4 maggio: perché il governo non ha riaperto tutto

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-04-28

Dietro la scelta della linea del rigore assunta da Palazzo Chigi c’è l’indicazione del comitato tecnico scientifico. “Riaprire le scuole –si legge nel report – innescherebbe una nuova e rapida crescita dell’epidemia. La sola riapertura delle scuole potrebbe portare allo sforamento del numero di posti letto in terapia intensiva”. Ma…

article-post

Il giorno dopo la conferenza stampa di Conte si è trasformato in un tiro al bersaglio nei confronti del governo. Mentre i trombettieri autonominatisi in servizio permanente effettivo su Facebook ci spiegavano che Conte aveva detto un sacco di cose, la maggior parte delle persone che invece mantiene intatte le facoltà mentali di critica perché non deve portare a casa la pagnotta puntava il dito sul pasticcio dei congiunti non a caso risolto dall’esecutivo con un dietrofront  e, soprattutto, sulla fase 2 light che si può facilmente riassumere con lo slogan “Per colpa di qualcuno non riapre più nessuno”.

4 maggio: perché il governo non riapre tutto

E allora eccola, la risposta alle critiche. Arriva il giorno dopo e a mezzo stampa e come nelle migliori famiglie italiane si sappia che la responsabilità è di qualcun altro:

La verità è che dietro la scelta della linea del rigore assunta da Palazzo Chigi c’è l’indicazione del comitato tecnico scientifico. Nello specifico, nei dati contenuti in uno studio del Cts, in vista delle raccomandazioni poi fornite all’esecutivo. In quel testo si presenta tra l’altro una previsione degli effetti delle riaperture sulla curva del contagio. E in particolare sul parametro noto come l’R con 0. Premessa: se resta sotto l’1, il virus non si diffonde più, altrimenti riprende a correre. L’ultimo dato certo risale al 6 aprile: tra 0,5 e 0,7. Attualmente è stimato attorno allo 0,5 nazionale.

Ecco i numeri, allora. Secondo il Cts, la riapertura di edilizia e manufatturiero del 4 maggio, sommata a quella del commercio il 18, porterà l’indice R con 0 a quota 0,69. E questo lasciando chiusi bar e ristoranti, ma soprattutto limitando le relazioni di comunità al 10% rispetto alla normalità. Ecco perché l’esecutivo ha scelto l’autocertificazione e vietato le aggregazioni. Ma c’è di più. L’eventuale riapertura della scuola vale da sola 0,5. Se riaprissero subito, R con 0 finirebbe ben sopra l’1 in poche settimane. Uno spettro che Conte vuole evitare. (Tommaso Ciriaco, La Repubblica)

perché il governo non riapre tutto

Il Fatto Quotidiano oggi spiega che un report dell’Istituto superiore di sanità sulla “fase 2” sostiene che se riaprissimo quasi tutto, il tasso di riproduzione del virus Rt (cioè la previsione del numero medio di contagi a partire da una persona che ha contratto il virus, ndr ) tornerebbe sopra 2, tra il 2,06 e il 2,44 per una media di 2,25 e le terapie intensive, che pure sono state potenziate, sarebbero di nuovo sature in meno di 40 giorni, l’8 giugno.

Questo accadrebbe facendo ripartire industria, edilizia e commercio collegato ma anche hotel e ristoranti senza limiti d’età per i lavoratori, senza telelavoro, con le scuole aperte e il ritorno alla normalità nel tempo libero e nell’uso dei mezzi pubblici. “Riaprire le scuole –si legge nel report – innescherebbe una nuova e rapida crescita dell’epidemia. La sola riapertura delle scuole potrebbe portare allo sforamento del numero di posti letto in terapia intensiva”.

Ma anche con una scelta drastica come tenere lontani dal lavoro tutti gli over 50 ed evitare gli spostamenti extralavorativi degli over 60 (scenario 23), Rt salirebbe sopra 1: la stima è 1,01 (tra 0,92 e 1,09) in caso di riapertura generalizzata dei settori produttivi ma non dei ristoranti, senza riaprire le scuole né consentire piena libertà di movimento nel tempo libero. Tutte le c ombinazioni possibili sono considerate.

