Chi fa la guerra allo stadio della Roma a Tor di Valle

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-02-21

La faida interna ai grillini per l’«ecomostro». L’incoerenza ambientalista di chi un giorno odia il cemento e il giorno dopo lo ama. E la cristallina coerenza di chi un giorno ama i palazzinari e il giorno dopo li odia. Perché farsi domande è un pregio; darsi risposte che magari fanno capire che le cose non stanno proprio come ci si aspetta è invece un irrimediabile difetto

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In attesa di scoprire se lo stadio della Roma a Tor di Valle si farà o finirà come sempre alla romana, la decisione di aprire l’iter del vincolo alle tribune dell’ippodromo da parte della Soprintendenza dei beni archeologici consente di osservare quali sono oggi gli schieramenti in campo e chi dalle tribune fa un tifo disperato per alte ragioni ideali.

Chi fa la guerra allo stadio della Roma a Tor di Valle

Accade infatti che oggi Il Messaggero torni per la miliardesima volta sull’«ecomostro» che si costruirà a Tor di Valle per raccontarci che Beppe Grillo e i consiglieri del MoVimento 5 Stelle all’epoca del voto sulla delibera di Marino erano contrari. Il quotidiano di proprietà del noto filantropo Francesco Gaetano Caltagirone, infatti, ci segnala che i grillini sono spaccati perché dopo il no alle Olimpiadi (a cui il quotidiano era favorevole) non è il caso di far saltare questo progetto:

E, proprio sulla scia di quel rifiuto, adesso esiste un cemento meno cemento degli altri (premesso che l’operazione cinque cerchi,dal punto di vista urbanistico,non avrebbe avuto l’impatto di questa di Tor di Valle)? Il secondo indizio va ricercato sempre in Campidoglio: visto che il «no» alle Olimpiadi è stato urlato a uso interno senza benefici per la Capitale, il secondo «no» della Raggi potrebbe mandare a picco il gradimento già traballante della grillina. C’è l’As Roma (anche se lo stadio e i grattacieli non saranno del club giallorosso), c’è il calcio in mezzo. Ma in queste ore la base e i parlamentari (eccetto Luigi Di Maio, il governista-stadista per antonoma sia in quanto candidato premier) non si danno pace.

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Per il Messaggero lo stadio della Roma è un “ecomostro” (21 febbraio 2017)

E contro l’«ecomostro» che fa battere all’impazzata il cuore fortemente (e da sempre, eh?) ambientalista del quotidiano di Caltagirone non c’è solo l’incoerenza ambientalista di chi un giorno odia il cemento e il giorno dopo lo ama (mentre notoriamente chi un giorno ama il cemento e il giorno dopo lo odia non è incoerente), il Messaggero ha anche scovato un’altra magagna: l’avvocato Lanzalone, il quale è addirittura “molto abile a parlare con le banche, anche quelle in campo in questa operazione” (ricordatevela, questa: ci torniamo alla fine):

E allora si rincorrono le voci e le ricostruzioni che Grillo è costretto a smentire. «Non ho mai incontrato Mauro Baldissoni e Luca Parnasi».Eppure c’è chi ha parlato di un vertice decisivo mesi fa. «Non è vero – ha ribadito il Capo- querelo tutti». E poi le banche: non erano il nemico numero uno del M5S, non andavano riformate, anzi rovesciate come un calzino? Dietro l’operazione Tor di Valle gli istituti di credito giocano un ruolo fondamentale, come è ovvio che sia. Ma è meglio non parlarne? Così come è avvolto da una nebbia, non proprio trasparente, il ruolo dell’avvocato Luca Lanzalone, il mister Wolf dello stadio.
Il genovese che risolve i problemi nelle amministrazioni pentastellate e che adesso sta trattando con i proponenti dell’operazione immobiliare per conto del Comune ma senza un minimo di carta (nel senso di delibera) che ne attesti il ruolo. Dentro al M5S dicono che l’avvocato («Andatevi a leggere il curriculum», puntano il dito i parlamentari) sia da sempre un professionista molto abile a parlare con le banche, anche quelle in campo in questa operazione.

Insomma, è una vergogna che si parli con banche brutte e cattive invece di discutere con farfalle e libellule, come fa ogni immobiliarista che si rispetti quando si tratta di chiedere capitali per un’impresa.

Chi finanzierà il nuovo stadio della Roma?

