Fact checking
La prova che Di Maio non ha capito cosa votava sulla pace fiscale
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2018-10-18
Il litigio tra i due viceministri Castelli e Garavaglia svela la vera storia della pace fiscale e dello scudo penale per i capitali all’estero: quelle norme si trovano nei condoni, ma Giggetto non lo sa
Uno scontro nello scontro tra i due viceministri senza deleghe contribuisce a rendere ancora più surreale il dibattito dietro la “manina” che secondo il vicepremier Luigi Di Maio avrebbe aggiunto lo scudo per riciclaggio e antiriciclaggio e cambiato le soglie della Pace Fiscale del decreto di Lega e MoVimento 5 Stelle. A darsele di santa ragione sono il leghista Massimo Garavaglia e la grillina Laura Castelli, accomunati dal destino di non aver ricevuto ancora le deleghe per operare dal ministro dell’Economia Giovanni Tria (non per sfiducia, ma perché non si fida).
Di Maio, la manina e le manacce
Garavaglia in Transatlantico oggi davanti ai cronisti non ce l’ha fatta più a trattenersi: «Ma è evidente che lo sapevano tutti», è sbottato davanti ai cronisti che gli chiedevano se fosse a conoscenza delle presenza nel Dl fiscale delle norme sulla pace fiscale contestate da M5S. E a alla domanda se anche il vice presidente del Consiglio ne fosse a conoscenza ha replicato: “Non lo so, lo chieda a lui”. Laura Castelli ha risposto attraverso l’Adn Kronos a Garavaglia: “Lunedì prima del Consiglio dei ministri c’è stato un tavolo politico in cui l’accordo raggiunto prevedeva nessun condono penale e niente scudo fiscale sui capitali esteri. Adesso Garavaglia e la Lega ci dicono che approvano una norma che introduce condoni penali e scudi fiscali per capitali all’estero? Allora c’è un problema politico”.
La denuncia di Di Maio in procura è sparita, ecco perché
Nel frattempo non si hanno tracce della denuncia che ieri sera un Di Maio su tutte le furie aveva promesso in Procura puntando il dito contro quei cattivoni dei tecnici del ministero del Tesoro che stavolta c’entrano relativamente con le paturnie a 5 Stelle. Ma per capire cosa sia davvero successo bisogna tornare a leggere e interpretare l’articolo 9 che ha fatto arrabbiare il MoVimento 5 Stelle:
“Nei confronti dei contribuenti che perfezionano la procedura di integrazione o emersione ai sensi del presente articolo e limitatamente alle condotte relative agli imponibili, alle imposte e alle ritenute oggetto della procedura:
a) è esclusa la punibilità per i delitti di cui agli articoli 4, 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;
b) è altresì esclusa la punibilità delle condotte previste dagli articoli 648-bis e 648- ter del codice penale, commesse in relazione ai delitti di cui alla lettera a);
c) si applica l’articolo 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n.167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227;
d) si applicano le disposizioni in materia di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 58, comma 6, del medesimo decreto;
e) le condotte previste dall’articolo 648-ter.1 del codice penale non sono punibili se commesse in relazione ai delitti di cui alla lettera a), sino alla data del 30 settembre 2019, entro la quale può essere attivata la procedura”.
Cosa vuol dire tutto ciò? Emendando il legalese, la pace fiscale, così come è scritta la norma circolata nelle bozze del dl fiscale, è una dichiarazione integrativa che diventa ‘speciale’ estendendosi anche all’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (Ivie) e all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (Ivafe), tipiche della voluntary disclosure. La misura prevede gli sconti penali tipici dello scudo sui capitali all’estero, ma rispetto allo scudo, per come è scritta la norma, non si configura come un’emersione totale di nuovi patrimoni, piuttosto come la possibilità di regolarizzare gli immobili o i conti correnti detenuti all’estero già dichiarati al fisco, rettificando il quadro RW della dichiarazione dei redditi ovvero ‘Investimenti all’estero e/o attività estere di natura finanziaria – monitoraggio – Ivie/Ivafe’.
Cosa è successo davvero sullo scudo fiscale
Ecco quindi che comincia a delinearsi un quadro di maggior comprensione di come sono andati i fatti. Dopo gli articoli dei giornali che nella giornata di ieri hanno illustrato le bozze della pace fiscale, alcuni nel MoVimento 5 Stelle hanno cominciato a mettere sotto pressione Di Maio il quale, come suo costume, per salvare la faccia ha dovuto sostenere di non sapere nulla del provvedimento, il che è possibile soltanto in un caso: se, come spesso finora è capitato, Di Maio e gli altri del M5S non hanno capito quello che hanno approvato in Consiglio dei Ministri.
Le norme infatti sono coerenti con l’obiettivo di fare in modo che alla Pace Fiscale del governo Lega-M5S aderiscano più evasori possibile. Senza quegli sconti penali ciascun aderente rischia di confessare automaticamente reati per i quali sono previste pene fino a dieci anni di galera. Nel momento in cui si decide di fare i condoni, è automatico che si preveda di non punire penalmente chi aderisce, per la banale motivazione che altrimenti non aderirebbe nessuno. E siccome i soldi che Lega e M5S si attendono dalla Pace Fiscale servono a finanziare misure come quota 100 sulle pensioni e il reddito di cittadinanza, se le entrate attese diventano virtuali a rimetterci sarà proprio il governo Conte sostenuto dal M5S. Ma siccome nel Grande Popolo dei sostenitori M5S (e tra i parlamentari eletti) c’è chi soffia sul fuoco anche nei confronti di Di Maio, per non fare una figuraccia con gli attivisti alla vigilia di Italia 5 Stelle il vicepresidente del Consiglio ha preferito inventarsi un complotto dietro il quale, dice oggi finalmente Castelli, c’è un dissidio politico. Quando avranno finito di giocare potranno affrontare il problema. E risolverlo, in un modo o nell’altro.
Foto copertina da Twitter