La colata di cemento di Chiara Appendino

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-03-03

Se a Roma Virginia Raggi non riesce a far cambiare il vento a Torino l’alternativa rappresentata da Chiara Appendino non è poi così chiara. Fino ad ora a livello urbanistico i 5 Stelle si sono distinti per aver seguito la linea delle amministrazioni del Partito Democratico, anche quando si erano pubblicamente impegnati in Consiglio Comunale a non farlo

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Negli ultimi giorni a Torino sono circolate voci di una “rottura in corso” tra la sindaca Chiara Appendino e il suo fedelissimo vicesindaco nonché assessore all’Urbanistica Guido Montanari. I rapporti tra i due sarebbero diventati più freddi in seguito ad alcune scelte operate dalla Appendino e dalla maggioranza a Cinque Stelle in materia urbanistica. C’è chi dice che Montanari sarebbe addirittura in procinto di abbandonare la giunta ma la sindaca ha smentito tutte le indiscrezioni dicendo che con Montanari stanno “lavorando insieme, sta portando avanti diversi dossier. C’è piena condivisione, è in prima fila, ve lo assicuro”.

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La delibera del 23 febbraio che annulla la mozione di novembre

Il programma di sviluppo urbanistico della Appendino è quello del PD

Nessun problema di giunta quindi, a Torino non sta per scatenarsi quello che è successo a Roma dove l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini prima di dimettersi si è dilettato nella diffamazione anonima ai danni della Raggi con la quale evidentemente non condivideva le scelte da prendere sul progetto del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle. Ma a Torino come a Roma il nodo dell’urbanistica e dello sviluppo della città è cruciale sia per le ambizioni dei Cinque Stelle di costituire un’alternativa valida alla vecchia politica troppo al servizio dei “palazzinari” sia per sanare il debito del Comune. Anche a Torino infatti la giunta ha ereditato dall’amministrazione precedente un progetto di riqualificazione urbanistica che – quando i Cinque Stelle erano all’opposizione – avevano fortemente avversato. Si tratta dell’operazione edilizia sull’area della ex-Westinghouse un’area dove dovrebbe sorgere un grande centro commerciale.
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Questo è quello che scrivevano i pentastellati quando erano all’opposizione e promettevano che “avrebbero vigilato sull’operazione” invitando l’Amministrazione (di Piero Fassino) ad un confronto con la cittadinanza in modo da garantire “una più ampia partecipazione dei cittadini al processo decisionale”. Uno degli ultimi atti di una battaglia che il MoVimento torinese stava combattendo da anni, visto che l’area dove sorgerà il nuovo centro commerciale vicinissimo al centro città doveva inizialmente ospitare una biblioteca, anzi, la biblioteca principale della città. Progetto che poi è stato abbandonato a favore di un nuovo tipo di insediamento, non senza le lamentele del MoVimento 5 Stelle che ora si trova ad avallare quella stessa decisione che per anni ha osteggiato duramente. Tanto che all’epoca Davide Bono su Facebook scriveva: “Ma secondo voi servono altri 10 ipermercati a Torino? Per “chi comanda a Torino” ancora edilizia e centri commerciali, intanto in centro chiudono tutti i negozi. grazie Piero Fassino, grazie #pd. il MoVimento Cinque Stelle Torino si farà sentire!!“. E si è fatto sentire. La Sindaca Appendino ha giustificato la decisione spiegando che il Comune potrà così incassare 19,6 milioni di euro che potranno essere così messi a bilancio e utilizzati per sostenere il capitolo cultura e altre iniziative del Comune. Casualmente si tratta della stessa spiegazione data nel 2014 dall’allora assessore all’Urbanistica Stefano Lo Russo che in un’intervista su Repubblica aveva motivato allo stesso modo la decisione della giunta Fassino. Naturalmente la decisione di Appendino non era piaciuta ai duri e puri del MoVimento e anche Montanari si era sentito in dovere, a fine dicembre, di intervenire sulla questione continuando però a definire “un errore urbanistico enorme” la ex-Westinghouse:

le amministrazioni di Torino e di cintura in poco più di 15 anni hanno autorizzato più di 40 di queste strutture che effettivamente hanno indebolito i tessuti commerciali urbani e promosso stili di vita poco sostenibili. Attuando alcune scelte non prese da noi e che se non avessimo proseguito avrebbero provocato, danni patrimoniali e legali alla città (per circa 50 milioni!) saranno autorizzate tra 2016-2017 cinque grandi strutture nelle seguenti zone: c.so Romania, Mirafiori, via Botticelli, ex Regaldi, ex Westinghouse. Di queste una è un ampliamento, un’altra una sostituzione, quindi i dati reali sono circa 3. Insomma se si fa una media nel quinquennio siamo a circa 3 contro circa 13 delle precedenti amministrazioni. Oltre tutto, ripeto, sono scelte attuate in conseguenza decisioni non nostre e ragionevolmente non modificabili. per spiegare che “non era colpa loro” ma di decisioni prese dalle precedenti amministrazioni.

