Il successone di Di Maio che se la prende con cinesi e pakistani e regala voti alla Lega di Salvini

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-06-14

Il Capo Politico del M5S sembra sempre di più un pugile suonato che mena fendenti a casaccio senza riuscire a colpire il bersaglio. Non contento delle sconfitte elettorali continua a tirare la volata a Salvini, l’ultimo caso è la guerra contro i negozi etnici gestiti da cinesi e pakistani, proprio come ha annunciato il leader della Lega nove mesi fa. E per gli elettori pentastellati distinguere il M5S dalla Lega diventa sempre più difficile

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Sembra ieri che dopo la batosta delle Europee Luigi Di Maio annunciava il record mondiale di click su Rousseau che lo confermava Capo Politico del M5S. La stella del vicepremier e bisministro era tornata a splendere, per nulla offuscata dai continui insuccessi elettorali o logorata dal fatto di non essere in grado di gestire le crisi aziendali che spuntano quotidianamente sotto il naso di un ministro sempre più distratto. Il leader del MoVimento aveva imparato dagli errori (non i suoi, essendo infallibile per Statuto) e aveva promesso di cambiare strategia.

Perché Di Maio dovrebbe fare un passo indietro

L’analisi del voto delle europee (ma anche delle amministrative e delle regionali) ci dice che il M5S ha perso consensi a favore della Lega. Quello che un anno fa era il socio di minoranza del contratto del Cambiamento ha saputo imporre la sua linea su migranti, stranieri, legittima difesa e da ultimo sullo sblocca cantieri con la sospensione  per due anni di quattro
norme del codice degli appalti. I cinque stelle rispondono che se si guardano i fatti i provvedimenti targati M5S sono molti di più dal Decreto Dignità (che però non ha risolto nulla) al Reddito di Cittadinanza (la cui applicazione però si è arenata). Ma non basta: Salvini è più bravo di loro.

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Salvini dilaga: detta le condizioni per la trattativa con la Commissione Europea, propone la flat tax, i minibot, un’assurda idea di andare a caccia dei “miliardi nascosti” nelle cassette di sicurezza. Quando gli avanza tempo non perde l’occasione per lanciare frecciatine alla Raggi (che diventano subito titoloni) o per dedicarsi al lavoro di ministro della Difesa o degli Esteri (a proposito qualcuno l’ha sentito?). Il M5S deve scegliere: o il suo leader è Di Maio oppure è il Presidente del Consiglio Conte, continuare così lo porterà solo a schiantarsi contro il muro eretto dalla Lega.

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In tutto questo però gli elettori del M5S possono stare tranquilli: Di Maio ha capito di cosa hanno bisogno. Ed infatti puntualmente sono arrivati gli attacchi al PD e a Laura Boldrini per il voto su Radio Radicale, quando però il problema è il voto della Lega. Come ai vecchi tempi, questo sì che piace all’elettorato. L’arresto di Paolo Arata, consulente della Lega in ambito di Energia? Per Di Maio “la puzza di bruciato si sentiva da lontano”. Poi però uno come Armando Siri al governo ce l’hanno messo lo stesso (e che dire di Edoardo Rixi?). Alessandro Di Battista due giorni fa ha provato a raccontare che queste vicende giudiziarie dei leghisti dimostrano il M5S sta combattendo la corruzione e il malaffare. Mica come ai tempi del berlusconismo quando con quelli ci andavano al governo.

Perché Di Maio non si occupa di aumentare i controlli anche verso gli imprenditori italiani?

Ebbene, cosa ha prodotto questa incredibile riflessione di Di Maio sui risultati elettorali? Oltre ai post in cui dice che è colpa del PD un post sulla pagina del MoVimento 5 Stelle dove se la prende con i negozi “etnici” gestiti da cittadini pakistani e cinesi. «Molti irregolari lavorano in modo illegittimo in piccole attività poco trasparenti, che evadono il fisco e vendono prodotti non registrati, nocivi, facendo concorrenza sleale e danneggiando la nostra economia. Diverse inchieste giornalistiche hanno testimoniato tutto ciò nel caso di attività cinesi e pakistane. È arrivato il momento di AUMENTARE I CONTROLLI e lo faremo già dalle prossime settimane» annuncia Luigi Di Maio. Ma non è certo quello che serve per distinguersi dalla Lega visto che la battaglia contro i negozi etnici è una delle tante di Salvini che ad ottobre li aveva definiti un «ricettacolo di spacciatori, di gente che beve fino alle tre di notte, che pisciano e cagano».

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Dopo un anno Di Maio non ha ancora capito che tra la copia e l’originale gli elettori preferiscono l’originale (ovvero Salvini) e non si è accorto dell’abilità della Lega nel soffiare temi e battaglie ad altri per farle proprie e ampliare il proprio bacino elettorale. Invece che prendersela con i pericoli immaginari dei negozi etnici perché Di Maio non lancia invece una campagna a tappeto nei confronti di quei datori di lavoro che assumono in nero e sfruttano i dipendenti con turni massacranti e paghe da fame? Stiamo parlando ad esempio degli imprenditori del settore balneare (coccolati dal governo sulla Bolkestein). Se si vuole fare una battaglia contro l’illegalità la si faccia a tutto campo, non discriminando su base etnica. Di Maio è il ministro del Lavoro di tutti, non solo di chi lavora in nero nei negozi gestiti da cinesi e pakistani. Certo, prendersela con i cittadini di origine straniera è più comodo: non votano.

Leggi sull’argomento: Il caso Luca Lotti nell’indagine su Palamara

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