Attualità
Come Marco Travaglio ha preso la liberazione di Carola Rackete
Giovanni Drogo 03/07/2019
Oggi sul Fatto Quotidiano il Direttorissimo ci racconta di quanto i suoi lettori apprezzino la linea equilibrata del suo giornale sulla Sea Watch e sulle Ong, una linea sempre attenta ai fatti che mai si lascia andare al tifo per una parte o per l’altra. Ma forse in questi ultimi mesi abbiamo letto un altro giornale
Qualche giorno fa Il Foglio ha pubblicato un curioso retroscena sulla vita nella redazione del Fatto Quotidiano. Dopo la pubblicazione di un articolo sulla “rivolta” dei giornalisti del Fatto che accusavano il Direttore di essere “troppo grillino” Travaglio ha fatto appendere in redazione un avviso all’anonimo delatore in cui si definisce il Fatto Quotidiano «il giornale più libero d’Italia». Ebbene, il Fatto è un giornale talmente libero che oggi smentisce al suo direttore. Perché sulla Sea Watch la linea la detta il Direttore. Il problema è che Travaglio sta vivendo un dramma interiore.
Quando Travaglio ci spiegava i crimini della Sea Watch
L’editoriale di oggi delinea i contorni del travaglio interno al Direttore del Fatto Quotidiano. Appoggiare la linea dura sulle Ong, come ha sempre fatto sfidando il senso del pudore, e trovarsi di nuovo dalla stessa parte di Matteo Salvini che attacca i giudici e la magistratura. Oppure rispettare le decisioni del Gip di Agrigento e finire così per difendere la Sea Watch? Si parte da un pretesto: gli incontri con i lettori del FQ per il decimo compleanno del giornale. Travaglio scrive che sull’argomento «la comunità
[dei lettori NdR]del Fatto si divide a metà». Da una parte chi «solidarizza con questa donna coraggiosa e generosa» dall’altra quelli «più sensibili alla legalità». E Travaglio? Lui scrive che il Fatto è un giornale che non si è schierato tra le due tifoserie. Deve essere per questo che continua a proporre la storia della Sea Watch che poteva portare i migranti «negli altri porti sicuri più vicini» invece che in Italia. Quali? Travaglio non lo scrive. Forse perché sa che non ce n’erano.Travaglio va capito: è difficile uscire dalla posizione dove ha spinto il suo giornale a colpi di editoriali sui “crimini” delle Ong. Crimini fino ad ora mai provati nelle aule di Tribunale, dove risulta che avvengano i processi, ma che per per il Direttore del Fatto sono in ogni caso “oggettivi”. Curiosamente è proprio quello che dice, con altri toni, il ministro dell’Interno. Il quale però a differenza di Travaglio non ha quel background giuridico che gli consente di spiegare a denti stretti che la decisione del Gip è legittima e che non significa certo che la vicenda è chiusa. Eppure Travaglio non scrive che ieri Patronaggio ha riferito alla Camera che «non è stato fino ad ora provato il preventivo accordo tra trafficanti di esseri umani ed ong». Quando Travaglio scrive che la manovra di accostamento al molo della Rackete ha messo a rischio la vita dei «militari che per legge hanno l’obbligo di impedire l’attracco a imbarcazioni non autorizzate» è così libero che non si chiede come mai con le decine di sbarchi fantasma a Lampedusa i barchini degli scafisti siano arrivati tranquillamente in porto senza alcun disturbo.
Il senso di Travaglio per i fatti, quelli veri
Il senso del discorso di Travaglio è che la partita giudiziaria è ancora aperta. Chissà, Carola Rackete potrebbe essere condannata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Se non fosse che proprio il procuratore capo Luigi Patronaggio ha chiarito che «si discuterà se il salvataggio dei migranti è stato effettuato per stato di necessità» e che ha intenzione di verificare «se i porti libici sono sicuri, se la zona Search and Rescue libica è efficacemente presidiata dalla guardia costiera libica, se vi sono stati contatti tra i trafficanti di esseri umani e la Sea-Watch». Tre elementi che già ora consentono di dire che forse la Sea Watch ha ragione visto che la Libia non è un porto sicuro e che i presunti contatti non ci sono. Potrebbe farlo anche Travaglio ma appunto dovrebbe sconfessare la linea del suo libero giornale. Lo potrebbe fare così, liberamente.
Oggi il Direttore del Fatto scrive che «ora che la crisi è chiusa, la ricostruzione dei fatti deve prevalere sulle emozioni di quei 17 giorni convulsi». Chissà se è lo stresso Travaglio che qualche giorno fa ci spiegava che la Sea Watch «decide di venire in Italia perché è il paese che ha deciso di prendere di mira perché legittimamente non condivide le politiche migratorie italiane». Ma anche sui fatti Travaglio ha qualche problema. Nel suo editoriale di ieri (intitolato la congiura dei fatti) se la prendeva con quelli che dicevano che in Europa l’italia è isolata sulle nomine UE. Scriveva che «pare che ora, senza il voto dell’Italia, non si riesca a formare la nuova Commissione. Quindi isolata un par de ciufoli».
I fatti però sono questi: la fedelissima della Merkel Ursula von der Leyen (Germania) sarà la Presidente della Commissione, Charles Michel (Belgio) il Presidente del Consiglio Europeo, Josep Borrell (Spagna) l’ Alto Rappresentante e la francese Christine Lagarde (già a capo del FMI) succederà a Mario Draghi come Governatore della Banca Centrale Europea. I fatti? L’Italia si è opposta alla nomina di un socialista, schierandosi con il blocco di Visegrad e finendo per fare il gioco di Francia e Germania. Ma non ditelo a Travaglio.
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