe tra lo 0,7 e il 5 per cento del proprio reddito. L’aliquota flat premierebbe i più abbienti, più vicini alla soglia dei 50 mila. A quale prezzo? Il costo generale dell’operazione sarebbe tra i 15 e i 17 miliardi. Ma, spiega Repubblica, c’è un altro problema:

I più ricchi stavolta non avrebbero benefici perché rimarrebbero nella vecchia Irpef, tuttavia si presenta un altro forte rischio. Il primo è che il reddito familiare presenta una trappola: scoraggia il lavoro del partner perché si corre il rischio, con l’aumento del reddito familiare, di sforare i 50 mila euro e perdere la flat tax. Si aprirebbe così la strada al lavoro nero o all’inattività.

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