Attualità
Chi è il maresciallo Roberto Mandolini, condannato per falso nel processo Cucchi
Giovanni Drogo 15/11/2019
Ieri è arrivata la sentenza della Corte d’Assise sul processo per l’omicidio di Stefano Cucchi. Oltre ai due carabinieri condannati per il pestaggio altri due uomini dell’Arma sono stati condannati per falso. Uno dei due è il comandante della stazione Appia, dove venne condotto Stefano dopo il fermo
Il Maresciallo dei Carabinieri Roberto Mandolini è uno degli uomini dell’Arma condannati ieri dalla Corte d’Assise di Roma per la morte di Stefano Cucchi. L’ex comandante della stazione Appia, dove fu portato Cucchi dopo il fermo, era accusato di falso ed è stato condannato a 3 anni e otto mesi di carcere e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici (assolto invece dall’accusa di calunnia). Secondo l’accusa (che aveva chiesto otto anni di carcere) Mandolini avrebbe falsificato il verbale d’arresto che fra le altre cose attestava un fotosegnalamento mai avvenuto.
Quel verbale d’arresto manipolato
Secondo il testimone, il carabiniere Francesco Tedesco, quella sera del 15 ottobre del 2009 «quando arrivammo alla caserma Appia in ufficio il verbale era già pronto e il maresciallo Roberto Mandolini (imputato per calunnia) mi disse di firmarlo. Cucchi non volle firmare i verbali». Secondo il PM Giovanni Musarò quel verbale falsificato fu il primo atto del depistaggio che servì a coprire il violentissimo pestaggio di cui fu vittima. Nella sua requisitoria il PM disse che «Stefano Cucchi fu portato in carcere perché il maresciallo Mandolini scrisse nel verbale di arresto che era un senza fissa dimora. Ma lui era residente dai genitori, senza quella dicitura forse sarebbe finito ai domiciliari e oggi non saremmo qui. Questo giochetto gli è costato la vita. Il verbale di arresto è il primo atto di depistaggio di questa vicenda, perché i nomi di Tedesco, Di Bernardo e D’Alessandro non sono nel documento».
Sempre secondo la testimonianza di Tedesco (anche lui condannato per falso ma con una pena di due anni e sei mesi) Mandolini avrebbe minacciato il collega. «Prima di andare dal pm per essere sentito dissi a Mandolini “ma ora cosa devo fare?” e lui mi rispose “non ti preoccupare, ci penso io, devi dire che (Cucchi, ndr) stava bene. Devi seguire la linea dell’arma se vuoi continuare a fare il carabiniere». Successivamente alla morte di Cucchi – ha riferito il maresciallo Antonio Speranza – Mandolini aveva fatto redigere una nota di servizio. In quell’annotazione Speranza scrisse che il geometra romano «era in stato di escandescenza».
Per Mandolini però non andava bene: «quando lesse la nota di servizio disse che non andava bene e che avrei dovuto cestinarla perché avremmo dovuto redigerne una seconda in sostituzione della prima. Il contenuto di tale annotazione fu dettato da Mandolini». La seconda annotazione recitava così: «è doveroso rappresentare che, durante l’accompagnamento, il pervenuto non lamentava nessun malore, ne faceva alcuna rimostranza in merito». Secondo i magistrati però Cucchi era già stato brutalmente picchiato dai carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro (condannati ieri a 12 anni di carcere).
Stefano Cucchi non fu ucciso quindi dalla “droga” come sostengono ancora oggi certi politici. Stefano Cucchi fu ucciso da degli uomini in divisa. Lo scorso anno Roberto Mandolini fece causa alla sorella di Stefano, Ilaria Cucchi per diffamazione chiedendo un risarcimento di 50 mila euro poiché la sorella del geometra ucciso aveva pubblicato alcuni screenshot di commenti e post del maresciallo dove definiva Stefano Cucchi “un grande spacciatore che spacciava fuori le scuole”.
«Ha cancellato dalla sua pagina tutti gli innumerevoli post provocatori ed offensivi nei confronti miei e della mia famiglia, per non parlare di Stefano. Ma io li ho conservati tutti» scrisse Ilaria Cucchi su Facebook. Il processo Cucchi non è finito, sicuramente ci sarà un appello e poi il ricorso in Cassazione. Intanto ieri su Facebook Mandolini non ha scritto nulla, il suo profilo è blindato, chiuso. Chissà che cosa significa. Ad oggi Mandolini presta servizio a Roma (nel dicembre del 2009, quattro mesi dopo la morte di Cucchi, era stato disposto il suo temporaneo trasferimento al Plotone di Rappresentanza Carabinieri di Roma) e fino a che la sentenza non sarà definitiva (dopo il pronunciamento della Cassazione) le decisioni riguardo ad eventuali provvedimenti di sospensione dal servizio sono di competenza dell’Arma dei Carabinieri.
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