I pastori sardi e le balle di Salvini su un euro al litro di latte

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-02-15

Ieri il vicepremier aveva promesso che non si sarebbe alzato dal tavolo senza un accordo. Poi si è alzato dal tavolo senza un accordo. La sua soluzione di mediazione è stata bocciata

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Matteo Salvini aveva annunciato che non si sarebbe alzato dal tavolo dei pastori sardi sul prezzo del latte di pecora finché non avrebbe raggiunto l’accordo per farlo pagare un euro al litro. Poi ieri si è alzato dal tavolo senza aver raggiunto un accordo.

I pastori sardi e le balle di Salvini su un euro al litro di latte

Il governo propone di passare da 60 a 70 centesimi al litro e poi a un euro nell’arco di tre mesi. La vertenza è sospesa e rimandata a sabato prossimo, ma in Sardegna, dove da domenica il leader della Lega si trasferirà quasi per l’intera settimana in vista del voto del 24 febbraio. La coincidenza tra il voto e la vertenza fa pensare che Salvini farà di tutto per annunciare un accordo prima dell’apertura delle urne per ovvi motivi.  Nel corso dell’incontro al Viminale, alla presenza della filiera del latte e della Regione Sardegna, ha messo sul piatto 44 milioni di euro per il ritiro di 67.000 quintali di forme di formaggio in eccedenza sul mercato: proprio il ministero dell’Interno dovrebbe stanziare 14 milioni di euro, il ministero per l’Agricoltura del leghista Centinaio altri 10 milioni come pure la Regione, i restanti 10 il Banco di Sardegna.

Attenzione, quindi: la soluzione ventilata nei giorni scorsi dal ministero dell’Interno, che prevedeva invece l’acquisto del latte dei pastori sardi, si è quindi rivelata una fregnaccia come si era preventivato (piuttosto facilmente, per carità) da queste parti. Ma c’è di più: la soluzione prospettata da Viminale e ministro dell’Agricoltura prevede che l’incentivo venga intascato dai produttori di formaggio, ovvero proprio da quelli che i pastori sardi combattono. Non è curioso tutto ciò?

Per fare un tavolo ci vuole il legno

Il Sole 24 Ore spiega oggi che gli allevatori hanno giudicato troppo basso il prezzo di 70 centesimi al litro offerto dai produttori di formaggio e non si dicono disposti a portare a casa meno di un euro. Da giorni sono scesi in strada bloccando la viabilità in Sardegna e anche il regolare funzionamento degli stabilimenti produttivi del pecorino. Rispetto ai 60 centesimi che ricevono oggi, dieci centesimi in più non vengono ritenuti adeguati.

Il no degli allevatori è rimasto nonostante i tentativi di mediazione del governo e della Regione Sardegna, che ieri hanno messo sul tavolo 44 milioni di euro per ritirare dal mercato 67mila quintali di forme di pecorino romano, in modo da diminuire l’offerta di formaggio e quindi farne salire il prezzo.

«È chiaro che i benefici economici del ritiro ci metteranno almeno tre mesi per dispiegarsi, ma fra tre mesi arriveremo a un euro al litro», ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini, artefice della convocazione del tavolo tra allevatori e produttori, cui ha partecipato anche il ministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaio. Ma il no degli allevatori al momento blocca tutto: persino in Grecia dove la crisi è più forte, sostengono, il latte ovino è pagato 90 centesimi al litro.

Per fare un tavolo ci vuole il legno. Per fare il legno ci vuole l’albero.

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