Come Patuanelli (non) sta risolvendo le crisi aziendali al MISE

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-01-14

Centinaia di aziende in crisi, tavoli aperti, dossier da studiare ma pochissime soluzioni concrete. Così il nuovo corso del Ministero dello Sviluppo Economico ricalca quello – disastroso – di Luigi Di Maio

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Stefano Patuanelli è il ministro dello Sviluppo Economico. Un dicastero importante per l’Italia e per il cosiddetto sistema paese perché tante sono le aziende in crisi. Patuanelli ha il non troppo difficile compito di non far rimpiangere l’operato del suo predecessore, quel Luigi Di Maio che con il governo Conte 1 da bisministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico (e vicepremier) non ha certo brillato per abilità e capacità di affrontare le difficoltà di aziende e lavoratori, arrivando addirittura a mentire sul caso Whirlpool.

Come Di Maio e Patuanelli hanno ignorato la crisi di Embraco

Uno dei casi più eclatanti è quello dell’ex Embraco di Riva di Chieri (Torino), azienda che produceva compressori per frigoriferi e che poi è passata in mano a Ventures (una cordata italo-cinese-israeliana) che avrebbe dovuto produrre robot per la pulizia dei pannelli solari. Ma la produzione non è mai iniziata e per i 400 operai dell’ex Embraco,  da dicembre senza stipendio e contributi e con la cassa integrazione in scadenza a luglio il futuro è ogni giorno più incerto. E così anche per le 409 famiglie dei lavoratori dell’azienda. Dal 2017, due anni fa, l’Embraco non sembra essere in grado di uscire dalla crisi.

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La responsabilità è di chi non ha vigilato sull’attuazione del piano industriale presentato da Ventures: l’ex ministro Luigi Di Maio. Ora però gli operai preferirebbero si parlasse di soluzioni. E quella più plausibile al momento si chiama Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, di proprietà del Ministero dell’Economia. È il famoso “piano B”, già ipotizzato dall’ex ministro Carlo Calenda, il primo che ebbe a che fare con la crisi di Embraco nel maggio del 2018: «Invitalia rimane con il fondo anti-delocalizzazione attivato nel caso in cui ci dovessero essere dei problemi che speriamo non succedono. In caso di problemi potrà aprire il paracadute».

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Ed Invitalia è a disposizione. Eppure, scrive oggi il Foglio,  non c’è stato alcun coinvolgimento formale perché «il MISE sta studiando il dossier». C’è però un problema, il fondo nato nel 2018 – denominato “Invitalia Venture III” con una dotazione pari a 200 milioni di euro – non è stato mai attivato. E per decisione di Di Maio è stato assorbito nel nuovo Fondo nazionale innovazione da un miliardo di euro, che però non è operativo. Quei soldi sono inutilizzabili, scriveva Federico Fubini sul Corriere della Sera qualche giorno fa a proposito del caso Whirlpool, un’altra crisi aziendale “dimenticata” dal Ministero di Patuanelli.

L’immobilismo del governo lo pagano i lavoratori

Ieri i dipendenti della ex-Embraco sono scesi per l’ennesima volta in strada a protestare. Chiedono semplicemente che si faccia qualcosa per salvare i posti di lavoro. E non sono gli unici a chiederlo visto che anche la Regione Piemonte e la sindaca di Torino Chiara Appendino da inizio dicembre chiedono un incontro al Ministero. Ma dalle parti di via Molise non arrivano soluzioni e nemmeno è stata fissata una data per un tavolo con le parti. Anche perché per andare avanti con la vertenza Embraco va risolto il nodo Whirlpool: prima di passare nelle mani di Ventures l’azienda faceva parte del gruppo Whirpool.

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Secondo l’europarlamentare Carlo Calenda gli operai di Embraco pagano il prezzo di «un anno e mezzo di totale e assoluta incuria». E non sono i soli. Alla Sider Alloys di Portovesme (ex Alcoa) aspettano ancora il piano industriale per per il rilancio produttivo dello stabilimento. Il problema qui è il costo dell’energia per consentire la ripartenza della produzione. Il MISE ad inizio dicembre ha annunciato un accordo, che però non è ancora stato formalizzato.

Safilo, Mercatone Uno, Auchan e il comparto della canapa industriale

Secondo l’informativa del ministro del novembre scorso sono 149 tavoli di crisi aperti al MISE (5 in più di quelli del 2018) tra cui le croniche crisi di Alitalia e l’ex Ilva. Ma in quel centinaio di tavoli e dossier aperti ci sono i destini e le speranze di decine di migliaia di lavoratori. È ancora tutta da scrivere la storia della crisi del gruppo Safilo (occhialeria) il cui piano quadriennale prevede 700 esuberi in tutta Italia su 2.600 dipendenti totali: oltre ai 400 licenziamenti annunciati allo stabilimento di Longarone ci sono i 250 nello stabilimento di Martignacco (Udine) e altri 50 esuberi a Padova. L’incontro al Ministero è previsto per il 16 gennaio, oggi invece ci sarà un tavolo in Regione a Trieste per la fabbrica di Martignacco, che dovrebbe essere l’unica a chiudere. Ieri l’Azienda ha accusato i sindacati di “complicare la situazione” perché non hanno partecipato all’incontro con i lavoratori organizzato a Padova. Incontro che era subordinato all’esito di quello di Udine, che non è stato positivo.

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Ancora più incerta la soluzione della crisi della Mercatone Uno attualmente in amministrazione straordinaria. La settimana scorsa al MISE è stata raggiunta un’intesa per la proroga della Cassa integrazione straordinaria dal 23 gennaio al 23 maggio per i 1.689 lavoratori dei punti vendita e della sede di Imola. Per la prossima settimana è invece atteso il pronunciamento dell’Antitrust sull’acquisizione di Auchan da parte di Conad ma la preoccupazione è per la sorte dei lavoratori visto che la nuova proprietà prevede 3.105 esuberi (rispetto ai seimila iniziali ipotizzati) in tutta Italia. Last but not least tra le tante crisi aziendali e di settore si preannuncia quella del settore della canapa industriale. A quanto pare infatti il M5S non avrebbe intenzione di inserire nel Milleproroghe l’emendamento alla legge di Bilancio già bocciato al Senato dalla presidente Casellati. I termini sono stretti: c’è tempo fino al 20 gennaio ma soprattutto bisogna fare tutto prima che inizi il periodo della semina. Secondo il senatore Matteo Mantero si tratta di «una corsa contro il tempo. Marzo e aprile sono i mesi in cui si semina, altrimenti si perdono i raccolti e si mandano sul lastrico 12mila famiglie». Il comparto della canapa industriale conta infatti lo stesso numero di addetti di Alitalia o Ilva, che sono considerate le crisi industriali più “grandi” del Paese. Eppure c’è chi è disposto a sacrificare così tanti posti di lavoro solo per una inutile battaglia contro quella che non è una droga.

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