Dove è finita la dignità promessa ai rider da Luigi Di Maio?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-11

Un anno fa il vicepremier e bisministro annunciava la fine del precariato restituendo dignità ai lavoratori con il suo famoso decreto. Due giorni fa un altro rider è morto sul lavoro, un lavoro senza tutele e diritti, perché le grandi promesse di Di Maio non hanno portato a nessun risultato concreto

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Quello del Rider, il fattorino che consegna il cibo a domicilio, dovrebbe essere uno di quei lavoretti che gli studenti fanno per pagarsi gli studi mentre sono all’Università. Il classico lavoro atipico di passaggio verso i lavori dell’età adulta. Con l’avvento delle grandi società che si occupano di food delivery però quello che era appunto un “lavoretto” è diventato per molti la principale se non l’unica fonte di sostentamento.

Mario Ferrara, il rider morto a Bologna mentre consegnava pizze a domicilio

Basta muoversi per le città (grandi o medie che siano) per accorgersi che i riders non sono solo giovani universitari: ci sono molti stranieri e soprattutto persone a cui il reddito “normale” non basta più. C’è il trentenne docente precario al quale le supplenze non bastano, c’era anche Mario Ferrara, 51 anni, che il fattorino lo faceva come secondo lavoro per arrotondare. Mario Ferrara è morto domenica sera a Bologna mentre consegnava pizze a bordo del suo scooter. È stato travolto da una volante della Polizia che stava accorrendo sul luogo di una presunta rapina. La dinamica dell’incidente non è chiara e non è chiaro se sia stato lui a non rispettare una precedenza, complice il fatto che la visuale era ostruita da una fila di cassonetti. Mario non faceva il rider come primo lavoro, lo faceva per arrotondare dopo aver staccato dal suo altro lavoro: faceva l’autista per il centro di smistamento delle Poste.

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Non è il primo incidente che vede coinvolto un rider; proprio a Bologna qualche giorno fa un altro fattorino di Glovo aveva fatto un incidente in scooter per fortuna senza gravi conseguenze. Secondo Deliverance Project Mario è la terza persona in Italia a perdere la vita per consegnare pizze a domicilio.  Ma per i lavoratori della Gig Economy il problema è sempre lo stesso: la mancanza di tutele e di coperture. A partire dal fatto che i rider non sono coperti dall’INAIL come tutti i lavoratori subordinati per finire con il fatto che le assenze per infortunio fanno perdere “punti” nel ranking delle App che smistano le ordinazioni. Dopo la morte di Mario Ferrara i rider di Bologna hanno incrociato le braccia per ribadire che la sua «è stata una morte sul lavoro. Non è una fatalità. L’assenza di diritti e tutele, la mancanza di un’assicurazione, la paga a cottimo, l’invisibilità cui ci vorrebbero costringere gridano vendetta».

Cosa ha intenzione di fare Luigi Di Maio per i precari della Gig Economy?

La situazione è la stessa di un anno fa. Eppure esattamente un anno fa Luigi Di Maio presentava il suo primo provvedimento da ministro: il Decreto Dignità. Un decreto che secondo la propaganda del M5S avrebbe dovuto rispondere a tutte le domande di tutela dei lavoratori del settore dichiarando guerra al precariato. Quel decreto lungi dall’essere il primo banco di prova del governo del Cambiamento è finito per diventare la rappresentazione plastica della distanza tra le promesse di Di Maio e la realtà. Il primo dei tanti casi in cui il bisministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico ha fregato i lavoratori che contavano su di lui per vedersi riconosciuti i diritti più basilari.

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Ad un anno di distanza Luigi Di Maio non ha saputo (o non ha voluto) rispondere ad una semplice ma fondamentale domanda: i rider sono lavoratori autonomi o lavoratori subordinati? Dalla risposta a questa domanda dipende il futuro dei fattorini. Perché i rider dicono di essere lavoratori dipendenti – e di fatto lo sono – senza le tutele e i diritti di chi lo è per la legge. Per le aziende (le varie Foodora, Glovo, Just Eat e Deliveroo) invece si tratta di lavoratori autonomi, che però non hanno la stessa “autonomia” (e anche un pari trattamento economico) di chi è autonomo davvero. Dopo un anno non sappiamo invece cosa ne pensi Di Maio, che sulla questione evita accuratamente di esprimersi.

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Si fanno sentire invece i colleghi di Ferrara che ribadiscono per l’ennesima volta che «è arrivato il momento che le aziende e le istituzioni si facciano carico delle responsabilità che hanno portato all’ennesimo tragico epilogo». Un concetto espresso anche dall’assessore al Lavoro della Regione Emilia-Romagna, Patrizio Bianchi: «Il diritto alla salute e alla sicurezza non può riguardare solo il lavoro subordinato, ma deve essere un diritto irrinunciabile per tutte le persone, qualsiasi tipo di lavoro svolgano». Peccato che invece il governo (quello del ministro che non vuole farsi prendere per il culo da Whirlpool) alle promesse non abbia fatto seguire i fatti. Risultato: migliaia di lavoratori rimangono senza diritti e dignità. Il problema è che il ministro che a parole si era speso per i diritti dei precari non riesce nemmeno a garantire i diritti dei lavoratori dipendenti le cui aziende hanno aperto vertenze presso il suo Ministero.

Leggi sull’argomento: Se a Di Maio le crisi aziendali le deve ricordare Virginia Saba

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