Perché il governo ora vuole «nascondere» i numeri del Coronavirus

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-02-28

Il ministero della Salute impone che la comunicazione del numero dei contagiati da coronavirus sia affidata esclusivamente all’Istituto Superiore di sanità. Gli infettivologi però non ci stanno: «Ora non facciamo ridere il mondo perché il governo vuole controllare i risultati»; «Quale numero dei due dare è una questione politica, non tecnica. Se uno vuole fare il furbo dice solo i confermati, se no li dà tutti»

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Il ministero della Salute impone che la comunicazione del numero dei contagiati da coronavirus sia affidata esclusivamente all’Istituto Superiore di sanità e non —come accade adesso—alla Protezione civile che raccoglie i dati provenienti da tutta Italia. E tanto basta, racconta oggi Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, per scatenare una guerra tra istituzioni, ma anche a generare caos in una materia delicata come quella relativa al numero di malati, deceduti e guariti. Intanto ci sono 650 persone positive al test, 17 vittime e 45 pazienti guariti.

Perché il governo ora vuole «nascondere» i numeri del Coronavirus

Eppure la decisione ha un senso dal punto di vista scientifico: Walter Ricciardi dell’OMS, da qualche tempo consulente del ministro Roberto Speranza, ha spiegato che «i test dei laboratori regionali hanno ancora margini di incertezza e bisogna attendere la verifica dell’Istituto superiore di sanità. Anche in altri Paesi ci sono focolai, ma loro danno la conferma solo quando è certa». Massimo Galli, direttore del reparto del Sacco di Milano che cura il coronavirus e professore ordinario di Malattie infettive alla Statale, però non la pensa per nulla così: «Sono imbarazzato dal balletto esecutivo-regioni sui dati»,  «Già ci vuole tempo per gli esami e poi dovremmo anche aspettare la conferma da Roma, ma di cosa stiamo parlando? Non si può gestire così burocraticamente la situazione». E adombra un sospetto: «Si è criticata tanto la Cina perché riluttante a pubblicare il vero numero dei casi, ora non facciamo ridere il mondo perché il governo vuole controllare i risultati».

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I numeri del Coronavirus in Italia e nel mondo (Corriere della Sera, 28 febbraio 2020)

Spiega oggi La Stampa che il dubbio è che davanti alle crescenti proteste di natura economica qualcuno a Roma provi a mettere la sordina ai dati medici:

E così verrebbe utile la prassi dell’Oms proposta da Riccardi di richiedere una seconda verifica centralizzata sui tamponi. A chi dirige un reparto in prima linea come Galli però sembra una complicazione: «Invece di mettere in discussione i casi positivi, spieghiamo perché si verificano: non per un reale incremento quotidiano, ma soprattutto per un’analisi approfondita a partire dal focolaio lodigiano».

Più conciliante con la nuova metodologia sembra Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma: «Si sta lavorando affinché vengano comunicati solo i casi clinicamente rilevanti, ovvero i pazienti in rianimazione o morti, come avviene negli altri Paesi del mondo. I positivi ai tamponi fatti per qualsiasi altro motivo andranno in una lista separata».

Il governo vuole zittire i numeri del Coronavirus?

Nel documento firmato da Roberto Speranza il 25 febbraio scorso viene evidenziato che «la procedura prevista per la definitiva conferma del caso è affidata all’Istituto superiore di sanità. Pertanto, un caso non può definirsi confermato senza la suddetta validazione del laboratorio Iss. Per tale ragione si sottolinea la necessità di inviare sempre e tempestivamente idonei campioni al predetto Iss».

Nelle riunioni successive si discute su come comportarsi nella comunicazione finora affidata alla Protezione civile, che raccoglie i dati provenienti da tutte le Regioni e due volte al giorno — alle 12 e alle 18 — rende noto il bilancio. Quale sia il problema lo spiega il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro:«Abbiamo una rete di centri di riferimento regionali che fanno un primo accertamento diagnostico sulla presenza di coronavirus. Qualora il campione risulti positivo, il dato viene comunicato alla stampa e contestualmente il campione viene inviato all’Iss di Roma per confermare o meno il risultato. Solo dopo il risultato dell’Iss, possiamo considerare confermato il caso e dunque dire che una persona è positiva».

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Coronavirus: infezioni, sintomi e test del tampone (La Repubblica, 24 febbraio 2020)

Ma dall’altra parte della barricata si ribatte che finora il 100% dei test è stato confermato dall’ISS. E allora il problema è soltanto politico, nel senso brutto del termine:

«L’epidemia è in corso e non c’è tempo da perdere. Non so quanti casi ci saranno la settimana prossima e nessuno può prevederlo al momento. Capisco che la situazione rischi di danneggiare l’economia, ma non si possono fare annunci contraddittori sui dati, perché questo genera il sospetto che si voglia nascondere qualcosa. Sento anche illazioni sul numero dei test fatti negli altri Paesi, ma ne siamo proprio sicuri? ».

Sulla polemica interviene anche Raffaele Bruno, direttore del reparto del San Matteo di Pavia, dove è ricoverato il famoso primo contagiato: «Incredibile che in Italia si faccia polemica sui numeri. Il procedimento dell’Oms è corretto, ma ci vuole il tempo tecnico di trasportare i campioni a Roma. Quale numero dei due dare è una questione politica, non tecnica. Se uno vuole fare il furbo dice solo i confermati, se no li dà tutti».

Michele Bocci su Repubblica intanto spiega che nei prossimi giorni l’idea del ministero è quella di non comunicare più agli organismi internazionali che fanno i conti dell’epidemia tutti i casi asintomatici, cioè di persone che sono positive al tampone ma non hanno alcun problema di salute. In linea con quanto spiegato ieri da Ricciardi sulla possibile sovrastima dei numeri:

Questi contagiati rappresentano tra il 40 e il 50% dei tutti i casi segnalati in questo momento. Salvo rare eccezioni vengono seguiti a casa loro e non possono uscire finché non hanno un tampone positivo perché potrebbero comunque essere contagiosi. Su 650 casi comunicati ieri, 284 sono in isolamento domiciliare perché appunto in gran parte non hanno sintomi. E anche tra i 45 guariti ci sono certamente persone che non hanno mai avuto problemi.

Leggi anche: I casi positivi al Coronavirus? Possono essere stati sovrastimati

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