Come Trump sta per condurre gli USA verso il disastro sanitario Coronavirus

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-03-13

Quattro giorni fa il Presidente USA diceva che Covid-19 è come una normale influenza, anche che l’influenza uccide più persone del coronavirus. Ieri si è affrettato a chiudere i voli con l’Unione Europea, ma è troppo tardi. Gli americani pagheranno un costo altissimo per le bugie di Trump (che da tre anni taglia i fondi al CDC)

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Qualche tempo fa avevamo scritto che l’epidemia di coronavirus poteva essere la “Katrina” di Donald Trump. La gestione dell’epidemia degli USA potrebbe infatti rappresentare per l’attuale Presidente quello che la disastrosa esperienza dell’emergenza dell’uragano Katrina – che colse completamente impreparato il governo federale causando un’immane tragedia in Florida – rappresentò per la Presidenza Bush (che era al suo secondo mandato) e per il partito repubblicano, spianando la strada a Barack Obama.

Trump continua a raccontare balle agli americani

I dati di oggi parlano di 1.268 casi di contagio da Covid-19 negli Stati Uniti, 10 giorni fa i contagi erano appena 88. Ciononostante Trump è ottimista, l’America è un grande paese, ce la faremo, sconfiggeremo il coronavirus eccetera eccetera. Il Presidente ovviamente ha ricordato che stanno agendo con la massima velocità e risolutezza, ricordando i controlli cui vengono sottoposte le persone provenienti dalla Cina e ribadendo che gli statunitensi sono i migliori del mondo.

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Abbiamo dichiarato l’emergenza sanitaria, ha detto ieri Trump rivolgendosi alla Nazione, spiegando che «l’Europa non ha preso le necessarie precauzioni e non ha bloccato i voli con la Cina, e come risultato ci sono numerosi focolai epidemici sul continente». Vale la pena far notare due cose. La prima: l’Italia ha bloccato i voli diretti con la Cina una settimana prima degli USA (23 gennaio da noi, 31 gennaio negli Stati Uniti). Questo non ha impedito all’Italia di trovarsi al centro del focolaio epidemico europeo. La seconda: gli USA bloccano i voli diretti con l’Unione Europa, vero, ma non quelli con il Regno Unito dove il primo ministro Boris Johnson ha detto pubblicamente che i britannici devono prepararsi a veder morire i propri cari prima del tempo a causa del coronavirus.

Le misure prese da Trump non servono più nulla

Trump non dice che i voli sono stati bloccati troppo tardi quando ormai chi poteva partire dalle zone infette ha già fatto ritorno a casa. Non dice che il blocco dei voli dalla Cina non ha avuto alcun effetto in Italia e che ormai il coronavirus è già sul suolo statunitense. No, Trump dice che «dal momento che abbiamo una politica di controlli al confine molto forte abbiamo solo 40 decessi» e che «se avessimo avuto i confini aperti quel numero sarebbe molto più alto». Ma anche questa è una balla, una di quelle cui possono credere solo quelli che pensano che un confine o un controllo alla dogana possano fermare la diffusione del virus. Ma soprattutto: chiudere i confini quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia a cosa serve? Il coronavirus è già globale.

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Sappiamo invece che di coronavirus non si muore subito, ci vogliono parecchi giorni, anche settimane da quando si è stati contagiati. E sappiamo che gli Stati Uniti sono 12 giorni indietro rispetto all’Italia. Significa che l’epidemia negli USA è (circa) nella situazione in cui da noi era ad inizio marzo. Se guardiamo i dati del 1 marzo in Italia avevamo 1.577 persone contagiate e 34 decessi. Un dato perfettamente in linea con quello statunitense attuale.

Con la bella differenza, per noi, che in Italia abbiamo fatto più test, più tamponi, che abbiamo un sistema sanitario migliore in grado di prendersi cura di tutti, anche di quelli che non possono pagarsi le cure e non hanno l’assicurazione sanitaria. E vedrete che questa differenza sarà cruciale negli Stati Uniti.

Come Trump ha preparato gli Stati Uniti al disastro sanitario

Trump invece cosa fa? Continua a dare la colpa ad Obama perché non aveva saputo – a suo dire – gestire l’epidemia di influenza H1N1. E dà la colpa al Center for Disease Control, l’equivalente del nostro Istituto Superiore di Sanità o dell’ECDC europeo, dicendo che non è in grado di fare i test, non è in grado di affrontare una pandemia su larga scala (una pandemia per definizione è su larga scala) e che non sono abbastanza rapidi nell’eseguire le analisi.

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Incredibilmente è lo stesso Donald Trump che il 9 marzo, esattamente quattro giorni fa, sosteneva che questo coronavirus non era una cosa poi così grave, che gli americani morivano più a causa della banale influenza che per il coronavirus (dove le abbiamo sentite certe cose?) e che quindi c’era poco di cui preoccuparsi. Il 9 marzo i casi di Covid-19 negli USA erano 546, con 22 decessi. In quattro giorni sono praticamente raddoppiati.

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Perché una cosa che Donald Trump non dice è che aveva proposto tagli da miliardi di dollari per il CDC e per l’Infectious Diseases Rapid Response Reserve Fund. La stesso Trump che nel 2017 aveva congelato 700 assunzioni di personale al CDC. Eppure il Presidente ancora qualche giorno fa prometteva l’impossibile: il vaccino sarebbe arrivato presto e avrebbe salvato gli americani prima ancora dell’arrivo del virus negli Stati Uniti. E non finisce qui perché l’Amministrazione Trump ha sistematicamente mentito sui preparativi all’emergenza sanitaria, arrivando a bloccare l’opera di tecnici e scienziati che avvertivano la Casa Bianca sui rischi imminenti. Da due mesi Donald Trump ha fatto qualsiasi cosa fosse in suo potere per minimizzare il problema del coronavirus: propaganda sui social, accuse ai funzionari e tagli ai finanziamenti. Il coronavirus sarà la tempesta perfetta per gli Stati Uniti di Trump, che mentre eccitava le folle con il suo muro ai confini con il Messico ha smantellato l’unica risorsa in grado di combattere l’epidemia. Chissà se il muro fermerà il Coronavirus.

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