Chi è la «manina» del complotto contro il povero Di Maio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-07-15

Il ministro Tria si accoda al vicepremier e insieme accusano una non meglio precisata “manina” di aver ordito chissà quale trama. In realtà della vicenda si sa già tutto. E intanto un documento che criticava il Decreto Dignità scompare dal sito del premier

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Giusto per aggiungere un po’ di ridicolo alla situazione già disperata ma non seria, il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il vicepremier nonché ministro dello Sviluppo e del Lavoro Luigi Di Maio hanno firmato un comunicato congiunto sulla vicenda della tabella contenuta nella relazione tecnica del Decreto Dignità che pronostica la perdita di 8000 posti di lavoro per effetto delle nuove norme.

Il comunicato congiunto di Tria e Di Maio

Nella nota si afferma dapprima che il ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, “non ha mai accusato né il Ministero dell’Economia e delle Finanze né la Ragioneria Generale dello Stato di alcun intervento nella predisposizione della relazione tecnica al dl dignità”. “Certamente, però, bisogna capire da dove provenga quella manina che, si ribadisce, non va ricercata nell’ambito del MEF“. Come spesso succede nell’ambito della comunicazione che riguarda il MoVimento 5 Stelle bisogna approntare una traduzione di quanto affermato da Di Maio per cercare di comprenderne la reale portata. In primo luogo, nelle notizie uscite ieri nessuno ha affermato che Di Maio abbia accusato Tria di alcunché.

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Ieri però una nota del ministero dell’Economia aveva già precisato che la relazione tecnica era stata chiesta dalla Ragioneria dello Stato per elaborare previsioni sulle coperture necessarie e redatta dall’INPS. È stato Di Maio, sempre con una nota, a rispondere successivamente smentendo di avercela con il ministero dell’Economia, cosa che comunque nessuno aveva affermato. Sempre Di Maio nel video sulla sua pagina Facebook aveva detto chiaramente anche di non essere in polemica con altri ministri: “quel numero per me non ha nessuna validità, perché nessuno ha spiegato davvero cosa significava. È apparso nella relazione tecnica al decreto la notte prima che si inviasse il decreto al presidente della Repubblica. Non è una cosa che ci hanno messo i miei ministeri, non è una relazione che hanno chiesto i miei ministeri e soprattutto la relazione non è stata chiesta dai ministri della Repubblica, perché qualcuno potrebbe cominciare a dire che sto andando contro altri ministri”. Non è insomma, ha ribadito, “un numero messo dal governo”. Cosa che in effetti nessuno ha sostenuto.

Il documento scomparso dal sito della presidenza del consiglio

Tutto questo, insomma, già lo sapevamo (e quindi è perfettamente inutile che Tria e Di Maio lo smentiscano). Quei numeri sono stati in realtà chiesti dalla Ragioneria Generale dello Stato e servivano per elaborare il piano delle coperture, perché qualcuno – Di Maio – non lo aveva fatto ed era necessario farlo. Che Di Maio non lo abbia fatto è scritto chiaro e tondo nella relazione dei tecnici del Nucleo Air (Analisi Impatto Valutazione) del Dipartimento per gli Affari Giuridici della Presidenza del Consiglio dei Ministri che nel frattempo è stata rimossa dal sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri con un atto che ha dell’orwelliano oltre che dell’inquietante.

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La relazione dei tecnici del Nucleo Air (Analisi Impatto Valutazione) del Dipartimento per gli Affari Giuridici della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Si tratta di tre pagine datate 9 luglio 2018 nelle quali il giudizio dei tecnici sembra essere piuttosto netto. Prima si fa notare che mancano dati e numeri: “Dalla lettura della Relazione, in particolare, non si deduce alcuna informazione in ordine alla “consistenza numerica” (articolo 10, comma 1 del dPCM 15 settembre 2017, n. 169) dei potenziali destinatari dell’intervento (ad es. numero di contratti a termine, numero di contratti di somministrazione a termine, numero di imprese che hanno usufruito di aiuti di Stato, ecc.)”. I tecnici dicono anche che per il contrasto al precariato gli indicatori sono insufficienti visto che mancano dati come il “numero di contratti a tempo determinato di durata superiore ad un anno; variazione del contenzioso in merito alle motivazioni dei rinnovi; numero licenziamenti senza giustificato motivo; ecc. Tali indicatori specifici andrebbero integrati anche con altri indicatori più generali relativi all’andamento del mercato del lavoro quali quelli relativi a occupazione, inoccupazione, ecc”.

