Pastori sardi: tutti i numeri del latte versato

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-02-12

Perché i pastori sardi protestano, dove nasce la crisi dei prezzi e perché non è così semplice risolverla. Anche se i politici vi dicono di sì

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Il latte versato dei pastori sardi entra nel dibattito politico. Grazie alle elezioni in Sardegna che si avvicinano la protesta del latte versato dei pastori sardi comincia a fare breccia sui media e c’è chi ci si tuffa: Matteo Salvini su Facebook dice che lo Stato deve stabilire «un prezzo minimo di contrattazione, anche con una eventuale parte di sovvenzione». Ovvero, propone che i problemi del settore vengano posti a carico della collettività e che il conto lo paghino i cittadini.

Anche per il candidato alle primarie del Partito Democratico Nicola Zingaretti sostiene che il prezzo del latte di pecora che serve per il pecorino romano sia troppo basso, ma per ora non immagina soluzioni (che non sono così semplici, come abbiamo spiegato nei giorni scorsi). Intanto i pastori rimangono stritolati in una morsa che — calcola il Centro studi agricoli regionale — «rischia di mettere in ginocchio il 90% delle aziende del settore», secondo uno schema che, spiega oggi Repubblica in un articolo di Ettore Livini, si ripete da troppo tempo:

Capita ciclicamente da anni, ma nessuno riesce a farci niente. La filiera mette un tetto alla produzione, il prezzo sale e a quel punto «qualcuno — spiega Cualbu — fa subito il furbo»: i caseifici ignorano le quote inondando il mercato di forme extra («magari usando latte romeno», ha buttato là il ministro all’Agricoltura Gian Marco Centinaio) e le quotazioni crollano. «Un giro di giostra dove distribuzione e trasformatori fanno i soldi e il cerino resta in mano a chi lavora in stalla», dice Cualbu.

È successo nel 2015 quando il valore del pecorino all’ingrosso è schizzato a 9,3 euro al chilo ma solo la metà del rialzo è stata girata ai pastori. È capitato di nuovo nel 2018: l’accordo era produrre 280mila quintali di formaggio ma sul mercato ne sono arrivati 341mila. Il prezzo — 7,7 euro al kg. a gennaio — ha iniziato a calare e i tentativi di smaltire le eccedenze (oggi in magazzino ce ne sono 100mila quintali) l’hanno affossato ai 5,6 euro attuali.

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Tutti i numeri del latte versato (La Repubblica, 12 febbraio 2019)

Chi paga il conto? In teoria ci sono multe per chi va oltre i limiti produttivi. Ma è poca roba. 16 centesimi al chilo. Briciole per l’industria. Che oltretutto — quando le cose vanno male — può rifarsi su chi sta a monte della filiera. La prova? Un litro di latte di pecora vale oggi 56 centesimi, il 23% in meno di luglio. Cifra che da sola basta a spiegare la rabbia esplosa negli ovili sardi, vittime del corto circuito di una filiera i cui protagonisti non si parlano — anzi si fanno la guerra — penalizzando uno dei re dei Dop nazionali. Con 200 milioni di ricavi l’anno ed esportazione del 50% della produzione in Usa.

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