La discriminazione della Regione Veneto sul buoni libro per gli alunni immigrati

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-10-15

Dopo il caso delle mense negate a Lodi in Veneto la Regione a guida leghista usa lo stesso metodo per rendere più difficile la richiesta dei contributi per i testi scolastici da parte delle famiglie extracomunitarie. L’assessora Donazzan si difende dicendo che ha solo applicato la legge. Ma in realtà la legge dice che i cittadini stranieri godono di parità di trattamento. Perché il “prima gli italiani”è solo uno slogan, non una legge

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L’assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro, Reindustrializzazione del Veneto Elena Donazzan, famosa per indossare una collanina con una croce celtica ed aver definito una “provocazione futurista” il saluto romano fatto durante un 25 aprile da alcuni aderenti alla Giovane Italia (organizzazione giovanile del PDL), proprio non ci sta a passare per razzista. Il Veneto – fa sapere a mezzo stampa – «non si è inventato nessuna norma anti-immigrati, si limita ad applicare la legislazione nazionale in materia di erogazioni e contributi e chiede ai Comuni di rispettarla». La questione che minaccia di esplodere è quella di un nuovo “caso Lodi” alla veneta. La Regione Veneto ha infatti deciso di chiedere ai genitori di origine extra UE che chiedono le agevolazioni per l’acquisto dei libri di testo scolastici un certificato che dimostri che non possiedono proprietà all’estero.

Come il Veneto discrimina i figli degli immigrati poveri

Secondo la Donazzan non c’è alcuna forma di discriminazione e su Facebook si chiede “agli italiani verifichiamo ogni cosa: perché dovremo [sic!] trattare diversamente gli stranieri?”. La spiegazione della Regione è che non sta facendo altro che applicare la norma vigente. La stessa spiegazione data a Lodi dove il comune che ha richiesto ai cittadini di origine extracomunitaria di produrre documentazioni catastali per poter accedere ai contributi per la mensa e il servizio scuolabus.

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Il post in cui l’assessore all’Istruzione confonde condizionale e futuro del verbo dovere

Non a caso nel comunicato stampa dell’assessorato viene richiamata la norma in base alla quale la Regione ha ritenuto dover chiedere ai cittadini di origine straniera di presentare, assieme all’ISEE anche la documentazione che attesti che la famiglia non possiede immobili o altre fonti di reddito all’estero. Lo stesso però non è richiesto alle famiglie italiane. E chiaramente le spese per i certificati e le attestazioni (ivi comprese le traduzioni) e che possono arrivare a 400 euro sono a carico dei richiedenti. Che non navigano certo nell’oro visto che il buono libri è destinato principalmente alle famiglie che rientrano nella fascia ISEE da zero 10.632,94 euro.

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Ci sono poi ulteriori difficoltà, pensiamo ad esempio a quelle famiglie che si trovano in Italia perché sono scappate da guerre e persecuzioni. Magari nel loro paese hanno una casa, ma è stata bombardata o distrutta o semplicemente perché gli immobili sono stati espropriati e i beni confiscati (successe ad esempio durante la guerra tra Eritrea e Etiopia). Oppure non ce l’hanno ma il paese d’origine non ha un catasto centralizzato quindi è praticamente impossibile produrre gli incartamenti necessari. C’è poi il caso di quei cittadini extracomunitari sono diventati cittadini italiani. Un italiano di origine senegalese non è tenuto a presentare nessuna certificazione mentre un immigrato senegalese regolarmente residente sì.

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Quando Zaia usava i “nuovi veneti” ovvero gli immigrati che lavorano in Veneto per fare propaganda per il referendum sull’autonomia

Inoltre in quanto residenti in Italia, anche se senza reddito, e dal momento che hanno presentato la dichiarazione ISEE i cittadini extracomunitari hanno già dichiarato se hanno o non hanno redditi o proprietà immobiliari all’estero. Lo si fa compilando il quadro RW della dichiarazione dei redditi (ma anche 730 o 730 precompilato). Se il quadro non è stato compilato è una prova che per la Pubblica Amministrazione può essere considerata valida dell’assenza di patrimoni immobiliari “nascosti all’estero” (poi è tutto da valutare il valore immobiliare di una capanna di fango in Burkina Faso).

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Perché il “prima gli italiani” è una balla giuridica

L’assessore Donazzan dice che il Veneto sta solo applicando la legge. Eppure risulta che in Emilia Romagna e in Puglia per poter presentare la domanda per il buono libri sia sufficiente compilare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), procedura che in Veneto invece è riservata solo agli italiani. Ma cosa dice la legge? La Regione, così come il Comune di Lodi, cita l’articolo 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, l’articolo 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 spiegando che quest ultimo fu approvato Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri Massimo D’Alema. Insomma è stata la sinistra ad emanare la legge che oggi i buonisti contestano. Eppure proprio ieri Salvini scriveva su Facebook che qualora non fosse stato possibile produrre la documentazione richiesta sarebbe andata bene un’autocertificazione.

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E tu quale versione di Matteo Salvini preferisci? Quella che vuole l’autocertificazione o quella che “è finita la pacchia”?

Ma la legge però va applicata tutta. Sul sito Costituzione.info l’avvocato Patrizio Ivo D’Andrea – che ha conseguito un dottorato di ricerca in diritto costituzionale – segnala infatti che l’art. 2, comma 5, del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 289 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione) prevede che «allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge». E lo stesso stabilisce l’Unione Europea quando dice che il cittadino extracomunitario residente in un paese dell’Unione «gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda: […] le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale».

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Fonte 

Inoltre, rileva sempre D’Andrea,  l’art. 10 del d.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 prevede che ciascun richiedente, senza specificazione della nazionalità e della provenienza possa presentare una un’ unica dichiarazione sostitutiva per quanto concerne il suo nucleo familiare. Per ottenere l’Indicatore della situazione economica equivalente non è necessario presentare una dichiarazione dei redditi maturati all’estero da parte del paese di provenienza.  Va inoltre ricordato che il contributo economico o le agevolazioni di cui stiamo discutendo in questi giorni sono destinate a soggetti in situazioni di bisogno (alcuni dei quali magari sono titolari di alloggi popolari quindi il cui status è riconosciuto anche dalle amministrazioni comunali) che vengono determinate tramite la dichiarazione ISEE. A rigore di logica se davvero avesse voluto accertare la Regione (e il Comune di Lodi) avrebbe potuto chiedere di presentare una dichiarazione dei redditi anche se vige il principio per cui le PA non possono chiedere dati già in possesso di altre PA per cui appunto è sufficiente l’autocertificazione (come infatti vale per gli italiani). Limitare la possibilità di presentare l’autocertificazione ai soli cittadini italiani presenta, conclude D’Andrea, profili di illegittimità perché stabilisce una disparità di trattamento tra cittadini residenti. Non è peraltro la prima volta che in Veneto ci provano a mettere “prima i veneti”. A maggio la Corte Costituzionale aveva bocciato una norma regionale che stabiliva che la residenza protratta per 15 anni costituiva titolo di precedenza per l’iscrizione all’asilo. Anche in quel caso la politica giocava la carta dell’esclusione partendo dalla categoria più debole: i figli degli immigrati.

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