Tutto quello che non torna nella “massima trasparenza” di Luigi Di Maio

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-11-29

In pieno stile M5S il ministro del Lavoro “tira fuori le carte” per dimostrare la sua onestà. Ma i documenti pubblicati sollevano molti dubbi, soprattutto se li si confronta con le affermazioni e le dichiarazioni di Di Maio

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Luigi Di Maio ieri ha attivato il protocollo massima trasparenza sui suoi contratti di lavoro con la ditta del padre Antonio. I dati relativi alla sua assunzione nel 2008 sono stati pubblicati sul Blog delle Stelle dove il vicepremier ha anche caricato le varie dichiarazioni patrimoniali già disponibili sul sito della Camera dal 2013. Se l’idea era quella di fare chiarezza sulle vicende della sua famiglia, le assunzioni in nero nella ditta dei genitori e i presunti abusi (tutti da verificare) relativi ad un terreno di proprietà della famiglia a Mariglianella, i dubbi sono aumentati.

Cosa c’è di “strano” nel contratto di Luigi Di Maio?

Partiamo dal contratto di lavoro del vicepremier. Di Maio è stato assunto con contratto a tempo determinato nella ditta dove il padre era direttore dei lavori nel 2008 da fine febbraio a maggio per lavorare come manovale in un cantiere a Napoli. In quello stesso periodo però Di Maio ha detto nei giorni scorsi che lui e il padre non erano in buoni rapporti e non si parlavano. Cose che capitano in tutte le famiglie, nondimeno risulta strano che nonostante i rapporti fossero tesi Di Maio – che l’anno prima aveva preso il tesserino da pubblicista – abbia accettato di lavorare per il padre.

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Curiosamente proprio a quello stesso periodo risale l’assunzione in nero di Domenico Sposito che  ha fatto causa all’azienda di Antonio Di Maio per i fatti che risalgono al periodo compreso tra 2008 e 2011: all’epoca gli venivano corrisposti 37 euro al giorno invece dei 75 pagati nel tempo pieno. Di Maio era a conoscenza del contratto di lavoro stipulato da un suo collega? Hanno lavorato nello stesso cantiere? Questo il vicepremier non lo chiarisce.

Che fine ha fatto il lavoro estivo di Di Maio?

Così come le buste paga pubblicate sollevano un ulteriore dubbio. Alle Iene Di Maio ha detto di aver lavorato d’estate nei cantieri del padre, ma l’ultimo cedolino risale a maggio del 2008. Può essere che Di Maio abbia dato un’informazione non corretta alle Iene, oppure la trasparenza non è completa, visto che mancano le buste paga estive.

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Fonte: Repubblica del 29/11/2018

Repubblica però oggi l’estratto del documento dei versamenti alla Cassa Edile dal quale risulta che Di Maio non ha mai lavorato durante i mesi estivi come manovale per la Ardima di Paolina Esposito (la madre del vicepremier).

La signora Paolina Esposito e il suo ruolo nella società di famiglia

Quella dei Di Maio è un’attività trentennale, ricordava il vicepremier qualche anno fa, e dal contratto di lavoro si nota come ad amministrare la società fosse Paolina Esposito cui la Ardima Costruzioni era intestata.

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Il problema – fa notare la deputata PD Anna Ascani – è che la signora Esposito in quegli anni era docente di ruolo in una scuola statale.

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La normativa prevede però che gli insegnanti, che sono dipendenti pubblici, non possano svolgere il ruolo di amministratore in una società, come invece dalla lettura delle carte sembra facesse la madre di Luigi Di Maio.

La sede legale della ditta? Nel terreno con i ruderi a Mariglianella

Qualche giorno fa il Il Giornale ha rivelato che Antonio Di Maio possiede alcuni terreni a Mariglianella. Su quei terreni (che sono al 50% di proprietà di Antonio Di Maio e per il 50% della sorella) al catasto non risultano presenti degli immobili “fantasma” ovvero edifici che risultano dalle foto satellitari ma che non sono presenti sulle mappe catastali né risultano dall’atto di vendita (del 2000). Non è detto che si tratti di un abuso edilizio, oggi il padre del Capo Politico del M5S accompagnerà i vigili per un sopralluogo.

