Il regalino che Lucia Borgonzoni vuole fare all’Emilia-Romagna: sanità privata al 50%

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-01-21

Qualche giorno fa durante un dibattito televisivo il segretario regionale della Lega Gianluca Vinci è intervenuto al posto di Lucia Borgonzoni per spiegare che sulla sanità il centrodestra guarda al modello della Lombardia dove il peso dei privati è pari al 50% e che questo non deve essere un tabù nemmeno in Emilia-Romagna

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«Il programma di Lucia è stato fatto assieme ai governatori del Veneto e della Lombardia e delle altre regioni che  proprio per avere della concretezza e degli argomenti che siano portati avanti in modo credibile», così il 16 gennaio a Telereggio il segretario regionale della Lega e deputato Gianluca Vinci durante la trasmissione La Prova del Candidato. Come è noto la candidata in questione sarebbe Lucia Borgonzoni, che però non ha partecipato all’incontro coi giornalisti (come al solito).

Il modello Lombardia e Veneto secondo la Lega: privatizzare la sanità in Emilia-Romagna

Uno dei primi punti del programma di Lucia Borgonzoni «ZERO Irpef come in Veneto», una balla perché in Veneto l’addizionale regionale non è “a zero”, ma si paga l’aliquota minima indipendentemente dal reddito. Il che a proposito di giustizia ed equità sociale non è il massimo.  In un passaggio dell’intervista Vinci sostiene che «in Veneto l’addizionale Irpef è stata tolta dalla Regione Veneto» e che il programma è di «ridurla fino a togliere quel tipo di addizionale». In Emilia-Romagna però l’Irpef dà un gettito pari a circa un miliardo di euro l’anno, soldi che vengono utilizzati per finanziare i servizi pubblici regionali come la Sanità.

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La Lega promette di riuscire ad “azzerare” l’addizionale regionale Irpef senza tagliare i servizi. In attesa dell’autonomia regionale differenziata che dovrebbe portare indietro il residuo fiscale si pensa ad altro. Cosa e come? Secondo l’onorevole Vinci si può fare «risparmiando in determinati settori e rimodernando quello che riguarda la sanità perché l’85% del bilancio che abbiamo e della sanità con un modello diverso   che premi di più la sanità privata ma non perché la sanità uno la debba pagare ma perché ha dei manager privati che la fanno funzionare meglio a parità di costo addirittura entrando sul libero mercato abbassando quel costo e abbassare di pochi punti la sanità significa recuperare quelle risorse». Tutti sanno naturalmente che la sanità privata non funziona esattamente così, basti pensare al fatto che vengono erogate principalmente quelle prestazioni che sono economicamente convenienti, vale a dire quelle in cui il rapporto tra costi e ricavi è a vantaggio dei secondi.

Sanità privata al 50% come in Lombardia (dove però si paga l’addizionale regionale Irpef)

Ma qual è il modello cui si ispira Lucia Borgonzoni secondo l’onorevole leghista? La Lombardia. Perché, spiega al minuto 37 dell’intervista, «in Lombardia il 50% delle erogazioni sanitaria è privata in Emilia-Romagna il 20% quindi anche procedere in questo senso». Ed è proprio lo stesso modello verso il quale sembra stia puntando anche il Veneto di Luca Zaia. E non bisogna cadere nell’errore che la sanità privata non costi nulla al pubblico. Le strutture private che operano in regime di convenzione ricevono un finanziamento da parte della Regione. Secondo un gruppo di associazioni di cittadini della provincia di treviso (Coalizione Civica per Treviso, Mogliano Bene Comune, Partecipare Vittorio, Rinascita civica e Sinistra Italiana – Treviso)  in Veneto nel 2018 il peso del privato nella sanità è stato di 2,8 miliardi di euro su un totale di circa 10 miliardi, il 28% di sanità privata sul totale della spesa della Regione.

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Ed è curioso che Vinci citi il modello Lombardia dimenticando però di aggiungere che nella regione governata da Attilio Fontana non è stata affatto “azzerata” l’addizionale regionale. Ovvero: i cittadini pagano l’addizionale regionale Irpef e al tempo stesso hanno la sanità privata “al 50%” (come dice l’onorevole leghista). La professoressa Maria Elisa Sartor del Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università degli Studi di Milano rilevava qualche mese fa come questo passaggio della Lombardia alla sanità privata non sia stato certo pubblicizzato in maniera trasparente e chiara, e che anzi sia avvenuto un processo di dissimulazione del passaggio verso la sanità privata da parte degli organi di governo regionali. Ora al di là di queste considerazioni è indubbio che Vinci abbia detto che vuole andare verso il modello Lombardia e abbia parlato del “tabù” dell’Emilia-Romagna nei confronti della sanità privata.

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Ma dopo che Stefano Bonaccini ha ripreso in un post l’intervista a Telereggio scrivendo che «il segretario della Lega Emilia ci spiega il loro progetto per la sanità in Regione: privatizzazione del 50% dei servizi. Dice inoltre che il loro programma è stato scritto con i presidenti di Lombardia e Veneto» il segretario regionale della Lega ha deciso di sporgere querela. Lo ha annunciato in un post su Facebook dove contesta a Bonaccini di avergli messo in bocca parole che non aveva pronunciato. Quali? L’accusa «di voler fare discriminazioni in sanità tra ricchi e poveri» che l’onorevole leghista precisa di non avere «mai pensato e mai detto». Riguardo invece il fatto di voler privatizzare la Sanità regionale invece Vinci non scrive che il candidato del centrosinistra ha detto il falso, anche perché è quello che ha detto. L’aspetto interessante è che di questa privatizzazione nel programma di Lucia Borgonzoni non se ne parla esplicitamente. Ma non era stato scritto assieme ai presidenti di Lombardia e Veneto? Non sarà per caso che certe cose si fanno ma non si dicono, come successo in Lombardia?

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