Quello che la Francia non ha ancora capito sull’epidemia Coronavirus

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-03-12

Il governo francese sostiene che l’Italia ha preso misure sbagliate per il contenimento dell’epidemia. Nel frattempo però non segue le direttive dell’OMS per limitare la diffusione del coronavirus. A quanto pare l’epidemia non consente a nessun governo di imparare dagli errori di chi sta già combattendo contro Covid-19

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Succede sempre così: si fa fatica a seguire l’esempio altrui. Noi italiani ci abbiamo messo quasi due mesi a capire che la soluzione adottata dalla Cina per contenere l’epidemia di coronavirus era quella migliore. Per gradi ci stiamo arrivando. Stiamo capendo, nella situazione epidemiologica attuale, la cosa migliore da fare per limitare la diffusione di Covid-19 sul territorio nazionale è quella di ridurre le occasioni di contatto tra individui. Il nuovo decreto del Governo, annunciato ieri sera da Giuseppe Conte, va proprio in questa direzione

La Francia e le accuse all’Italia (mentre i tifosi del PSG festeggiano per strada)

La Cina però, contrariamente a quello che si pensa, non si è unicamente limitata ad imporre la quarantena (molto più severa della nostra) ha anche provveduto ad isolare rapidamente i cluster di infezione, ha allestito ospedali da campo (14 solo a Wuhan) per trattare i pazienti il più rapidamente possibile in modo da rallentare la progressione dell’epidemia. L’esempio c’è. E ora anche l’Italia sta tentando di dimostrare che questa risposta è quella che fermerà l’epidemia.

francia coronavirus italia - 1Eppure non tutti pensano che sia così. Ieri la portavoce del Governo francese Sibeth Ndiaye ha dichiarato che «l’Italia ha preso delle misure che non fermano l’epidemia». Il giornalista Andrea Vianello fa notare che non è che in Francia stiano facendo le cose per bene. Al di là della famosa gara da Guinness dei primati di quelli vestiti da puffi di qualche giorno fa ieri migliaia di sostenitori del Pairs Saint Germain si sono ritrovati a festeggiare la vittoria sul Borussia Dortmund. «In Francia non hanno capito niente» commenta Vianello, «capiranno in settimana» chiosa il membro del comitato dell’OMS Walter Ricciardi.

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Il match si è svolto a porte chiuse, ma i tifosi non hanno certo rinunciato a vivere assieme la partita e a radunarsi per gioire della vittoria della propria squadra del cuore. Incuranti del fatto che quello era proprio uno dei comportamenti da evitare. In Italia le partite di campionato (e tutte le gare sportive) sono state sospese e non si svolgeranno nemmeno a porte chiuse proprio per impedire che i tifosi potessero radunarsi o assembrarsi altrove per guardare le gare.

Gli Stati Uniti non prendono il Coronavirus sul serio

Negli Stati Uniti la situazione è ancora più preoccupante. Non tanto per il numero di morti e di contagi (1.312 persone infette da coronavirus e 38 decessi) che è ancora piuttosto contenuto quanto per il modo in cui si è affrontato il problema fino ad ora. Fino a qualche giorno fa per il Presidente Donald Trump il coronavirus era meno grave dell’influenza stagionale. Da ieri invece Trump scrive su Twitter che è pronto a usare tutti i poteri del governo federale per sconfiggere il coronavirus.

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Addirittura Trump chiede ai giornali di unirsi nella battaglia contro il nemico comune. Un nemico, il coronavirus, che “dobbiamo sconfiggere nel modo più sicuro e veloce possibile”. Nel frattempo però il giocatore dell’NBA Rudy Gobert, che lunedì ha preso in giro i cronisti toccando tutti i microfoni. Perché tanto il coronavirus è una semplice influenza no?

Ecco che proprio Gobert è risultato positivo a Covid-19 e quindi è stata sospesa la regular season dell’NBA.

Il nuovo decreto Coronavirus dell’11 marzo

Ma davvero non ci sono altre strade possibili?

In Corea del Sud stanno affrontando le cose diversamente. Nel Paese ci sono al momento 7.869 casi confermati di infezione da coronavirus. I decessi sono appena 66. Cosa stanno facendo in Corea del Sud di diverso. I coreani – che hanno trovato un capro espiatorio nei seguaci cristiani della Shincheonji Church of Jesus, accusati di aver diffuso il contagio nel paese – hanno deciso che il sistema della quarantena e dell’isolamento non era quello migliore.

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Cosa hanno fatto quindi? Hanno creato un nuovo tipo di risposta sanitaria secondo tre linee guida. La prima sono i famosi test tampone eseguiti direttamente in macchina. I cittadini si sono recati ai centri di analisi e venivano sottoposti al test come se stessero andando ad ordinare un panino da McDonald’s. In questo modo si è evitato di fare accedere agli ospedali persone potenzialmente infette e si sono limitati al massimo i contatti con gli operatori sanitari.

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Ma soprattutto si è posto l’accento sulla velocità di analisi dei tamponi, la Corea del Sud è in grado di analizzare dai 12mila ai 20mila test al giorno. Come abbiamo visto anche in Cina la rapidità di reazione e identificazione dei casi positivi è di fondamentale importanza per circoscrivere i singoli cluster e impedire una ulteriore diffusione. Prima una persona sa se è positiva o meno prima limiterà i contatti con altre persone. Il secondo asse della risposta sudcoreana è stato quello di tracciare via GPS e tramite una app sullo smartphone le persone positive e in quarantena. In questo modo il Governo è in grado di controllare se le persone infette si muovo di casa e tracciare i loro spostamenti. Infine la Corea del Sud non ha chiuso i voli ma ha obbligato i viaggiatori a scaricare un’applicazione per poter tracciare il loro percorso nel paese e inviare informazioni circa sintomi sospetti. Il caso coreano è solo apparentemente diverso da quello cinese. Certo, non ci sono state chiusure massicce e quarantene assolute ma così come in Cina si è capito che la cosa più importante da fare era reagire rapidamente, contenere i casi di infezione e risalire a tutti le persone che avevano avuto contatti con i pazienti positivi per circoscrivere i cluster epidemici.

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