Chi è la manina dietro il complotto della manina?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-10-18

Riguardando alla moviola la sceneggiata di Luigi Di Maio a Porta a Porta sul condono contenuto nel decreto fiscale non si può fare a meno di notare come il vicepremier si stesse rivolgendo principalmente ad una categoria di persone: gli elettori del MoVimento che temono che i 5 Stelle si facciano fregare dalle manovre di palazzo, vere o presunte che siano

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Ieri sera siamo andati a letto con Luigi Di Maio pronto ad andare in Procura a denunciare la “manina” tecnica o politica che aveva modificato il testo del decreto fiscale trasmesso al Quirinale da Palazzo Chigi. Mentre le agenzie battevano la notizia però il Quirinale faceva sapere di non aver ricevuto il testo del decreto e da Bruxelles il presidente del Consiglio Conte faceva sapere di aver bloccato per tempo il decreto impegnandosi a controllarlo “articolo per articolo”.

Il MoVimento 5 Stelle e le teorie del complotto sulla manina

Durante la sua sceneggiata napoletana a Porta a Porta il ministro del Lavoro mostra sul testo del decreto le parti che avrebbero dovute essere cancellate. «C’è di tutto, c’è il reato di riciclaggio, c’è di tutto. Questa parte deve essere tolta» spiega Di Maio alle telecamere mentre freneticamente cancella con un tratto di penna le parti incriminate (che per comodità erano state già evidenziate sul foglio). Nel frattempo tutti hanno preso ad interrogarsi su chi fosse la manina. Sono stati i soli tecnici come quella volta con il Decreto Dignità? È una vendetta di quei pezzi di merda del MEF? Oppure è stata la Lega? Oggi Salvini ha fatto sapere che il testo del decreto «era stato approvato all’unanimità». I 5 Stelle però sembrano aver scoperto la presunta manipolazione solo dalle agenzie di stampa dopo la pubblicazione di un articolo di Repubblica.

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Fonte: Il Fatto Quotidiano del 18/10/2018

Sui giornali di oggi si cerca di fare luce sul complotto della manina. Non senza qualche imbarazzo. Ad esempio il Fatto Quotidiano pubblica un articolo dal titolo “Impunità per chi ricicla soldi. Il Quirinale blocca la norma”. Ma come è possibile se il Quirinale, come ha fatto sapere ieri su Twitter non ha ricevuto né bloccato alcunché? Secondo le “fonti” del Fatto al Colle invece il Quirinale «avrebbe chiesto di modificare le parti sulle depenalizzazioni». Ma in base a quale testo? La bozza che viene inviata per prassi? E perché il Quirinale se ne è accorto mentre Di Maio e i ministri a 5 Stelle no? Ieri a Porta a Porta Di Maio ha detto di essersene accorto un’ora prima di andare in trasmissione però nel frattempo Conte aveva già bloccato l’invio del decreto. Il vicepremier pentastellato ieri ha corretto il tiro dicendo che «ai miei uffici è stato riferito che quel testo è stato mandato al Quirinale. Se non è così torno a Palazzo Chigi, accertiamo tutto. Non ci sarà bisogno di riunire un nuovo Cdm. Basta stralciare quella parte dal testo».

Come la manina è diventata uno strumento di propaganda

Oggi c’è chi ride per la figuraccia di Di Maio, a farlo sono anche gli alleati leghisti e non solo le opposizioni. Continua invece la caccia alla manina e c’è chi sospetta dei funzionari del MEF (ma allora dov’erano i sottosegretari Castelli e Villarosa?) o del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. In questo secondo caso sarebbe facile risalire alle responsabilità semplicemente leggendo lo stenografico delle sedute del CdM. La situazione rimane surreale ma tra la manina tecnica e quella politica c’è anche una terza ipotesi. Chi ci guadagna dalla storia della manina? Qualcuno potrebbe pensare che il MoVimento ha fatto la solita figuraccia. Ma non è così. Quella andata in onda ieri sera non era una denuncia (Di Maio sarebbe potuto andare prima a denunciare) ma una messinscena ad uso e consumo dello zoccolo duro dell’elettorato pentastellato. Un po’ come la storia dell’impeachment a Mattarella dopo il niet a Savona o quella del “gli faccio il danno d’immagine” nei confronti degli impresentabili candidati ed eletti nel M5S.

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Nell’ultimo post pubblicato da Alessandro Di Battista l’amico fraterno di Luigi ringrazia Di Maio per la denuncia che ha fatto e ribadisce un concetto molto chiaro «finalmente c’è chi sa dire NO. Farlo dall’opposizione era più facile. Farlo al governo dimostra il valore di un uomo». Cosa ci dicono queste poche righe? Che il MoVimento non si è “ammorbidito” stando al governo, che è ancora un partito di lotta e di governo. Un po’ come la Lega di Bossi che anche quando era al governo stava «con due piedi fuori dal Palazzo ed un pugno dentro». E a leggere i commenti è proprio questo il sentimento dei duri e puri del MoVimento 5 Stelle.

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Il tutto sta nel rispondere ad una semplice domanda. A chi si stava rivolgendo Di Maio quando ha parlato della “manina” e minacciato denunce alla Procura della Repubblica? Visto che oggi non c’è andato e visto che i rapporti con l’alleato di governo rimangono stabili non resta che una spiegazione. Il Capo Politico del MoVimento stava parlando ai suoi, a quelli delusi per il mancato no alla Tap, per il condono agli abusivi di Ischia, per il salvataggio dell’Ilva e soprattutto per aver accettato un condono fiscale che per il movimento degli onesti è difficile da mandare giù. Inoltre non bisogna dimenticare che in questi mesi Matteo Salvini abbia saputo rubare la scena politica al leader pentastellato dando l’impressione di avere lui in mano le redini del governo. Insomma sono in molti gli elettori che accusano i 5 Stelle di aver calato le braghe.

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In questa situazione era necessaria una prova di forza che – in parte ricorrendo all’espediente già usato da Casalino di prendersela con i tecnici – il MoVimento non si era fatto fagocitare dal Palazzo ma continuava a tenere un occhio vigile. Non bisogna dimenticare che il popolo a 5 Stelle è stato cresciuto da anni e anni di propaganda sui rischi e le trame oscure della politica. La cultura del sospetto è connaturata all’essenza stessa del M5S ed è una delle cifre della propaganda a 5 Stelle (vi ricordate Toninelli che denunciava di aver subito pressioni inesistenti?). Cosa c’è di meglio di un vicepremier che apre Palazzo Chigi come una scatoletta di tonno e svela che qualcuno sta mettendo i bastoni tra le ruote al cambiamento e può così rivendicare di “dire sempre la verità ai cittadini”? Sempre da Vespa ieri Di Maio spiegava che «questo è il governo con il più alto numero di nemici che ci sia mai stato verso un governo». E cosa c’è di meglio di agitare lo spettro di un nemico (interno, esterno, invisibile) per ricompattare le truppe pentastellate?

Leggi sull’argomento: Il M5S Roma avanti con Virginia Raggi anche se condannata?

 

 

 

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