Di Maio, Salvini, Meloni: prove tecniche di alleanza

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-03-01

Si moltiplicano i segnali di avvicinamento di Fratelli d’Italia all’alleanza tra Carroccio e grillini: con un ministero l’affare potrebbe essere concluso. Ma c’è l’incognita Berlusconi

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Quando il governo Lega-M5S era soltanto un’ipotesi da pallottoliere avevamo segnalato che sarebbe stato coerente includere nell’accordo anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni in quello che sarcasticamente avevamo ribattezzato come “Il patto di Neanderthal”. Dell’entrata di FdI in coalizione si era parlato anche in altri tempi quando i primi scricchiolii nella maggioranza interna avevano cominciato a farsi sentire. Adesso però, dopo le sconfitte elettorali del M5S e la forza implicita accresciuta della Lega di Salvini nella maggioranza, ci sono segnali sempre più forti del ritorno in auge del progettone.

Di Maio, Salvini, Meloni: prove tecniche di alleanza

Il casus belli è attualmente la TAV. Il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ha ventilato la possibilità di una decisione la prossima settimana, mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiesto una nuova analisi costi-benefici che potrebbe cambiare le carte in tavola visto che verranno calcolati i costi soltanto per l’Italia e sul piatto della bilancia ci saranno anche i costi per il ripristino del paesaggio e quello delle cosiddette penali (che penali non sono, ma l’effetto è identico).

La soluzione potrebbe quindi essere identica a quella del TAP, con il premier che si assume la responsabilità della sintesi tra due posizioni inconciliabili (quella del M5S e quella della Lega) sottolineando che visti i costi è più conveniente fare l’opera che non farla. Ma questo boccone, è il ragionamento di molti, non sarebbe indolore per i grillini, alcuni dei quali – a partire da Beppe Grillo – sulla TAV ci hanno messo la faccia e hanno paura di perderla.

Ad esempio proprio ieri il senatore piemontese Alberto Airola ha detto che se arriva il sì alla TAV lui se ne va e si porta via anche il simbolo del MoVimento 5 Stelle: impossibile, concretamente, ma la minaccia dà l’idea del dramma della situazione. In più ci sono quelli da espellere: il post sul blog di Paola Taverna in cui, senza nominare le senatrici Nugnes e Fattori e gli altri dissidenti, li definiva “piccola pletora di miserabili“, è ancora lì a ricordare che la maggioranza si regge su pochi voti al Senato, e molti di questi pochi sono ormai a rischio.

Il MoVimento a rischio implosione

Proprio per questo Federico Capurso sulla Stampa oggi spiega che Fratelli d’Italia potrebbe diventare la stampella della maggioranza in cambio di un ministero. A donarlo, ovviamente, dovrebbero essere i 5 Stelle (e sotto tiro a quel punto potrebbe proprio esserci il dicastero di Toninelli, considerato da sempre a rischio rimpasto insieme a Giulia Grillo):

Le conseguenze di un’implosione del Movimento si farebbero sentire con immediatezza sui sensibili equilibri del Senato. L’addio di Airola potrebbe essere seguito da chi, come Paola Nugnes, Elena Fattori e altri senatori, è già da tempo è in rotta con la nuova linea del capo politico. A quel punto, l’attuale maggioranza – che si regge solo su 4 voti – potrebbe venire a mancare. Gli uomini di Fratelli d’Italia a Montecitorio si dicono disposti a fare da stampella, ma in cambio di un ministero.

E chi dovrebbe privarsene sarebbe il Movimento, indebolito anche da un inevitabile spostamento a destra del governo. Senza contare, poi, che un altro segnale di cedimento alla Lega, per il leader M5S, vorrebbe dire non solo perdere qualche pezzo tra le truppe parlamentari, ma anche perdere forza nella sua leadership, già messa in discussione dalla frangia dissidente in queste ultime settimane.

Anche altri segnali arrivano in questo senso. Ad esempio quelli che vorrebbero Luigi Di Maio ancora in difficoltà nella riorganizzazione che ha annunciato dopo la batosta ricevuta dal M5S in Sardegna, perché ci sono molti dissidenti. E il Messaggero racconta anche un aneddoto curioso che riguarda proprio Fratelli d’Italia e il voto su una mozione proposta da loro:

«O veniamo coinvolti tutti e si procede dal basso,o sarà battaglia. No a riforme calate dall’alto», è stato il cablogramma consegnato a Roma dai resistenti del Movimento che contrastano apertamente la “linea salvinista” del direttivo stellato. E del resto anche in Parlamento tira aria di buriana per Di Maio, complice il respingimento del Global Compact approvato dalla Camera per soli dieci voti nell’ira degli ortodossi.

Fonti interne del M5s raccontano infatti che l’ordine di scuderia era quello di affossare la mozione di FdI. Ma proprio al momento del voto, complice una telefonata in real-time con la Lega, il tesoriere grillino Sergio Battelli avrebbe cambiato le carte in tavola al fotofinish, chiedendo ai colleghi di adeguarsi. Un blitz sgradito. Che amplifica lo scontento stellato. Alla Camera, quando sarà approvata la legittima difesa, potrebbero essere in 15 i deputati del M5s pronti a lasciare l’Aula.

Le manovre di avvicinamento di Salvini e Di Maio a Fdi

Per soprannumero Dagospia ha segnalato ieri un’altra curiosa circostanza che stavolta riguarda il premier Giuseppe Conte, il quale ha scelto di affidare la delega della Sicurezza del presidente del Consiglio al fratello di un deputato di Fratelli D’Italia, carabiniere di lungo corso.

Si tratta di Francesco Cirielli, generale dell’Arma, già nel Sismi per volere dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante i vecchi governi di centrodestra, fratello di un onorevole noto per aver messo nel 2005, Silvio regnante, il suo nome sulla legge riguardante la prescrizione. È lui a gestire direttamente tutti gli spostamenti e la sicurezza del presidente del Consiglio.

A detta dei soliti ben informati si tratterebbe di una mossa per iniziare a fare entrare il partito di Giorgia Meloni nelle stanze dell’esecutivo, una sorta di primo ambientamento. Una mossa preparatoria, insomma, per ritornare a quei governi di centrodestra nel vecchio stile che tanto piace a un Cavaliere tornato alla ribalta negli ultimi mesi.

Una mossa del genere avrebbe comunque ripercussioni forti sia sull’esecutivo che su quel che resta del centrodestra che è arrivato primo senza vincere le elezioni. In particolare Silvio Berlusconi potrebbe prendere atto di essere stato definitivamente messo alla porta dai due “giovani” che non somigliano neanche un po’ a Bossi e a Fini e non hanno intenzione né di farlo comandare (ma questo si era capito da tempo) né di farlo partecipare al banchetto del governo. E una volta che ne ha preso atto il Cav., potete scommetterci che ci saranno conseguenze.

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