Per colpa di qualcuno non riapre più nessuno

Ovviamente chi siamo noi per contrastare uno scenario così apocalittico da parte di luminari di questo livello? E allora invece di contestarlo ci si limita a far notare che questi numeri si riferiscono a una media che riguarda tutta Italia e questa, come spiega Trilussa, è la media del pollo, ovvero quella per cui se qualcuno mangia un pollo, e qualcun altro no, in media hanno mangiato mezzo pollo a testa. Ma uno è rimasto a digiuno in realtà. Nel nostro caso, come spiegavamo ieri, questi dati dipendono dalla diffusione del virus a macchia di leopardo per tutta la penisola:

La prima regione per numero di malati rimane la Lombardia, con 35.166. Ieri i tamponi positivi sono stati 920. Tornano dunque a crescere dopo il rallentamento di sabato. In questa regione si sono registrati circa un terzo dei contagi d’Italia e la metà delle morti. Nemmeno a Milano l’epidemia sembra volerne sapere di infiacchirsi. Nell’area metropolitana si sono registrati 463 nuovi casi, circa la metà dell’intera regione. Nella città vera e propria i tamponi positivi sono stati 241. Ieri l’incremento era stato più contenuto: rispettivamente di 219 e 80 casi. A soffrire di più, dopo l’epicentro Lombardia, è il Piemonte, che ha 15.519 persone positive. L’Emilia Romagna ne ha 12.341 e il Veneto 9.138. Il traguardo dei “contagi zero” ieri non è stato toccato da nessuna regione, ma la Calabria ne ha avuto solo uno e l’Umbria due, mentre a Roma non si registrano vittime da 48 ore. (Elena Dusi, Repubblica, 27 aprile 2020)

emergenza coronavirus numeri 28 aprile
Emergenza Coronavirus: i numeri del 27 aprile (Corriere della Sera, 28 aprile 2020)

Ecco perché sarà sicuramente quello che spiega il Comitato tecnico scientifico: se si riapre tutto si arriva al collasso in un mese. Ma è vero anche che questo succede perché in alcune regioni (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna) il Coronavirus è ben lontano dall’essere sotto controllo. In altre, per fortuna, la situazione è molto diversa. Infatti l’incremento dei nuovi contagi in percentuale negli ultimi giorni è stato dell’1,6%, dell’1,2% e dello 0,9%. Il motivo per cui prendendo atto di questa situazione non si riapre a macchia di leopardo è invece squisitamente politico, e non tecnico: il governo ha paura che scegliere una riapertura a macchia di leopardo porterebbe alla divisione netta dell’Italia in “buoni e cattivi” e, di conseguenza, alle relative polemiche. Ricordate qualche giorno fa quando Cirio e Fontana, non a caso governatori di Piemonte e Lombardia, dicevano che il Sud non avrebbe potuto riaprire senza il Nord? Il senso politico di quell’affermazione è che una riapertura in alcune zone insieme alla chiusura perpetuata nelle altre potrebbe scatenare diversi problemi dal punto di vista politico. E dare fiato – e forza – all’opposizione. E questo con la scienza non c’entra niente. Anche se di fatto lascia recluso un cittadino della Basilicata perché in Piemonte si perdono le email che segnalano i contagiati. La media del pollo, appunto.

EDIT ORE 11,43: Stranamente, il Comitato Tecnico Scientifico dice esattamente quanto si sostiene in questo articolo:

“Il comitato tecnico scientifico dice che rimettere in moto molte attività, creare flussi di persone, aumenta il rischio” ma “è ragionevole cominciare a fare esperimenti in regioni che hanno un indice di contagio più basso”. Lo ha detto il vice segretario del Pd Andrea Orlando parlando, a L’Aria che tira su La7, della fase2. 

Leggi anche: Per colpa di qualcuno non riapre più nessuno: cosa c’è dietro la fase 2 light di Conte

Potrebbe interessarti anche