I 20 miliardi subito dal Recovery Fund

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-07-22

Il deficit salirà di un punto ancora, dal 10,4 all’11,4 per cento del Pil. Ma nel frattempo il Tesoro potrà ricorrere alla clausola che consente di utilizzare il 10 per cento dei fondi del Recovery retroattivamente per le spese compatibili con le finalità del fondo fatte da febbraio di quest’anno in poi

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Ci sono venti miliardi del Recovery Fund che si possono impegnare subito, anche se la prima tranche di Next Generation EU arriverà solo nel 2021. Roberto Petrini su Repubblica spiega oggi che il governo pensa di far ripartire subito l’iperammortamento su base quinquennale fino al 200% del costo di acquisto di tecnologie, dai robot agli investimenti di digitalizzazione.

I 20 miliardi subito dal Recovery Fund

La misura nel 2017 ha favorito investimenti per circa 20 miliardi e con l’ultima legge di Bilancio è stata ridimensionata. Ora grazie alla possibilità, contenuta nelle due clausole ottenute dall’Italia nell’ambito dell’intesa di Bruxelles, di utilizzare fino al 10% dei 208 miliardi garantiti dal piano (cioè circa 20 miliardi) un primo passo si potrà fare entro fine anno lasciando il resto del finanziamento della misura pluriennale al 2021-2022. E qui entra in gioco anche i 20 miliardi che si possono impegnare subito:

Lo scostamento di bilancio tra 18 e i 20 miliardi che porta il deficit di quest’anno verso i 100 miliardi (fino ad oggi lo scostamento è stato di 80) sarà varato probabilmente già da oggi. La manovra sarà per 6-7 miliardi, proroga di 18 mesi della cassa integrazione, per 4-5 ristoro Comuni e Regioni per le mancate entrate fiscali, per il resto rateizzazione al 2021(0 addirittura un taglio secco) per le scadenze fiscali sospese fino a settembre che pesano 13 miliardi.

Il deficit salirà di un punto ancora, dal 10,4 all’11,4 per cento del Pil. Ma nel frattempo il Tesoro potrà ricorrere alla clausola che consente di utilizzare il 10 per cento dei fondi del Recovery retroattivamente per le spese compatibili con le finalità del fondo fatte da febbraio di quest’anno in poi. È ipotizzabile che in via di consuntivo potranno essere scomputate molte delle spese per gli investimenti in sanità (come il potenziamento delle strutture e i macchinari per le terapie), l’ecobonus, gli incentivi auto, gli interventi sulle scuole ed altro.

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L’intesa e i fondi del Recovery Fund (La Repubblica, 22 luglio 2020)

E mentre rimane il dubbio se sia vero quello che dice Wilders, ovvero che gli italiani si sono fregati i soldi degli olandesi, oppure quello che dice Salvini, ovvero che gli olandesi si sono fregati i soldi degli italiani, il Belpaese, secondo le simulazioni del governo riceverà 81,4 miliardi in sussidi e 127 in prestiti, ma i dati definitivi potrebbero subire leggere variazioni. Solo il 70% delle risorse sarà infatti distribuito sulla base dei valori della disoccupazione 2015-2019, mentre per conoscere il restante 30% bisognerà attendere il mese di giugno del 2022: la quota-Paese, infatti, sarà calcolata in base al crollo del Pil che è stato registrato durante il periodo che va tra il 2020 e 2021. Meno l’Italia crescerà, dunque, e più soldi riceverà. Intanto arriveranno nuove entrate per ripagare il debito: la Plastic Tax andrà in vigore da gennaio mentre si attendono altre misure per il 2023: la Web Tax, la Carbon Tax e un’estensione del sistema ETS al settore navale e marittino. La Stampa spiega che nell’intesa finale è stato indebolito il sistema per subordinare l’esborso dei fondi al rispetto dello Stato di diritto per andare incontro alle richieste di Polonia e Ungheria: il Consiglio Ue deciderà a maggioranza qualificata, ma poi dovrà esprimersi anche il Consiglio europeo (che delibera all’unanimità).

I vincoli dell’Italia e il caso Quota 100

Alessandro Barbera però spiega vincoli e condizioni a cui sarà sottoposta l’Italia sostenendo che nel mirino europeo potrebbero finire le pensioni e Quota 100. Ma forse sul punto è necessaria la chiosa. La Stampa prima spiega come dovrebbe funzionare il freno di emergenza, sottolineando che non è passato il diritto di veto di un singolo paese al contrario di quello che si sostiene in giro:

Ipotizziamo che l’Italia chieda dieci miliardi a fondo perduto, ma nel frattempo il deficit a giudizio di olandesi e austriaci resti troppo alto: se facessero proseliti, il governo potrebbe vedersi rifiutato il finanziamento. In ogni caso occorrerà spiegare con precisione che cosa si intende fare con quei soldi: «In merito al soddisfacente conseguimento degli obiettivi intermedi e finali la Commissione chiede il parere del comitato economico e finanziario».

Il comitato è formato dagli sherpa dei ministri finanziari. Ipotizziamo allora che nessuno abbia obiezioni sul contributo all’Italia, ma ci siano dubbi sull’uso che ne farà. La Commissione chiede spiegazioni, e le spiegazioni non appaiono convincenti. Rinvia la questione al Consiglio, il quale «non approva pagamenti fino a quando non avrà discusso la questione in maniera esaustiva». Il testo parla di un tempo «di norma» non superiore ai tre mesi. Non precisa invece il significato di «maggioranza qualificata». Di certo non basterà il veto di un singolo Paese.

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Poi c’è il punto che riguarda le pensioni:

Al punto 128 sono indicati gli importi massimi erogabili di qui al 2027, circa 73 miliardi di euro. Qui le condizioni sono espresse in maniera generica, ma abbastanza da imporre il massimo della serietà: «Si terrà conto degli adeguamenti previsti delle retribuzioni, dell’avanzamento di carriera, dei costi relativi alle pensioni e di altre ipotesi pertinenti». Sembra scritto apposta per l’Italia, dove l’introduzione di cosiddetta Quota 100 ha permesso di mandare a riposo migliaia e migliaia di dipendenti pubblici a 62 anni. L’accordo sottolinea la necessità di «condurre un’analisi periodica del personale che garantisca l’ottimizzazione del personale» e «la sostenibilità del regime pensionistico».

Ora però attenzione. Il governo ha già confermato che Quota 100 resterà anche nel 2021, ovvero nell’ultimo anno del triennio di sperimentazione voluto dall’esecutivo che l’ha varata, ovvero quello di Lega e MoVimento 5 Stelle. È stato proprio quell’esecutivo a renderla “a tempo”, tra l’altro raccontando in giro la bugia che avrebbe incentivato l’occupazione perché avrebbe creato più posti di lavoro rispetto a quelli che andavano in pensione. Si tratta di una bufala, come è stato confermato dai numeri. Ma soprattutto: se quel governo che l’ha varata non l’ha resa strutturale ma a tempo, perché oggi l’opposizione dovrebbe lamentarsi del completamento del suo percorso?

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