decreto dignità scompare

Ma la parte più interessante sono gli ultimi due paragrafi, nei quali si dice che la relazione “non dà conto dell’impatto sociale ed economico dei provvedimenti sui destinatari”, non dice in quale numero siano, né quali siano i benefici per i lavoratori e le imprese, né parla delle “condizioni giuridiche, organizzative, finanziarie, economiche, sociali e amministrative che possono incidere in modo significativo sulla concreta attuazione dell’intervento e sulla sua efficacia”. Non è possibile nemmeno più accedere alla pagina che ospitava il documento, che comunque adesso rimane indicizzata nella ricerca (ma non è cliccabile). La pagina del comunicato stampa invece è ancora disponibile, ma anche da lì non è possibile accedere alla pagina che ospitava il documento, così come a quella che illustrava le nuove deleghe sul turismo. Nel giugno scorso erano scomparsi i riferimenti ai premier precedenti perché, secondo la spiegazione ufficiale, dovevano essere in via di pubblicazione in altra zona del sito.

I numeri dell’INPS non hanno alcuna validità?

Adesso abbiamo quindi ben chiaro cosa è successo: il Decreto Dignità, dopo essere stato approvato dal Consiglio dei Ministri, ci ha messo dieci giorni ad arrivare al presidente della Repubblica perché oggettivamente mancavano elementi tecnici che impedivano una valutazione dell’impatto che il provvedimento aveva sui conti pubblici. A quel punto la Ragioneria dello Stato ha fatto il suo dovere: ha chiesto i numeri. Li ha chiesti all’INPS, ente competente per la parte di decreto di cui stiamo parlando. L’INPS li ha forniti. Ce n’è abbastanza per capire che il ministro dello Sviluppo dovrebbe avere almeno il buon gusto di tacere.

Il documento del nucleo AIR presso la presidenza del consiglio dei ministri sparito

C’è invece qualcos’altro da aggiungere sulla vicenda. Perché la nota congiunta dei due ministri ci fa sapere che quanto al merito della relazione tecnica, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ritiene che “le stime di fonte Inps sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto siano prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili“. Un giudizio piuttosto pesante nei confronti del lavoro dell’ente presieduto da Tito Boeri, che tuttavia ha fatto soltanto il proprio dovere al posto di chi doveva farlo. D’altro canto anche senza l’autorità del professor Tria che quei numeri siano in ogni caso “discutibili” (come spesso succede alle relazioni tecniche che accompagnano i provvedimenti dei governi)… è fuori discussione.

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La pagina che ospitava il documento scomparso sul sito della presidenza del consiglio dei ministri

Se poi la prossima volta ci si organizza un po’ meno alla carlona, meglio. La scelta di Tria in ogni caso legittima le sciocchezze complottistiche di Di Maio – il quale, si sa, ha preso di mira il Ragioniere Daniele Franco: è sua la manina a cui il ministro fa riferimento e in realtà ha fatto solo il suo dovere – forse perché tra problemi nella scelta del direttore generale e deleghe ancora non date a Laura Castelli, via XX Settembre si è accorta che sta tirando un po’ troppo la corda con la sua maggioranza. Una decisione furba nell’immediato, che però non fermerà i nodi dal venire al pettine prima o poi.

EDIT ore 15,06: La Ragioneria dello Stato attraverso l’ANSA risponde a Tria e Di Maio:

La Ragioneria generale dello Stato “ha preso atto” delle stime Inps sul decreto dignità e, vista la loro “inevitabile incertezza”, ha chiesto “la clausola di monitoraggio”, che venga cioè svolto un monitoraggio costante sugli effetti delle disposizioni. Lo rendono noto fonti del ministero dell’Economia dopo la polemica nata sull’impatto in termini di posti di lavoro delle nuove norme sui contratti a tempo determinato.

Ogni tre mesi l’Inps monitorerà l’andamento delle nuove norme sul lavoro contenute nel decreto dignità per verificarne l’impatto economico. E’ quanto si legge nell’articolo 14 del decreto dignità relativo alle coperture, assente nelle prime bozze del provvedimento ed aggiunto nella versione definitiva bollinata dalla Ragioneria generale dello Stato. “Al fine di garantire la neutralità sui saldi di finanza pubblica, l’Istituto nazionale di previdenza sociale provvede al monitoraggio trimestrale delle maggiori spese e delle minori entrate di cui all’articolo 1 e 2 – si legge – e comunica le relative risultanze al ministero del Lavoro e al ministero dell’Economia entro il mese successivo al trimestre di riferimento anche ai fini dell’adozione delle eventuali iniziative da intraprendere”.

Leggi sull’argomento: Chi ha boicottato il decreto di Di Maio?

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