La storia dell’Algeria che ci ruba il mare della Sardegna

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-02-06

Per un anno e mezzo la Lega ha combattuto contro la presunta invasione dei migranti e non si è accorta della decisione unilaterale dell’Algeria (del 2018) di estendere la sua ZEE nel Mediterraneo. Ieri improvvisamente Borghi si è accorto di questa “invasione”. Ma quando la Lega era al governo cosa hanno fatto per fermarla?

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«Ecco la cartina che indica l’espansione unilaterale dell’Algeria che si vuol annettere il mare a ovest della Sardegna e anche il famigerato triangolo di mare davanti alla Toscana ceduto da quel TRADITORE di Gentiloni con il trattato di Caen fortunatamente da noi per ora stoppato». Dopo il MES – a proposito, che fine ha fatto? – l’onorevole Claudio Borghi ha scoperto il nuovo tradimento del Governo italiano (quello degli altri) nei confronti del Paese con l’ennesima cessione di sovranità nazionale.

La situazione attuale dei confini marittimi italiani

Borghi – che già in passato si era distinto per aver contribuito a diffondere la storia della cessione del “mare italiano” alla Francia con il trattato di Caen, poi rivelatasi una bufala – qualche giorno fa ci spiegava che a minacciare le nostre acque territoriali è oggi invece l’Algeria. La quale secondo l’interpretazione di Borghi vorrebbe annettere il mare ad Ovest della Sardegna. Esattamente come fece la Francia con il mare regalato da Gentiloni. Nella cartina allegata da Borghi si nota in primo luogo una cosa, non è vero che i leghisti hanno “stoppato” il tradimento visto che nella cartina il tratto di mare ad est della Corsica – quello “incriminato” – è evidenziato come Zona Economica Esclusiva francese. Borghi, che forse non ha letto bene la legenda della mappa che ha pubblicato, invece sostiene che l’Algeria voglia addirittura annettersi quel tratto di mare di fronte alla Corsica (ma è falso).

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La Zona Economica Esclusiva (o ZEE)  comprende la colonna d’acqua sovrastante il fondo del mare e si estende al di là del mare territoriale, non oltre le 200 miglia marine dalle linee di base. Gli stati confinanti devono accordarsi sulla delimitazione delle rispettive ZEE. Nel Mediterraneo i Paesi che hanno istituito proprie ZEE sono: Egitto, Cipro, Libano, Siria, Tunisia e Israele (la Grecia sta lavorando ad una sua ZEE). L’Italia non ha instaurato una propria ZEE ma ha istituito una sua ZPE (Zona di Protezione Ecologica) nell’ottobre del 2011, mentre nel corso dei decenni precedenti ha raggiunto alcuni accordi per la demarcazione delle linee di delimitazione. Ad esempio con la Tunisia il 28 agosto 1971, successivamente ratificato con Legge 3 giugno 1978, n. 347; in vigore dal 16 dicembre 1978). L’accordo – spiega un bollettino del Ministero dello Sviluppo Economico del 2013 –  «segue il criterio della linea mediana tra le coste continentali della Tunisia e quelle della Sicilia senza dare alcun valore, ai fini della delimitazione, alle «circostanze speciali» rappresentate dalle isole italiane di Pantelleria, Lampedusa e Linosa e dall’isolotto disabitato di Lampione».

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Sempre negli Anni Settanta (il 19 febbraio 1974) l’Italia ha stipulato un accordo con la Spagna (ratificato con la medesima legge nel 1978) per la delimitazione delle acque con la Spagna. L’accordo, scrive sempre il MISE «segue il criterio della linea mediana tra la Sardegna e le Baleari con una linea leggermente concava che attribuisce rilievo al maggior sviluppo costiero della Sardegna rispetto all’Isola di Minorca». Inoltre con con il D.M. 9/08/2013 la zona marina è stata rimodulata e ampliata fino all’accordo Italia-Spagna (2013) e alla linea mediana Italia-Francia, con una distanza dalle coste sarde e dalle aree di tutela ambientale tra i 45 e i 75 km. Inoltre va sottolineato che  titoli minerari per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi in mare – che vengono conferiti dal Ministero dello sviluppo economico – riguardano invecen aree della piattaforma continentale italiana istituite con leggi e decreti ministeriali, denominate “Zone marine” (o zone marine aperte) e identificate con lettere dell’alfabeto.

