Fact checking
I 70mila euro che Fioramonti deve al M5S
Alessandro D'Amato 27/12/2019
Il ministro lascia un buco di 70mila euro nelle restituzioni grilline e deve anche dare soldi a Rousseau. Il problema della successione: c’è Azzolina, ma l’anno scorso da deputata ha fatto il concorso per i presidi e lo ha pure vinto
Ci sono 70mila buone ragioni per lasciare il governo ma anche il gruppo del MoVimento 5 Stelle e tentare di far nascere un nuovo gruppo parlamentare: sono i soldi che Lorenzo Fioramonti, ministro dimissionario di Natale, deve ai grillini in base agli impegni presi prima di entrare in parlamento. E che però l’ormai ex responsabile dell’istruzione ha disatteso, visto che non restituisce i soldi dall’inizio del 2019. Insieme a molti altri colleghi.
I 70mila euro che Fioramonti deve al M5S
70mila euro che Fioramonti non ha intenzione di dare e che ieri hanno fatto diventare il suo caso lo scandalo di Santo Stefano: lui in un messaggio alla Nazione pubblicato su Facebook ha spiegato le sue dimissioni con i fondi mai arrivati all’università, raccogliendo così l’elogio di chi ha applaudito una scelta di coerenza. In realtà quei soldi erano una pretesa più che una promessa mancata, visto che nessuno aveva assicurato a Fioramonti che sarebbero arrivati e tutti i metodi che ha suggerito il ministro per trovarli imponevano maggiore tassazione ed erano proprio per questo irricevibili in un governo già in crisi di consenso.
Un’altra domanda gira tra i big del MoVimento 5 Stelle: va bene le dimissioni per i fondi, ma allora perché le mancate restituzioni? L’idea di molti è che Fioramonti avesse già voglia di muoversi e che quella dei soldi all’università sia stata la molla che gli ha consentito di farlo. Il Fattor riepiloga i numeri dei tagli all’istruzione:
Dei circa 2 miliardi per l’Istruzione, racimolati e conteggiati anche come fondi provenienti in varie forme da altri ministeri, circa il 90 per cento riguarda il rinnovo del contratto di l avoro dei docenti e del personale amministrativo (con un aumento di 40 e 70 euro nei prossimi due anni, dunque lontano dai due zeri ipotizzati dal ministro a inizio mandato). Manca un intervento strutturale: per sterilizzare l’aumento dell’Iva, all’Istruzione sono stati riservati solo pochi piccoli interventi che non hanno in alcun modo cambiato la rotta, ma solo fatto fronte alle emergenze. Dai 16 milioni per le borse di studio ai 30 milioni per i dirigenti scolastici, dai 16 per l’organico del potenziamento ai 12,5 per le paritarie che accolgono i disabili.
E ancora, i 12 milioni per i posti di sostegno, gli 11 per accademie e conservatori (senza una vera riforma), i 2 per il piano scuola digitale e poco più per le horse di studio delle specializzazioni mediche. Completamente assente il miliardo che sarebbe dovuto andare all’università, una lacuna – a fronte dei progressivi tagli alla spesa universitaria – che il governo ha provato a mascherare istituendo una contestata “Agenzia nazionale per la ricerca” con una dotazione di 25 milioni e un indirizzo poco chiaro, il rischio di nomine politiche e la quasi totale estromissione del ministero dell’Istruzione. Una struttura che lo stesso Fioramonti non è riuscito a far scardinare. I miliardi mancanti, è stato poi il ragionamento, sono stati conseguenza di un governo che non ha ascoltato le istanze dell’Istruzione e ha operato senza condivisione pregiudicando la possibilità di trovare risorse. Presidente del Consiglio incluso, lo stesso che nel suo discorso di insediamento aveva messo scuola e istruzione al primo posto.
La battaglia per la successione a viale Trastevere
Intanto si apre la battaglia per la successione a viale Trastevere. Il nome che era stato indicato al posto di Fioramonti, quello di Nicola Morra, non sembra più tanto sicuro perché l’insegnante di filosofia oggi presidente della Commissione Antimafia non ha voglia di essere la stampella del governo. Anzi, secondo alcune cronache ci sono tre nomi che potrebbero sopravanzarlo. Uno è quello della sottosegretaria all’Istruzione Lucia Azzolina:
Insegnante, ex sindacalista dell’Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori), la deputata va spesso in tv ed è in buoni rapporti con Di Maio, che recentemente ha anche rilanciato un suo post sulle “classi pollaio”. In più, è stata dalla prima ora una sostenitrice dell’alleanza con il Pd. Ma rischia di pagare la giovane età, quindi l’inesperienza ad alti livelli.
Dovrebbe fare il salto anche Castellone, forte però di un ottimo curriculum, visto è medico e ricercatrice del Cnr. Membro della commissione Sanità del Senato, già in predicato di diventare sottosegretario. E poi c’è il brindisino Giuliano, già sottosegretario, che vanta ancora ottimi rapporti nel Movimento. Ieri più d’uno ha proposto di richiamarlo.
Il problema di Azzolina è la storia del concorso per presidi, come racconta oggi Il Messaggero:
Ma tra i deputati M5S c P però chi ricorda la scelta -inopportuna politicamente- di Azzolina di partecipare lo scorso anno, da deputata membro della commissione istruzione, al concorso per preside. Concorso vinto, ma poi finito sotto ricorso, presentato dall’allora collega Gelsomina Vono, ora passata con Italia Viva a Palazzo Madama. Veleni che hanno avuto una coda con l’approvazione del decreto scuola: l’emendamento sul presidi, per evitare conflitti d’interessi, non fu presentato dal governo ma dalla deputata grillina Virginia Villani.
EDIT ore 11,07: Fioramonti risponde sui 70mila euro:
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