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I terreni a Mariglianella dove ha sede la ditta per cui ha lavorato Di Maio

Due giorni fa a DiMartedì Di Maio ha spiegato che «in questo terreno c’è un rudere colpito dal terremoto del 1980 dove vivevano mio padre, mia zia e i miei nonni prima che io nascessi poi se ne sono andati da lì. Lì c’è qualche baracca e c’è qualche edificio utilizzato come deposito degli attrezzi e ci sono degli edifici sgarrupati, sono lì credo da dopo la seconda guerra mondiale. Questo è un terreno che risale ai miei nonni, tutto quello che c’è lì si vedrà se è accatastato o no». Dalla lettura del contratto di lavoro risulta che proprio al civico (via Umberto I numero 69) dove si trovano quelli che Di Maio chiama depositi degli attrezzi ci fosse la sede legale dell’azienda di famiglia. Quella per la quale Di Maio ha lavorato nel 2008. Questa informazione però il ministro del Lavoro ha dimenticato di darla a DiMartedì lasciando intendere che su quei terreni in buona sostanza non c’è nulla e quello che c’è è inutilizzato.

Dalla Ardima di Paolina Esposito alla Ardima Srl

L’ultimo aspetto della “trasparenza” riguarda il ruolo di Di Maio in quanto proprietario del 50% della Ardima Srl (l’altro 50% è intestato alla sorella Rosalba mentre il fratello Giuseppe risulta invece essere amministratore unico). Ieri è stato sollevato il dubbio che durante la scorsa legislatura l’allora vicepresidente della Camera avesse in qualche modo “nascosto” la sua partecipazione nella Ardima Srl. Non è così, perché dalla documentazione patrimoniale pubblicata nel 2014 Di Maio ha notificato la sua partecipazione – senza funzioni di amministratore o sindaco – nella Ardima Srl.

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Tutto nella massima trasparenza quindi? Non proprio perché l’atto costitutivo della società edile risale al 30 marzo 2012. L’informazione del resto è stata confermata anche dallo stesso Di Maio nel 2015 quando spiegò la genesi della Ardima per rispondere ad un articolo del Giornale.

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Di Maio all’epoca spiegava che l’azienda era stata fondata nel 2012 da lui e dalla sorella e che la Ardima Srl era il frutto di una “fusione aziendale” della vecchia società di famiglia (quella per cui ha lavorato). Il ministro spiegava di non aver menzionato la società “perché non operante”. A DiMartedì invece ha detto – rispondendo ad una domanda di Maurizio Molinari – che ne era diventato socio nel 2013. Inoltre ha fatto sapere che oggi l’azienda non sarebbe operativa perché non ha nessun operaio e nessun cantiere. Eppure l’ha menzionata nell’ultima documentazione patrimoniale. L’ultimo aspetto riguarda sempre i rapporti con il padre. Se i due non si parlavano e Di Maio non sapeva nulla di quello che succedeva nella vecchia azienda per quale motivo Di Maio ha deciso di aprirne una nuova (pur non sapendone nulla) nella quale è stato fatto confluire il capitale della vecchia società di famiglia? Al momento della fondazione della Ardima Srl – sembra di capire – Di Maio disse che la società “aveva mezzi, macchinari e un fatturato costante nei tre anni precedenti”. Sembra insomma che il ministro sapesse in quale situazione era l’azienda. E del resto nessuno aprirebbe una società senza aver fatto i debiti accertamenti. Non si tratta qui di scaricare su Di Maio le responsabilità del padre ma di far notare: le incongruenze temporali e una certa “leggerezza” nell’apertura della nuova società. Perché Di Maio l’ha fatto se non sapeva nulla di quello che succedeva prima non essendosi mai interessato della ditta?

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