Il Coronavirus in Nigeria portato da un italiano (ma Salvini non diceva di chiudere i porti a loro?)

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-02-28

Lo ha annunciato il ministero della Salute nigeriano: il paziente è una persona che aveva viaggiato a Milano nei giorni scorsi. E non è l’unico caso: ammirevole la reazione degli amici della Lega in Francia e in Svizzera

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È un italiano rientrato da Milano il 25 febbraio il primo contagiato dal nuovo Coronavirus in Nigeria. Lo ha annunciato il ministero della Salute nigeriano precisando che “il paziente è ricoverato in ospedale nello stato di Lagos condizioni stabili e non presenta sintomi preoccupanti”. L’uomo “lavora in Nigeria”, precisa il comunicato del dicastero pubblicato su internet, e “viene trattato all’Ospedale malattie infettive di Yaba“, un quartiere di Lagos, la più grande città nigeriana. “Abbiamo già cominciato a lavorare per identificare tutti i contatti del paziente da quando è entrato in Nigeria”, rivela il comunicato, il quale precisa che la sua positività al virus è stata confermata ieri dal laboratorio di virologia dell’Ospedale universitario di Lagos.

Il Coronavirus in Nigeria portato da un italiano (ma Salvini non diceva di chiudere i porti a loro?)

Alla luce dei fatti – come spesso succede – suonano ancora più ridicole le parole di Matteo Salvini che nei giorni scorsi gridava alla chiusura dei porti per evitare l’arrivo in Italia del Coronavirus, visto che dal focolaio lodigiano di Codogno il virus si è diffuso in tanti altri paesi. Sappiamo anche bene che i “porti chiusi” di Salvini non hanno mai fermato gli sbarchi dei migranti che riuscivano ad arrivare in Italia sui barconi. Perché i porti erano chiusi (per finta) solo per le navi delle ONG o al massimo per quelle della Guardia Costiera. Ma anche in quei casi alla fine i migranti a bordo venivano fatti sbarcare, magari dopo essere stati tenuti a mollo per qualche settimana.

lega coronavirus fontana - 3

Quello che è successo lo sappiamo: i primi casi sono stati quelli di due turisti cinesi arrivati in Italia il 21 gennaio e ricoverati allo Spallanzani. I casi di trasmissione locale (non importati) si sono manifestati invece in Lombardia. Una regione che come è noto non ha alcun accesso al mare e nella quale non possono approdare quelli che arrivano sui barconi. Le frontiere a quanto pare sono assai permeabili agli agenti patogeni, che evidentemente sfuggono ai controlli e non si fanno intimorire dai proclami sulla “chiusura dei porti”. Non che i migranti si siano mai preoccupati del Decreto Sicurezza, più del decreto ne fermò la sedicente Guardia Costiera libica. Ironia della sorte: a portare il coronavirus in Algeria è stato un italiano, tecnico dell’ENI e non viceversa.

L’Europa contagiata dal focolaio lombardo

Anche altri paesi d’Europa hanno avuto casi di Coronavirus importati dall’Italia, come la Croazia e l’Austria. Di più: persino il primo malato di Coronavirus in Sudamerica viene dall’Italia. E si è vista, nell’occasione, la reazione degli amici e degli alleati di Matteo Salvini in Europa. La leader del Rassemblement National Marine Le Pen non appena si è saputo della diffusione dei primi casi di coronavirus a Codogno si è detta favorevole a ripristinare controlli alla frontiera con l’Italia. Le Pen, alleata della Lega al Parlamento Europeo, ha detto che il ritorno dei controlli alla frontiera «sarà necessario se l’epidemia è fuori controllo in Italia». Qualche giorno fa una fonte diplomatica francese citata dall’ANSA alla vigilia del vertice Italia-Francia di Napoli ha fatto notare che «la solidarietà populista tra Salvini e Le Pen si ferma sulla questione delle frontiere» aggiungendo che sul coronavirus e le strategie per arginare l’epidemia «i due leader sulla Lombardia non hanno le stesse idee». Come faceva notare Bloomberg il campo sovranista europeo sta usando il coronavirus per agitare paure irrazionali e chiedere la chiusura delle frontiere. Il problema è che in Italia la Lega ha chiesto “porti chiusi” contro i barconi che vengono dall’Africa mentre i colleghi europei pensano più alle frontiere interne.

marine le pen euro uscita - 2

Il colpo di grazia però lo ha assestato la Lega dei Ticinesi che ha chiesto di chiudere le frontiere tra Svizzera Italia per arginare l’epidemia. «Il dato saliente delle fumose comunicazioni ufficiali odierne sull’emergenza coronavirus è che continuano a non essere previste misure ai confini con l’Italia per tutelare la popolazione ticinese. Intanto nella Penisola i morti sono saliti a 7, quasi tutti in Lombardia» ha detto il consigliere nazionale leghista ticinese Lorenzo Quadri su Facebook. E ancora: impedire l’accesso ai lavoratori transfrontalieri (gli italiani che vanno a lavorare in Svizzera). «Dei 70mila frontalieri (ufficiali) che entrano quotidianamente in Ticino, 45mila sono impiegati nel settore terziario: quindi è possibile negar loro l’accesso al nostro Cantone per un periodo adeguato di tempo, senza che ciò provochi alcun danno significativo all’economia. Del resto lo scoppio di un’epidemia in Ticino imporrebbe una serie di misure drastiche (si pensi a quelle decretate in Lombardia) che avrebbero conseguenze ben più pesanti sulle attività produttive».

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