Flat tax e quoziente familiare?

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-08-13

Salvini ha promesso il quoziente familiare ai cattolici nell’ambito della riforma fiscale. Ma a quanto pare questo rende ancora più difficile il varo

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Entro il 15 ottobre il governo dovrà presentare in Parlamento il progetto di legge di bilancio, che dovrebbe contenere anche la famosa riforma del fisco nella direzione della flat tax, o per meglio dire – per ora  – della dual tax, visto che sembra che la Lega sia orientata a portare a due le aliquote. Per quanto riguarda la flat tax l’ipotesi è quella di una graduale riduzione delle aliquote che, da qui a cinque anni, porti al tetto del 15 o anche del 20% la tassazione. Ma c’è un problema, spiega oggi Mario Sensini sul Corriere della Sera: l’introduzione del quoziente familiare sollecitato da Salvini porta i suoi problemi tecnici.

La flat tax originaria prevedeva una deduzione di 3 mila euro per ogni familiare o figlio a carico del contribuente, che andavano ad esaurirsi con l’aumentare del reddito fino ad annullarsi del tutto. Un sistema che se favorisce la famiglie numerose, scoraggia la presenza di più redditi nello stesso nucleo. Il contrario dell’obiettivo cui punta il quoziente familiare classico. L’ampliamento della quota di redditi esenti dalle imposte non presenta alcuna difficoltà tecnica o applicativa, ma avrebbe in compenso un costo molto elevato. Della «no tax area», infatti, beneficiano tutti i contribuenti. Pure chi ha redditi altissimi su quei primi 7.500 euro non paga imposte.

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Le entrate erariali (Corriere della Sera, 13 agosto 2018)

Anche per questo, tra le ipotesi prese in considerazione dai tecnici, ci sarebbe la «no tax area» a geometria variabile. Più alta per i redditi bassi, e sempre meno, fino a scomparire, per quelli più alti. Sarebbe accentuata anche la progressività della flat tax, che è uno dei punti deboli, e più criticati, della riforma. Il primo modulo della fiat tax sui redditi Irpef dovrebbe vedere la luce già nel 2o19, anche se l’effetto (e il costo) sarebbe in gran parte spostato sull’anno successivo, quello della dichiarazione dei redditi. Potrebbe valere tra i 3 e i 4 miliardi di euro, ed essere coperto almeno nel primo anno dal gettito della pace fiscale (poi contribuirebbe anche la maggior crescita dell’economia indotta dalla riforma).

Leggi sull’argomento: Il Grande Complotto dell’attacco dei mercati al governo Lega-M5S

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