Economia
Perché su Whirlpool Di Maio e i grillini hanno capito proprio male
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2019-06-13
Il caso Whirlpool, a differenza di quanto annuncia con giochi di parole Di Maio, non è per niente chiuso. Anzi, comincia ora. E il bisministro e vicepremier farebbe bene a spiegare la verità prima che una possibile chiusura in negativo della trattativa si rivolga contro di lui come un boomerang
Un fantasma si aggira per Facebook: il fantasma della vittoria di Di Maio su Whirlpool. E forse ai grillini il bisministro e vicepremier farebbe bene a spiegare la verità prima che una possibile chiusura in negativo della trattativa si rivolga contro di lui come un boomerang.
Perché su Whirlpool Di Maio e i grillini hanno capito proprio male
Andiamo con ordine. Il 31 maggio scorso Whirlpool comunicava la cessione (attenzione: non la chiusura) dello stabilimento di Napoli, un annuncio che arrivava in conseguenza della modifica del suo piano industriale e che coglieva di sorpresa il ministro dello Sviluppo e del Lavoro, anche perché, come per MercatoneUno Di Maio non aveva vigilato sul piano di sviluppo e il MISE si trovava di nuovo spiazzato dagli eventi. La cessione annunciata dall’azienda metteva giustamente in allarme i sindacati e svegliava improvvisamente dal torpore gli uffici di viale America e Di Maio scriveva che il MISE era «pronto a rimettere in discussione l’intero piano industriale e a verificare l’utilizzo che è stato fatto degli ammortizzatori sociali fino ad oggi». Ma questo significava che fino a oggi il ministro Luigi Di Maio non aveva verificato quello che succedeva alla Whirlpool.
Ciò detto, la trance agonistica di Giggetto raggiungeva importanti livelli due giorni dopo, quando quello che dovrebbe essere un ministro le cantava forti e chiare all’azienda: «Avete preso 27 milioni di fondi pubblici. Non si prende per il c… lo Stato italiano. Vi tolgo i soldi e vi faccio restituire quanto avete già avuto». La Whirlpool intanto faceva sapere al Mise che Napoli – che registra un calo del 25 per cento nelle vendite – non era più sostenibile. Anche perché la linea di alta gamma che si produce a Napoli è destinata in futuro a essere trasferita in Polonia. L’azienda dava la garanzia di voler fare ogni sforzo “per trovare un compratore” – che al momento non ci sarebbe – e per salvare i posti di lavoro.
Cosa ha detto la Whirlpool a Di Maio
Soprattutto Whilpool aveva detto al ministero dello Sviluppo che i 17 milioni destinati per gli investimenti in Campania, qualora via Argine uscisse dal loro perimetro, sarebbero dirottati su altri siti in Italia. Posizioni giudicate irricevibili per Di Maio quanto per i sindacati. Tra l’altro, qualche malizioso faceva anche notare che togliere i fondi non sarebbe stato possibile, leggi alla mano. Ma a parte questo, va segnalato che un paio di giorni fa il ministro e i grillini hanno accolto la nota di Whirlpool senza leggerla o senza capirla. In questo, va detto, per nulla aiutati da chi, come noi, ha titolato frettolosamente “Whirlpool non chiude più a Napoli”.
Questo perché l’azienda non ha mai annunciato la chiusura dello stabilimento di Napoli ma, appunto, la sua cessione. Cosa che Whirlpool ha ribadito quel giorno con il comunicato in cui diceva che “non intende procedere alla chiusura del sito di Napoli, ma è impegnata a trovare una soluzione che garantisca la continuità industriale e i massimi livelli occupazionali del sito“. Esattamente come prima.
Quello che Di Maio non dice su Whirlpool
Nel frattempo però noi abbiamo scritto anche altro. Abbiamo raccontato che il suo predecessore al ministero, Carlo Calenda, ha sostenuto (senza essere smentito carte alla mano da nessuno) a L’Aria che tira che ad inizio aprile il ministero sapeva della questione che riguardava il sito di Napoli. Di Maio ha atteso le elezioni europee e la chiusura delle urne per andare all’attacco di Whirlpool e per far incontrare Invitalia con i subentranti. Gli incentivi, sostiene Calenda, il sito di Napoli non li ha ancora presi mentre gli altri che Di Maio ha promesso di revocare sono stati già spesi. Ma soprattutto, oggi si è svolto il famoso tavolo tra azienda, sindacati e ministero e il comunicato finale della Fim Cisl parla chiarissimo:
La Whirlpool ha infatti detto che a causa delle azioni messe in campo dal governo (ovvero la minaccia di revoca dei fondi) non c’erano le condizioni per trovare una soluzione per il sito di Napoli, aggiungendo che le dichiarazioni pubbliche del ministro hanno creato un danno all’impresa. E se ne capisce facilmente il perché: se Whirlpool ha deciso di vendere lo stabilimento di Napoli, un possibile acquirente poteva trovare appetibile l’affare sapendo dei 17 milioni di euro di fondi da cui partire. Se questi venissero meno, anche gli acquirenti potrebbero ripensarci. A fronte di ciò, il ministro ha fatto sapere che ribadisce “il no alla chiusura dello stabilimento” (che non ha auspicato nessuno finora, avete notato?) e “il no al disimpegno di Whirlpool”. Notate la finezza politico-comunicativa: il ministero non dice no alla vendita, ovvero a quello che realmente è in ballo, ma no “al disimpegno”, che invece è parola generica e può voler dire tante cose (ad esempio che Whirlpool potrebbe garantire commesse per qualche anno al nuovo proprietario per tenere in piedi in ogni caso lo stabilimento). La situazione quindi è attualmente questa: nessuno ha detto che lo stabilimento di Napoli andava chiuso, nessuno ha detto che Whirlpool manterrà la proprietà dello stabilimento. Anzi, Whirlpool ha detto il contrario. Noi non possiamo sapere se domani o dopodomani l’azienda cambierà idea ma il dato di fatto è uno: la vera battaglia su Whirlpool comincia ora. E se il ministro non è troppo impegnato, sarebbe il caso di combatterla.
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