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Fonte

Come si vede dalla mappa qui sopra la zona marina E per la concessione dei titoli minerari al largo della Sardegna – che è quella che interessa all’Italia – si troverebbe più a nord della ipotetica ZEE algerina. La mappa mostrata da Borghi non ha riferimenti precisi, ma sembra di capire che la richiesta dell’Algeria (che di per sé non è sufficiente, come detto serve un accordo tra tutti i paesi coinvolti) andrà ad impattare sia sugli accordo con la Spagna sia con la necessità di “riscrivere” eventualmente i confini marittimi della ZPE italiana che al momento sono quelli qui sotto.

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Come si nota generalmente si sceglie di ricorrere alla linea mediana tra i due paesi rivieraschi. Ma quando i paesi sono tre le cose si complicano ed è necessario trovare degli accordi e dei compromessi. La decisione dell’Algeria – che risale al 2018 – per altro è al momento unilaterale, nel senso che non è stata ratificata da nessuno ed anzi l’Italia ha inoltrato formale protesta in sede Nazioni Unite. Di fatto la decisione algerina non ha alcun valore sul piano internazionale.

Dov’erano Borghi e la Lega tra il marzo 2018 e il settembre 2019?

Ci sono però alcune cose che Borghi non dice. La prima: il decreto presidenziale che istituisce una zona economica esclusiva al largo delle coste algerine risale al 20 marzo del 2018 ed è stato pubblicato sul sito dell’Ambasciata d’Algeria il 3 aprile 2018. Formalmente in carica c’era ancora il Governo Gentiloni, ma solo per il disbrigo degli affari correnti. Nel comunicato delle agenzie di stampa algerine si precisava che i limiti indicati nel decreto avrebbero potuto eventualmente essere modificati nel quadro di accordi bilaterali con gli Stati le cui coste sono adiacenti o che si affacciano sulle coste algerine, in conformità con disposizioni dell’articolo 74 della Convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare (per coincidenza la stessa convenzione che regola le operazioni SAR di salvataggio in mare). Da giugno al governo ci saranno i gialloverdi, quelli della Lega e del MoVimento 5 Stelle, ma tutto tace sul fronte delle acque territoriali italiane.

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Borghi invece è sospettoso. Quando un utente chiede se è normale che il Parlamento non venga informato (vi ricordate, successe così anche per il MES) risponde: «evidentemente hanno valutato fosse una cosuccia» strizzando l’occhio ad un’altra utente che adombrava l’esistenza di un “terzo partito” all’interno del governo gialloverde.

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Borghi si lamenta anche che non ci sono articoli di stampa italiani sulla vicenda. Invece qualcosa c’è. Ma forse Borghi e la Lega erano più preoccupati di fermare l’invasione dei migranti con le ONG.claudio borghi algeria mare -3

Qualcun’altro fa notare che la situazione va vista nel suo complesso, ovvero alla luce degli accordi economici tra Italia ed Algeria, in particolare quelli per la fornitura di gas. Ma quando un utente fa notare che dall’estensione unilaterale della ZEE algerina nessuno nella Lega abbia fatto nessuna interrogazione Borghi ricorda che è stato proprio lui – ieri – ha presentare un’interrogazione dove si lamentava che il Governo non abbia fatto nulla per rispondere all’Algeria. E ripete che «il ministro degli esteri [del governo Conte 1 NdR] non era nostro». Era infatti il ministro Moavero Milanesi, un “tecnico”. Curioso però che né l’allora sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi (Lega) né il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti (Lega) e nemmeno il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini abbiano detto nulla. Secondo Borghi è perché «un nostro ministro è stato informato poco tempo prima della crisi di governo», un po’ come quando Bagnai venne convocato in gran segreto per leggere la bozza del MES. Ma la crisi di governo arrivò un anno e mezzo dopo la decisione dell’Algeria. Nel frattempo c’è anche da ricordare che in Algeria ci sono state le elezioni ed è cambiato il governo, quindi mancava un interlocutore istituzionale.

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