Marco Pantani e Stefano Cucchi: per Salvini la droga fa male solo quando gli porta voti

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-01-14

Oggi il leader della Lega ha voluto ricordare che sarebbe stato il cinquantesimo compleanno del Pirata. Lo fa da tifoso ma anche da politico, perché sa che Pantani è ancora molto amato in Emilia-Romagna. Ed è per questo che evita di ricordare che morì per overdose da cocaina

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«Se qualcuno lo ha fatto è giusto che paghi, sono vicinissimo alla famiglia e ho invitato la sorella al Viminale, questo testimonia che la droga fa male sempre e comunque» . Così Matteo Salvini commentava la storica sentenza sull’omicidio di Stefano Cucchi. Per il leader della Lega un ragazzo morto a 31 anni a causa delle percosse mentre era in stato di custodia cautelare era morto per colpa della droga che fa male sempre e comunque. E che la droga faccia male non serve certo Salvini a dircelo, anche perché è quello che ha scatenato una guerra ridicola sulla cannabis light e una ancora più ridicola repressione a base di retate nelle scuole.

Il doppio standard di Salvini sulla “droga che fa male sempre e comunque”

Ma evidentemente non tutta la droga fa male. O abbastanza male da essere il pretesto per derubricare la morte di una persona ai suoi comportamenti autolesionistici. Perché oggi Matteo Salvini ha ricordato Marco Pantani che oggi avrebbe compiuto 50 anni. Il Pirata però è morto il 14 febbraio 2004, a soli 34 anni, a causa di un’overdose da cocaina e psicofarmaci antidepressivi. Il leader della Lega però ha omesso questo particolare. Un dettaglio che nulla toglie alla grandezza del Pantani sportivo e campione di ciclismo. Così come commentare la morte di Cucchi dicendo che «la droga fa male sempre e comunque» non aggiunge nulla alla tragica vicenda del geometra romano morto dopo essere stato arrestato dai Carabinieri.

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Eppure per Stefano Cucchi Matteo Salvini non ha avuto la stessa accortezza e sensibilità che ha avuto nei confronti della memoria del Pirata. Perché? La risposta non è non può essere solo perché Cucchi non era nessuno (o meglio, era un cittadino come tanti) mentre Pantani per molti è un eroe a prescindere dalla fine tragica della sua carriera sportiva e della sua vita. Perché di Pantani è giusto ricordare che è stato uno dei più grandi campioni del ciclismo mentre per Cucchi non ci si è fermati un attimo a pensare che era il figlio, il fratello e l’amico di qualcuno? Nella narrazione leghista a Pantani, sembra di capire, è stato concesso di sbagliare (e in fondo chi non commette errori?) per Stefano Cucchi – vittima innocente non già della droga ma delle botte delle guardie – invece non si perde occasione di rinfacciare i suoi errori.

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Il fatto è che sia Pantani che Stefano Cucchi sono funzionali alla propaganda di Salvini. Del primo Salvini non si ricorda come è morto perché altrimenti la Lega perderebbe voti, non dimentichiamo che Pantani era romagnolo e che in Emilia-Romagna tra meno di due settimane ci sarà la più grande sfida elettorale degli ultimi mesi. Di Cucchi invece la Lega insiste sul fatto che era “un drogato”, “un tossico” o “uno spacciatore” (anche se in realtà Cucchi si stava disintossicando in una di quelle comunità tanto care a Salvini quando parla di droga) perché la sua morte fa comodo per la narrazione sicuritaria della Lega. Questo dimenticando che Cucchi è stato ucciso – così dice la sentenza di primo grado – da quelle stesse persone che dovrebbero garantire la sicurezza dei cittadini. La droga fa male, sempre e comunque, ma non quando c’è da prendere voti. Ma il lapsus salviniano fortunatamente è durato poco: tempo un paio d’ore il nostro è tornato a tuonare contro «chi vende morte ai ragazzini». Ma niente paura: sono i presunti spacciatori di origine straniera che hanno aggredito al troupe di Striscia La Notizia. E siccome sono stranieri è lecito parlare di droga.

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