Economia
La giravolta del M5S sugli ex Mercati Generali
Giovanni Drogo 22/09/2017
La Raggi annuncia con orgoglio la conclusione dell’iter progettuale sull’area nel quartiere Ostiense. Peccato però che il progetto – bloccato dal M5S dopo le elezioni – sia sostanzialmente identico a quello varato da Marino che non piaceva alla base (e ai portavoce) pentastellati dell’VIII Municipio e che ha portato alla crisi e alla caduta di Pace
Gli ex Mercati Generali saranno riqualificati e torneranno a far parte della città entro il 2020. A darne l’annuncio oggi la sindaca Virginia Raggi e l’assessore all’Urbanistica Luca Montuori che ha presentato in conferenza stampa il progetto di riqualificazione. Secondo Montuori il nuovo progetto prevede “maggiore spazio pubblico rispetto al precedente progetto: 2.500 metri quadri in più per un totale di 30 mila metri quadri” grazie al fatto che l’attuale Amministrazione è riuscita a trovare “punti di equilibrio nell’interesse dei cittadini” con una “buona interlocuzione con il proponente” risolvendo una situazione che si protrae ormai da quindici anni.
Come è cambiato il progetto di riqualificazione degli ex Mercati Generali
Il primo progetto per la riqualificazione dell’area degli ex Mercati Generali risale infatti al 2005, quando il sindaco era Walter Veltroni. L’iter del progetto è iniziato nel 2009 con la prima approvazione definitiva. In prima battuta i lavori avrebbero dovuto iniziare nel 2005 ed essere ultimati nel 2008. Nel 2010 Alemanno darà un altro “via libera” a cui segue una nuova scansione temporale dei lavori: avvio nel 2011 e conclusione nel 2014. Successivamente sono state approvate due varianti, una nel 2012 e l’ultima nel marzo del 2015.
Il progetto originale (firmato dall’architetto olandese Rem Koolhaas) prevedeva che il 40% degli spazi fosse destinato alla cultura (32.000 mq), il 19% alla ristorazione (15.000 mq) e il 41% al commercio (28.000 mq) e terziario (5.000 mq). In totale 80.000 metri quadrati oltre ai parcheggi coperti (101.000 mq) per oltre 3000 posti auto. La superficie destinata a verde e servizi era di 32.000 metri quadrati.
La variante del 2012 ha stravolto completamente il progetto facendo sparire l’Auditorium ma nemmeno sotto la giunta Alemanno i lavori sono riusciti a partire. L’ultima variate è quella del 2015 (con una riduzione degli spazi per bar e ristoranti anche perché nel frattempo in zona ha aperto Eataly) voluta dalla giunta Marino la cui caduta ha imposto l’ennesimo stop al progetto. Il nuovo accordo tra Comune e costruttori assegna al terziario il 12% degli spazi (nel progetto originale era meno della metà), togliendo spazi alla cultura, mentre al commerciale va il 45% (rispetto al 41% iniziale).
L’accordo sul progetto che non tiene conto delle richieste degli attivisti
L’accordo siglato con prevede tra le altre cose: l’obbligo di completare le opere di carattere pubblico contemporaneamente a quelle di carattere privato e di consegnare la parte pubblica entro 30 mesi dall’approvazione del progetto esecutivo; l’obbligo di riconoscere il diritto di prelazione, entro 45 giorni dalla richiesta, per l’assegnazione degli spazi a uso culturale e tempo libero a canone calmierato in favore di soggetti individuati dall’amministrazione capitolina. Montuori ha spiegato di aver lavorato all’interno del “progetto definitivo già passato in conferenza dei servizi. Rimetterlo in discussione avrebbe significato perdere molto altro tempo”. Il commerciale, ha spiegato Montuori, riveste il 45% della superficie. Ma soprattutto Raggi e Montuori sembrano essere riusciti a superare le resistenze degli attivisti pentastellati che l’anno scorso si erano messi di traverso al progetto. Famosa l’uscita dell’allora (poi ex) Presidente della commissione Urbanistica dell’VIII Municipio che voleva cassare il progetto per difendere l’ecosistema naturale e le papere e i germani che avevano preso residenza nell’area.
In testa ai duri e puri c’era l’ex Assessore all’Urbanistica Paolo Berdini che riteneva che il progetto presentato dal proponente non fosse accettabile per la mancanza di spazi verdi. Anche Paolo Pace – all’epoca Presidente del VIII Municipio – chiedeva la realizzazione di nuove opere integrative a favore del quartiere anche se sostanzialmente si sarebbe accontentato di far approvare il progetto così com’era. Messo alle strette dalla base che invece era contraria al progetto Pace è stato messo in minoranza e costretto alle dimissioni. Anche il Tavolo M5s Urbanistica – coordinato da Francesco Sanvitto (già autore della delibera di revoca del pubblico interesse per Tor di Valle) – interpellato da numerosi consiglieri pentastellati aveva espresso parere contrario al progetto.
Guerra e Pace sui Mercati Generali
Ma soprattutto, sui Mercati Generali si era scatenata la guerra che aveva portato allo scioglimento dell’VIII Municipio, con tanto di polemiche fratricide all’interno del MoVimento. La maggioranza dei consiglieri eletti all’epoca non era assolutamente d’accordo con l’ok di massima al progetto che era arrivato dal municipio e dal comune e avrebbe voluto uno stravolgimento importante del progetto. Che nei fatti non è avvenuto.
Ad esempio in questo status di Chiara Pascolini, consigliera all’VII, si diceva che la parte commerciale, “cioè i privati che lucrano grazie ai soldi pubblici, ovvero la morte delle piccole e medie attività commerciali e artigianali presenti sul territorio“, era del 45%. Ovvero la stessa percentuale assicurata al progetto a cui oggi la Giunta Raggi ha dato ufficialmente l’ok.
Nel gruppo Facebook del Tavolo di lavoro Sanvitto è piuttosto critico nei confronti dell’operazione e scrive che in buona sostanza il progetto annunciato in pompa magna dalla Raggi è sostanzialmente lo stesso già fatto approvare da Marino. Un compromesso che evidentemente non piace a chi nel M5S ha lottato contro la nascita di nuovi grandi centri commerciali. La Raggi oggi ha annunciato che il Campidoglio ha ricominciato a dettare le regole a partire dall’Urbanistica. Sembra invece che la giunta del MoVimento 5 Stelle abbia scelto di procedere sulla via tracciata da Chiara Appendino a Torino che in materia di sviluppo urbanistico ha preferito confermare le scelte delle precedenti amministrazioni. Non è detto che questo sia sbagliato in sé – se non altro significa che le precedenti amministrazioni non hanno solo colpe – ma non è certo il cambiamento che si aspettavano i cittadini.