Antonio Guglielmi: la pietra dello scandalo noeuro sul governo Lega-M5S

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-06-10

Il nome del capo dell’equity market di Mediobanca finisce nel calderone dei nemici della moneta unica per uno studio di Mediobanca di un anno e mezzo fa. Che diceva l’esatto contrario di ciò che sostengono Alesina & Giavazzi

article-post

Il suo nome è finito nell’albo dei “cattivi” ieri, quando Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno firmato un editoriale sul Corriere della Sera mettendo in guardia dai rischi insiti nella nomina di Antonio Guglielmi, analista finanziario di Mediobanca, nel nuovo governo insieme a quelle di Claudio Borghi e Alberto Bagnai.

Antonio Guglielmi: la pietra dello scandalo noeuro sul governo Lega-M5S

Alesina e Giavazzi sono partiti dall’esempio di Andrea Roventini, ottimo nome uscito dal cappello del MoVimento 5 Stelle per la poltrona di ministro dell’Economia durante la campagna elettorale, poi “dimenticato” al momento della trattativa con la Lega per i posti veri. Roventini, in realtà, sembra che non abbia dato la sua disponibilità per le stesse ragioni di Pasquale Tridico, ovvero per l’alleanza con il Carroccio.

Un gruppo di economisti vicino ai 5 Stelle, e in particolare Andrea Roventini, candidato del Movimento a ministro dell’economia, sono stati tenuti lontano dal governo. Roventini e i suoi colleghi sono critici verso l’unione monetaria, come persone ragionevoli possono esserlo, ma escludono chiaramente e coscientemente un’uscita unilaterale dell’Italia dall’euro.

sondaggio uscire dall'euro
Il sondaggio di Ipsos sugli italiani e l’uscita dall’euro (Corriere della Sera, 4 giugno 2018)

Al loro posto ecco arrivare alcuni economisti della Lega, il senatore Bagnai e l’onorevole Borghi, da anni aggressivamente favorevoli ad un’uscita immediata tramite l’introduzione di una moneta alternativa all’euro, i cosiddetti mini-Bot. A questi economisti si potrebbe aggiungere, portato dal ministro  Savona, Antonio Guglielmi, un analista finanziario di Mediobanca, autore lo scorso anno di uno studio sui costi e i vantaggi della ridenominazione in lire dei nostri titoli pubblici, uno studio che, già da solo,rischiava di scatenare una crisi sui mercati.

Ma anche nell’impostazione di Alesina e Giavazzi mancano alcuni elementi di fatto che fanno crollare tutto il ragionamento. Il primo è che il nome di Antonio Guglielmi si fa, sì, ma non per il ministero di Paolo Savona: Guglielmi, che in via XX Settembre descrivono come «l’outsider, che sta a Casaleggio come il finanziere Davide Serra stava a Renzi», in realtà è in corsa, insieme ad Alessandro Rivera, per la direzione generale del ministero del Tesoro, e quindi alle dipendenze di Giovanni Tria. Proprio quel Tria che oggi, in un’intervista al Corriere della Sera, ha bocciato i minibot proposti dallo stesso Borghi per pagare i debiti della pubblica amministrazione e definiti sui giornali come la chiave di volta per cominciare a preparare l’uscita dall’euro.

Lo studio di Mediobanca sulla ridenominazione dei titoli di Stato

Poi c’è qualcosa che andrebbe ricordato a proposito del famoso studio di Guglielmi, scritto in collaborazione con Marcello Minenna, ex assessore al Bilancio a Roma e  professore aggiunto alla London Graduate School of Mathematical Finance.  E cioè che quello studio venne presentato (da Nicola Porro sul Giornale in un tripudio di clickbaiting) come la dimostrazione che se l’Italia fosse uscita dall’euro avrebbe avuto un guadagno di otto miliardi. Ma in realtà la lettura corretta di quanto sostenuto da Guglielmi era un’altra:

Il rapporto di Gugliemi, stimato nell’ambiente per essere affidabile e attento, è chiaro fin dal titolo – “Re-denomination risk down as time goes by”, “Il rischio di una ridenominazione della valuta (ovvero dell’uscita dall’euro) scende mano a mano che il tempo passa” – e nello svolgimento sostiene che lasciare l’Unione monetaria e adottare una nuova valuta (un ritorno alla lira) svalutata del 30 per cento (come cifra ipotetica, altri sostengono sia troppo, altri sostengono sia eccessivo) “non comporterebbe più alcun beneficio sul debito pubblico” ma perdite sotto vari aspetti cruciali. Si avrebbero perdite complessive per 280 miliardi di euro al 2022. Su 2 mila miliardi di debito italiano in circolazione con qualsiasi svalutazione, sostiene Guglielmi, non ci sarebbe nessun beneficio.

Secondo Mediobanca si avrebbero: perdite sui titoli di stato sotto diritto estero (48 miliardi) che non si possono ridenominare in valuta locale ma vanno ripagati al possessore; titoli di stato vincolati al regime delle Clausole di azione collettiva (Cacs, per 902 miliardi) che tutelano gli investitori in titoli sovrani (con scadenza superiore a un anno) e che mano a mano interesseranno tutto lo stock di debito sul mercato al 2022; i titoli comprati dalla Banca centrale europea (210 miliardi) con il Quantitative easing; i derivati contratti da banche e enti pubblici (151 miliardi) che sono sotto diritto inglese e che verrebbero chiusi immediatamente dalle controparti comportando perdite secche per 37 miliardi.

Il totale di perdite stimate arriva dunque a 280 miliardi a fronte di un beneficio bassissimo sulla parte ridenominabile del debito (non sottoposta alle Cacs) lasciando un guadagno di miseri 8 miliardi netti (poco meno dell’aumento di capitale di Mps), con rischi però enormi. Il beneficio, come affermava Mediobanca, è dunque oramai annullato – non ci sarebbe incentivo – ma (sempre per via delle Cacs) crescenti oneri di 70 miliardi l’anno.

L’equivoco Guglielmi

La lettura corretta di quanto scritto da Guglielmi non è  quindi quella data da Alesina & Giavazzi e oggi è stato Massimo Mucchetti a scrivere al Corriere per sottolineare la questione. La risposta dei due economisti però non è stata molto serena e ha inventato l’«aggravante Minenna»:

È un fatto che quello studio ha fatto il giro del mondo e ad esso si sono riferiti molti degli improvvisati commentatori antieuro. Così come è un fatto che quello studio fosse, sorprendentemente, co-firmato da un funzionario della Consob che fu anche per un breve periodo assessore della giunta 5 Stelle della sindaca Raggi. Piuttosto ci saremmo aspettati una risposta della “sofisticata banca italiana” autrice dello studio e non di un giornalista finanziario.

marcello minenna virginia raggi

Insomma, nell’occasione almeno il panico crescente ha trovato una sponda proprio tra chi vorrebbe evitarlo. Curioso, no?

Leggi sull’argomento: Il Corriere e il complotto del fondo inglese per far crescere lo spread

Potrebbe interessarti anche