Politica
In difesa di Mattarella
Alessandro D'Amato 28/05/2018
La Stampa e il Corriere raccontano le motivazioni del Quirinale per lo strappo istituzionale di ieri. E svelano alcuni retroscena sulla trattativa più pazza del mondo
Il giorno dopo il no più fragoroso della storia repubblicana, due giornali in particolare difendono la scelta di Sergio Mattarella, che ha provocato il fallimento del governo Conte con il veto su Paolo Savona ministro dell’Economia. Il Corriere della Sera e La Stampa oggi spiegano le ragioni del presidente della Repubblica. Scrive La Stampa:
Avevano creduto che Mattarella fosse «a disposizione», dimenticando di avere davanti un uomo cui la mafia ha ucciso il fratello. […] Il presunto attentato alla Costituzione, per cui adesso Di Maio e Meloni (ma non il più furbo Salvini) vorrebbero «impicciarlo», sul Colle provoca indifferenza. Facessero pure, è la risposta che si ottiene lassù.
Perché tanto poi, perfino nel caso in cui il Parlamento a maggioranza assoluta mettesse il Presidente in stato di accusa, a giudicare sarebbe la stessa Corte costituzionale, in versione allargata, di cui Mattarella è stato fino a tre anni fa apprezzato membro. Alla Consulta gli darebbero una medaglia per aver difeso la suprema Carta. Probabilità che l’assalto riesca, pari a zero.
La messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica, annunciata ieri da Di Maio al telefono con Fabio Fazio, non lo preoccupa. La sua, scrive Magri, è stata una scelta di coerenza:
Se dopo nuove elezioni una coalizione populista vincesse addirittura con l’80 per cento (secondo la profezia di Massimo D’Alema), Mattarella sarebbe ancora lì, a ribocciare il professor Savona. La sua capacità di resistenza troverebbe un limite qualora lo scontro raggiungesse livelli mai conosciuti finora. Nel frattempo colerà a picco nei sondaggi, lui stesso lo mette nel conto.
Se si fosse accontentato di «tagliare nastri», nessuno lo avrebbe messo nel mirino. Però intanto, come dicono persone a lui vicine, il Presidente è «sereno e in pace con se stesso. Per non avere deluso tante persone perbene che, magari in minoranza, credono nel rispetto delle regole».
Marzio Breda sul Corriere della Sera invece racconta il differente atteggiamento di Salvini e Di Maio e l‘offerta di interim a Conte per lo spacchettamento del ministero che alla fine non è passato:
Comunque non c’era altra opzione, per Mattarella. Che non avrebbe potuto lasciare l’istituzione Presidenza della Repubblica colpita e, anzi,lesionata, nelle prerogative fissate dalla Carta costituzionale. Un’osservazione che fino all’ultimo ha girato,argomentandola, anche ai due partner dell’ormai disciolta maggioranza, che sono stati degli agnellini davanti a lui.
Nessun veto, capite? Piuttosto perché irrigidirsi su Paolo Savona quando al suo posto vi ho proposto un interim aConteo l’incaricopieno aunleghista di peso come Giorgetti? «Capiamo tutto, presidente, ma per come si è messa la cosa non possiamo togliere quel nome dalla casella dell’Economia», gli hanno risposto. Con garbo. Salvo fare, subito dopo esser usciti dal Palazzo, «la faccia feroce», come dicono a Napoli, mentre si esibivano in piazze e tv fino a vagheggiare l’impeachment.
Nell’articolo si spiega anche perché il comunicato stampa di Savona non ha convinto il presidente della Repubblica:
Un momento spartiacque si era avuto all’ora di pranzo, quando il professore cagliaritano aveva fatto diffondere un chiarimento su quella che aveva definito «una scomposta polemica sulle mie idee». Documento ambiguo. Perché si riparava dietro il «contratto» di Lega e 5 Stelle, senza entrare nei nodi di un programma economico insostenibile sul piano della disciplina di bilancio, attraverso investimenti extradeficit. E soprattutto reticente sul «piano» per far uscire l’Italia dall’euro predicato con insistenza da Savona.
Da qui la bocciatura. E lo scoppio del vulnus più sanguinoso della storia repubblicana.
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