Dov’era Diego Fusaro quando Carola Rackete salvava migranti in mezzo al mare?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-12

Nel più becero degli “e allora il PD” Diego Fusaro si chiede cosa stesse facendo la comandante della Sea Watch quando bombardavano la Libia. Sulla scorta della preziosa osservazione del turbofilosofo ci sono venute in mente alcune domande da fare al profeta di Spotorno

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Carola Rackete è nata nel 1988, Diego Fusaro è nato nel 1983. A separarli non sono solo quei cinque anni di differenza. La prima comandava una nave che salvava persone in difficoltà in mezzo al mare. Il secondo cavalca con brio le poltroncine degli studi televisivi mentre con il ditino alzato dispensa kohan e perle di saggezza degne di uno che molto modestamente si definisce “allievo indipendente di Hegel e Marx”.

Il turbobenaltrismo populista di Diego Fusaro

Diego Fusaro insomma non è certo noto per aver salvato vite umane. Ma quanti di noi possono dire di averlo fatto? La differenza sostanziale è che probabilmente abbiamo la decenza di tacere. Il turbofilosofo invece è come un siluro a lenta corsa: colpisce la comandante della Sea Watch 3 appena al di sotto della linea di galleggiamento. Lo fa con una domanda di quelle che proprio non lasciano scampo. «Ma dov’era Carola quando la Libia veniva bombardata nel 2011? A fare l’apericena nel centro sociale okkupato?» chiede Fusaro su Twitter.

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Sul suo sito invece allarga il raggio d’azione della sua inchiesta: «I capitali coraggiosi delle navi cosa dicevano nel 2011 quando si trattò di bombardare imperialisticamente la Libia? Erano impegnati a fare l’apericena nel centro sociale okkupato? Erano d’accordo, sempre in nome dei diritti umani?». Ora la matematica ci dice che all’epoca la Rackete aveva 23 anni, probabilmente era impegnata a fare quello che fanno tutti i ventenni. Fusaro di anni ne aveva 28, sicuramente era già laureato ma non risulta sia andato in Libia a fare lo scudo umano per impedire i bombardamenti.

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Poco importa qui cosa facessero entrambi. Di maggiore interesse è invece far notare che ad avallare il bombardamento della Libia c’erano anche coloro che – come Giorgia Meloni – oggi denunciano l’imperialismo francese. Esattamente come fa Fusaro. E non va dimenticato che a proposito di sovranisti anche la Lega all’epoca era al governo con Berlusconi e non si comportò diversamente.

Perché Fusaro non fa qualcosa di concreto per aiutare le vittime dei globocrati e della finanza apolide?

Per Fusaro però la questione è più semplice. La liberazione di Carola Rackete, ad esempio, non lo sorprende affatto perché «gli amici dei padroni la fanno sempre franca. Loro sono gli eletti, non fanno parte della plebaglia populista che lotta ogni giorno per il salario. Il loro falso ribellismo è il lato fucsia della deregulation cara ai globocrati e agli incappucciati apolidi della finanza». Tutto si tiene, da una parte i lavoratori che si spaccano la schiena per il loro misero salario (ma cosa ne sa Fusaro?) dall’altra l’importatrice di africani.

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E non manca neppure un suggerimento: «Carola, se sei ricca e tedesca, e ami gli africani, benissimo, ciò è buono e giusto. Allora vai a investire in strutture per gli africani: ospedali, scuole, biblioteche». Un consiglio eccellente. Quand’è che Fusaro, che povero non è e che ama gli italiani investirà i suoi denari in strutture per gli italiani magari aprendo non dico un ospedale ma almeno una clinica, oppure un doposcuola per i bambini del sottoproletariato urbano con annessa biblioteca?

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Com’è che Fusaro non va fuori dalle fabbriche a fare i picchetti? Come mai non lotta nei campi contro lo sfruttamento degli «sconfitti della globalizzazione, proletariato e ceti medi martoriati dal glebalismo gestito dagli apolidi della finanza e santificato dai loro servi fedeli»? Perché non si rimbocca le maniche e ci guida verso la Rivoluzione? Lo diciamo per il suo bene, non vorremmo che in un futuro prossimo qualcuno venisse a chiedergli dov’era quando nel 2019 succedeva tutto questo.

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Perché qualcuno potrebbe rinfacciargli che mentre Carola Rackete “deportava africani” (e non si sottraeva certo alle conseguenze giudiziare del suo gesto) lui era a Coffeebreak su La 7, un’emittente televisiva privata e cosmopolita. Non vorremo mai che qualcuno gli andasse a ricordare che mentre le Ong salvavano vite umane nel Mediterraneo lui si faceva sculacciare in diretta televisiva da Gaia Tortora come uno scolaretto indisciplinato e incassava delle bellissime turbotrombate elettorali. Sarebbe davvero brutto se dovesse succedere, dopo tutto quello che Fusaro ha dato all’Italia. E siamo sicuri potrà dare di più, quindi non vediamo l’ora di essere invitati all’inaugurazione del Centro Diego Fusaro per ragazzi che non sanno leggere bene (e vogliono imparare a fare anche altre cose) e perché no, dell’Ospedale Diego Fusaro per vittime dei globocrati della finanza apolide e del padronato cosmopolitico. È proprio vero quello che scrive Fusaro «l’epoca della post-verità è anche l’epoca in cui si pretende di esaurire la verità nei post sulle reti sociali». Meno reti sociali e più opere di bene (per gli italiani), grazie.

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