Sempre in quel post Montanari poneva la questione “problematica” delle aree commerciali con superficie compresa tra i 500 e i 5.000 metri quadrati spiegando che ne sarebbero state autorizzate due (una in corso Vercelli e una in corso Traiano) dalle quali però la città – grazie ad oneri di urbanizzazione, nuove aree verdi, piste ciclabili e assunzioni di personale – avrebbe tratto grande beneficio. Il che è incredibilmente simile – anche se in piccolo – a quello che si diceva su Tor Di Valle. Il 22 febbraio scorso però il Comune con una delibera ha autorizzato un altro supermercato da 2.500 metri quadrati al fondo di corso Francia. La delibera aveva lo scopo di utilizzare i proventi degli oneri urbanistici per finanziare la spesa corrente e – casualmente? – non è stata firmata da Montanari. Curiosamente nella mozione 91/2016  fatta approvare il 28 novembre 2016 e annullata dalla delibera di febbraio l’Amministrazione Comunale si impegnava a fare esattamente il contrario cioè a non utilizzare in futuro gli oneri derivanti dai permessi a costruire per finanziare la spesa corrente preferendo invece che venissero destinati agli investimenti (e qui è strano che il ragionier Grillo non si sia pronunciato come suo solito).
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Quando Chiara Appendino si impegnava a investire gli oneri urbanistici nello sviluppo del territorio

Nel dietrofront della Appendino non c’è nulla di illegale, beninteso, ma è indubbio che la decisione sia stata vista come un tradimento dall’ala dura e pura (ed ecologista) del MoVimento. Ala della quale Montanari è l’esponente principale. Anche perché non c’è solo la ex-Westinghouse o la nuova area commerciale, come ricordava qualche qualche tempo fa l’ex assessore Lo Russo le operazioni urbanistiche (che nella logica dei Cinque Stelle sono “colate di cemento”) della Appendino sono tutte in linea con quanto stabilito dalla giunta Fassino:

Linea 2 della metro, Città della Salute, Corso Grosseto, Centro Congressi Westinghouse, Zoom al Michelotti, Residenza universitaria di Via Malta, l’Ascom Village, la RSA di via Benevento, gli interventi commerciali su Corso Romania, corso Traiano, Corso Vercelli, via De Sanctis, nell’area Venchi Unica, Scalo Vanchiglia-Regaldi, nell’area TNE, in Strada del Portone. Insomma, a ben guardare il buon Montanari per il momento sta lavorando bene nell’attuare tutto, ma proprio tutto, quello che ha trovato e che andava solo completato dal punto di vista amministrativo.

Si attende ora il sette marzo quando Appendino spiegherà al Consiglio le ragioni della delibera del 22 febbraio, ma se la storia dei Cinque Stelle a Torino ci ha insegnato qualcosa la spiegazione non dovrebbe essere molto distante dal “dobbiamo farlo perché l’hanno deciso quelli prima di noi” o dal “è necessario per sanare la situazione di bilancio ereditata da Fassino”. Qui però stiamo parlando del bilancio 2017, non di quello del 2016, e soprattutto, dal punto di vista politico, della battaglia sugli oneri urbanistici e sul loro utilizzo. Battaglia nella quale i Cinque Stelle negli anni scorsi si sono sempre contraddistinti per una linea intransigente ma chiara: ovvero quella di non utilizzarli per finanziare la spesa corrente. A quanto pare però, stando dalle mosse dell’Amministrazione a Cinque Stelle il tanto promesso cambiamento non c’è stato e a Torino molto continua ad essere come prima. E pensare che nel programma elettorale di Chiara Appendino l’Urbanistica era al primo punto, un programma all’insegna della partecipazione, del “consumo di suolo zero” e dove in merito all’utilizzo degli oneri urbanistici si leggevano cose come questa:
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Chi lo spiega a Montanari e soprattutto, chi lo spiega agli elettori del MoVimento 5 Stelle? Qualcuno dovrebbe chiederlo a Beppe Grillo, quando ha un minuto da dedicare a Torino dopo aver risolto la questione dello stadio della Roma.

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