Domenico Sposito: l’operaio e il lavoro nero nella Ardima dei Di Maio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-11-28

Una causa in corso a Nola dimostra che quello di Pizzo non era un caso isolato. Il ministro e vicepremier sostiene di essere sempre stato all’oscuro di tutto. Ma ha preso l’azienda nel 2014, subito dopo è arrivato l’appello della causa

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Si chiama Domenico Sposito, è originario di Marigliano e ha lavorato per tre anni nella ARDIMA dei Di Maio per otto ore al giorno ma con un contratto part time che gliene riconosceva soltanto quattro. È lui, che si fa chiamare Mimmo e di recente si è trasferito al Nord, ad aver fatto causa all’azienda di Antonio Di Maio per i fatti che risalgono al periodo compreso tra 2008 e 2011: all’epoca gli venivano corrisposti 37 euro al giorno invece dei 75 pagati nel tempo pieno.

Domenico Sposito: l’operaio e il lavoro nero nella ditta dei Di Maio

Domenico Sposito si rivolge ai giudici di Nola nel 2013 e chiede la regolarizzazione; la società all’epoca fa capo a Paolina Esposito, mamma di Luigi Di Maio, ma il giudice ascolta proprio Antonio Di Maio e il Corriere della Sera riporta la sua testimonianza: «Sposito lavorava dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 18. Quando abbiamo lavorato al cantiere di via Manzoni non arrivava prima delle 9 e andava via dal deposito alle 16,30. Abbiamo lavorato lì dall’8 luglio al 7 agosto del 2009. Si occupava di ritirare e depositare il materiale. Preferiva ricevere un acconto a prodotto delle giornate effettivamente lavorate per 75 euro al giorno entro la prima decade, poi quando il consulente del lavoro ci portava la busta paga aveva il saldo. A lui veniva pagato tutto l’importo della busta paga più una somma in contanti pari alle giornate lavorate per 37 euro al giorno e ciò accadeva per esigenze personali e lavorative».

salvatore pizzo antonio di maio le iene

Tra i testimoni portati da Sposito c’è anche Salvatore Pizzo, ma l’istanza di Sposito viene respinta dal giudice del lavoro l’8 gennaio del 2016, quando da due anni è Luigi Di Maio il proprietario della società insieme alla sorella. Antonio Di Maio propone una mediazione per chiudere il contenzioso ma Sposito va in appello: la prossima udienza è fissata nel 2020. Ieri intanto sono spuntati alle Iene nuovi operai che asseriscono di non essere stati regolarizzati. Sono almeno altri due casi, oltre a quello del manovale Salvatore Pizzo, l’uomo che aveva già sostenuto di aver lavorato in nero per la Ardima tra il 2009 e il 2010, subendo anche un incidente a un dito.

La Ardima SRL e il lavoro nero di Di Maio

Tutte le vicende messe in piazza dalle Iene risalgono a un periodo dal 2008 al 2010. Fino a due anni prima che Luigi Di Maio si intestasse il 50% delle quote di Ardima srl (il restante 50% è della sorella Rosalba), la nuova società alla quale nel 2014 è stata conferita l’azienda materna, con relativi onori e oneri. Ma gli strascichi, e quindi le cause, arrivano al periodo di Di Maio ed è incredibile che un socio alla pari di una società non sapesse nulla di cause contro la stessa. Di Maio nell’intervista di ieri alle Iene si è mostrato all’oscuro degli altri casi: “Io di questi nomi non so nulla, così come non sapevo nulla di Salvatore Pizzo: ho fatto le mie verifiche e mi sono messo a disposizione ”. E quando gli chiedono se fosse sicuro che fosse solo Salvatore Pizzo a lavorare in nero, lui risponde: “Questo è quello che ho chiesto (al padre, ndr), lui mi ha detto del caso di Pizzo ed è finita lì”. E invece sarebbero di più, con grande stupore del ministro. Filippo Roma lo ha incalzato anche su un altro versante: tra i dipendenti in nero del padre potrebbe esserci anche Luigi? La curiosità nasce da vecchie rivelazioni dello stesso Di Maio, “spesso il ministro ha raccontato di aver lavorato d’estate in azienda”.

ardima srl antonio di maio lavoro nero 1

Nel servizio si racconta anche di Stefano, altro operaio che lavora in nero nella ARDIMA: durante i lavori a un cantiere arriva l’ispettorato del lavoro e lui, raccontano i colleghi di lavoro (nero), è costretto a scappare per i campi per non farsi beccare. Intanto, racconta Ilario Lombardo sulla Stampa, tra i collaboratori, i portavoce e lo staff di Di Maio il terrore monta attorno a questa incognita: «Potrebbero arrivare a Luigi». Il capo politico del M5S ha più volte detto di aver lavorato come muratore nella ditta del papà. Lo ha fatto in estate, per poco tempo, ma basta anche un’ora di lavoro e deve essere certificata.

Solo se porterà le carte richieste Di Maio potrà allontanare un’ombra che diventa ancora più pesante e pericolosa per un ministro del Lavoro che al Sud ha preso quasi il 50 per cento di voti e che deve difendersi anche politicamente dall’accusa di favorire il nero attraverso l’introduzione del sussidio alla disoccupazione chiamato reddito di cittadinanza.

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