E i governatori del nord si fanno la riapertura differenziata per conto loro (e il resto dell’Italia muto)

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-04-28

Mentre il governo fa sapere che il 4 maggio non ha riaperto tutto a causa dei rischi segnalati dal Comitato Tecnico-Scientifico su una recrudescenza del Coronavirus, nelle Regioni in cui il virus non è ancora sotto controllo e che attualmente hanno la maggior parte dei contagiati e dei morti si va avanti a colpi di federalismo in quella che sembra sempre più una riapertura differenziata

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Non solo le seconde case, dove in Lombardia e in Veneto si potrà andare mentre nel resto d’Italia no: mentre il governo fa sapere che il 4 maggio non ha riaperto tutto a causa dei rischi segnalati dal Comitato Tecnico-Scientifico su una recrudescenza del Coronavirus SARS-COV-2 e di COVID-19 che le terapie intensive avrebbero rischiato di non sopportare, le Regioni in cui il virus non è ancora sotto controllo e che attualmente hanno la maggior parte dei contagiati e dei morti si va avanti a colpi di federalismo in quella che sembra sempre più una riapertura differenziata.

E i governatori del nord si fanno la riapertura differenziata per conto loro (e il resto dell’Italia muto)

Attilio Fontana, che anche secondo i suoi concittadini è responsabile almeno quanto il governo dell’attuale situazione nella sua regione (e anche nel resto del paese, bisognerebbe aggiungere), accusa Roma dicendo che avrebbe riaperto qualche attività commerciale in più. E già che c’è, fa sapere che «Regione Lombardia è al lavoro con Prefettura, Comune e Arcidiocesi di Milano per sostenere la possibilità di riaprire le chiese per le celebrazioni religiose in una cornice di massima sicurezza» e «tornare a garantire il diritto di culto ai cittadini». A quelli cattolici, evidentemente, visto che si citano solo loro.

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In Veneto invece Luca Zaia se ne frega del resto d’Italia e riapre già da oggi le seconde case e spara su Conte: «Si poteva e si doveva fare uno sforzo in più. Sappiamo che anche mangiare può far male, ma non è che per questo dobbiamo morire di fame». E ancora: «Gli scienziati possono anche dire che bisogna andare in giro con gli scafandri, ma alla fine spetta a noi trovare una condizione di equilibrio, non politica ma di sostenibilità». La Stampa oggi spiega che almeno Zaia può permettersi il pragmatismo perché la situazione sanitaria del Veneto è infinitamente migliore di quella della Lombardia.

Ma in realtà certifica quel che già succede. Almeno la metà della Regione è al lavoro: ieri hanno riaperto, benché «senza strafare», come assicurano i sindacati, anche due colossi come Electrolux e De Longhi. Quindi Zaia può giocarsi il vecchio asso pigliatutto dell’operoso Nordest che non può stare ad aspettare le manfrine romane: «I veneti vogliono lavorare, non i sussidi». Come quei due parrucchieri di Padova che ieri si sono incatenati davanti alla bottega chiusa per chiedere di riaprirla. Gli operosi elettori approvano. I sondaggi danno Zaia al 72%: rielezione sicura.

Lombardia e Veneto: i governatori che fanno la guerra a Conte

Dall’altra parte della barricata c’è Alberto Cirio, che in Piemonte può vantare il triste primato di record di contagi in rapporto alla popolazione e per questo almeno ad oggi conferma la linea del rigore:

«Il 4 maggio, come da protocolli nazionali, ripartono alcune attività produttive, ma per il resto, il mio Piemonte conferma la linea del rigore e della prudenza che ho tenuto in queste settimane».

Troppo rigore, sibilano imprenditori e commercianti.
«Ricordo che a inizio marzo, con il prefetto, bloccai Juve-Milan che aveva l’autorizzazione del governo: si immagina cosa sarebbe successo?».

Adesso cosa si aspetta?
«Cronologicamente, sull’ondata epidemica della Lombardia, siamo in ritardo di una settimana: non lo dico io, ma gli epidemiologi».

Quindi, nessun allentamento delle misure sociali?
«Se la domanda è, siamo pronti con i take-away di bar e ristoranti, dico di no. Ha presente la densità di kebab in corso Giulio Cesare(quartiere a forte densità di immigrati, ndr)? Ci sarebbero assembramenti ingestibili. Anche io rifletto sulle riaperture, ma ci vuole equilibrio: e la salute è il bene più importante».

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Emergenza Coronavirus: i numeri del Piemonte (La Stampa, 27 aprile 2020)

In compenso il suo assessore alla Sanità Luigi Icardi, commenta così il dpcm anticipato ieri dal premier Conte, in vigore dal 4 maggio, per affrontare la Fase 2 dell’emergenza Covid: “Fin dall’inizio abbiamo seguito le linee dell’Oms, poi riprese dall’Istituto superiore della Sanità. Il Veneto, invece, ha disobbedito e ha fatto bene; con il senno di poi avremmo disobbedito anche noi”. A proposito delle critiche alla Regione, l’assessore ha replicato: “Se servisse a qualcosa darei le dimissioni anche domani, ma ora bisogna lavorare sul campo, poi a bocce ferme trarremo le conclusioni”. Almeno qualcuno fa finta di assumersele, le sue responsabilità.

Leggi anche: 4 maggio: perché il governo non ha riaperto tutto

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