Ma c’è di più. Perché Il Messaggero da qualche mese continua a pubblicare questa interessante infografica che ci segnala la speculazzzione edilizia che ci sarebbe dietro lo stadio della Roma a Tor di Valle, testimoniata dai numeri dell’operazione. In particolare quelli che dicono che l’86% delle cubature è riservata a negozi, uffici e alberghi.

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L’infografica del Messaggero che chiarisce la “speculazzzione” (21 febbraio 2017)

C’è un dettaglio da segnalare però. Nel conto dei numeri il Messaggero, a causa di una spiegabilissima dimenticanza, omette di segnalare che nel progetto della Roma per Tor di Valle c’è un’area pubblica pari a 141,5 ettari, la cui stragrande maggioranza verrà trasformata in parco e sarà resa fruibile alla popolazione e ai turisti. L’intero parco, così come le strade e le infrastrutture, sono scomparsi dai numeri indicati nell’infografica del Messaggero. Cose che capitano.
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Vabbeh, mo’ stai a guarda’ er capello, direbbero a Roma. Vuoi mettere con le tribune di Lafuente? È quindi evidente l’insana curiosità di Giorgio Meletti, che sul Fatto Quotidiano invece ha notato una cosa di cui si è parlato anche da queste parti, ovvero che c’è una curiosa (ma sicuramente casuale) coincidenza dietro l’ostilità al progetto del da sempre ambientalista quotidiano di via del Tritone:

Così può capitare che Paolo Berdini, ex assessore all’Urbani stica ingaggiato sei mesi fa dalla sindaca sulla base di un curriculum immacolato, di una vita spesa nella battaglia competente e coraggiosa contro i palazzinari, venga sospettato dentro lo stesso M5S di intelligenza col nemico, dove per nemico deve intendersi qualche signore del cemento ostile al Parnasi dello stadio. L’indiziato numero uno è Francesco Gaetano Caltagirone, detto Franco, 74 anni, talmente ricco e potente da essere chiamato “ottavo re di Roma”.
La sua arma letale è Il Messaggero, storico quotidiano della Capitale. L’ha comprato vent’anni fa dalla Montedison di Enrico Bondi, liquidatore dell’ex impero di Raul Gardini. Negli stessi mesi del 1993 Gardini si uccise con un colpo di pistola nel suo appartamento milanese di piazza Belgioioso, Caltagirone fu arrestato per un’inchiesta su presunte tangenti per la metropolitana di Roma. Una vicenda dalla quale è uscito indenne ma che, secondo molti conoscitori delle dinamiche del potere capitolino, lo convinse a dotarsi di un giornale, a scopo difensivo. Come gli Agnelli e i De Benedetti.

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E così, racconta quel cattivone-mamma-mia-honi-soit-qui-mal-y-pense di Meletti, nel dossier dello stadio bisogna tenere in conto anche una serie di intrecci proprietari che rispondono alla fatidica domanda “Chi finanzia lo stadio della Roma?”. Farsi domande è un pregio; darsi risposte che magari fanno capire che le cose non stanno proprio come ci si aspetta è invece un irrimediabile difetto. Scrive Meletti:

Caltagirone è anche azionista importante di Unicredit, dove il figlio Alessandro lo rappresenta in consiglio d’amministrazione. Così accade che Sandro Parnasi si trova un giorno esposto ai venti della crisi e al crollo del mercato immobiliare con una serie di ambiziose operazioni che restano a metà del guado. E che Unicredit, che ha ereditato da Capitalia centinaia di milioni di esposizioni con il gruppo Parsitalia, chiude i rubinetti. Si chiama ristrutturazione del debito, viene firmata il 20 luglio 2016, il 27 luglio Sandro muore. A Luca non resta niente, Unicredit si è presa tutto. Ma Eurnova, la società che ha comprato i terreni di Tor di Valle per il nuovo stadio e i tre grattacieli disegnati dall’archistar Daniel Liebeskind, è di Luca Parnasi e non c’entra niente con le rovine dell’impero paterno chiamato Parsitalia. Così si scopre che, contrariamente a quanto si racconta, Unicredit non ha nessun interesse al buon esito della partita dello stadio. Un altro dolore per Caltagirone.

E insomma, ricordate quando sopra il Messaggero diceva che Lanzalone era bravo a parlare con le banche? Honi soit qui mal y pense

Leggi sull’argomento: Tutto quello che dovreste sapere sullo stadio della Roma a Tor di Valle prima di aprire la bocca

 

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