Laura Castelli dice che i dissidenti M5S lo fanno per i soldi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-11-04

La viceministra in un’intervista sostiene che chi non vuole votare il decreto Salvini punti ai soldi della carica. A De Falco, Fattori, Nugnes e Mantero fischiano le orecchie?

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Qualche giorno fa avevamo segnalato la macchina del fango avviata nei confronti di Gregorio De Falco, senatore del MoVimento 5 Stelle “colpevole” di considerare incostituzionale il decreto sicurezza firmato da Matteo Salvini e pronto a chiedere modifiche attraverso emendamenti, ovvero il lavoro per cui è pagato visto che non c’è nessun compenso previsto in Parlamento per gli yes-men schiacciabottoni: quelli lo fanno per passione (e per la genuina ansia di perdere il posto). Le voci che parlavano delle sue difficoltà economiche a causa del divorzio con la moglie venivano dal M5S e volevano spiegare che in caso di cacciata si sarebbe potuto tenere l’intero stipendio. Oggi Laura Castelli in un’intervista rilasciata ad Annalisa Cuzzocrea su Repubblica ribadisce l’accusa a De Falco e agli altri senatori dissidenti (Nugnes, Fattori, Mantero):

Ci sono frizioni interne, emerse al Senato sul decreto sicurezza. Questo la preoccupa?
«Probabilmente è difficile stare in una forza politica che ti chiede di ridurti lo stipendio».

Tre senatori su quattro, tra i ribelli, lo hanno già fatto per cinque anni. Non sarà che i parlamentari non hanno voce in capitolo?
«I luoghi per dialogare sono le commissioni e ognuno si è espresso. La maggioranza deve saper rispettare il contratto di governo, chi non vuole farlo è libero di andare altrove».

gregorio de falco moglie figlia 51

Laura Castelli non sa che il luogo del dialogo non sono le commissioni, ma l’intero parlamento, e come vedete quando le fanno notare che tra i senatori “dissidenti” ce ne sono tre che hanno restituito durante la scorsa legislatura (e tra l’altro le restituzioni non sono state ancora fatte), cambia discorso dicendo un’altra sciocchezza. I cosiddetti dissidenti dovrebbero chiederne il deferimento al collegio dei probiviri.

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