Economia
Il doppio standard di Di Maio su CETA e JEFTA
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2018-07-17
Il ministro dello Sviluppo Economico ha annunciato la linea dura sul CETA facendo sapere che il Parlamento non lo ratificherà. Al tempo stesso ha firmato un analogo accordo con il Giappone, promettendo di inviare “osservazioni” che però non saranno recepite perché il trattato è stato siglato oggi da Junker e Abe
Non c’è solo il CETA, il trattato di partenariato economico e commerciale tra Unione Europea e il Canada. C’è anche il JEFTA l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Giappone. La differenza tra i due è che il primo è stato fortemente avversato dal MoVimento 5 Stelle, mentre il secondo no. La prova è che la settimana scorsa il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio ha dichiarato che quando il CETA arriverà in Aula la maggioranza lo respingerà. Questo nonostante l’accordo, che è già operativo in via provvisoria dallo scorso settembre, abbia avuto ricadute positive per l’export italiano.
Il doppio standard di Di Maio su CETA e JEFTA
Tutto regolare, nel contratto di governo infatti è scritto che «per quanto concerne Ceta, MESChina, TTIP e trattati di medesima ispirazione ci opporremo agli aspetti che comportano un eccessivo affievolimento della tutela dei diritti dei cittadini, oltre a una lesione della corretta e sostenibile concorrenza sul mercato interno». Nei giorni scorsi però il ministro dell’Agricoltura Centinaio ha già iniziato a prendere tempo facendo sapere di voler “studiare bene” le carte del CETA e di non avere fretta a porre la questione all’attenzione del Parlamento. Nel frattempo però sul fronte del Japan-EU Free Trade Agreement le cose stanno andando diversamente. Il vicepremier Di Maio ha infatti dato il via libera al JEFTA. La linea del governo sull’accordo EU-Giappone è stata annunciata sul Blog del MoVimento 5 Stelle dove il trattato commerciale è stato presentato come “un bene per i cittadini, Pmi e Made in Italy”.
Qualche giorno prima in un’intervista a Repubblica Di Maio aveva fatto sapere che il governo stava inviando “osservazioni” in merito ai trattati di scambio. E non si capisce se si stava riferendo al CETA (ma ormai non è più possibile inviare “osservazioni”) o al JEFTA (idem). Sul Blog invece leggiamo che dal momento che l’accordo era stato siglato dalla Commissione nel 2017 «l’attuale governo italiano non ha dunque potuto influenzare i negoziati poiché essi erano già conclusi prima del suo insediamento». Ci sono alcuni punti sui quali il governo ha dei dubbi «ma nonostante alcune criticità, ha ritenuto in larga misura accettabile l’accordo alla luce dei benefici che esso apporterà alle esportazioni italiane e perché si tratta di un accordo conveniente per le PMI e i cittadini italiani».
Quando il M5S prometteva il coinvolgimento dei cittadini a tutela del Made in Italy
La rimozione dei dazi, spiega il M5S, sarà vantaggiosa anche per l’agroalimentare italiano perché l’accordo «garantirà la tutela di 46 indicazioni protette italiane». Ma come, anche il CETA garantisce 41 DOC e DOP ma per il governo non è conveniente. Forse i problemi sono altri? Non si sa. Nel post si legge che «L’accordo non contiene la clausola ISDS o il tribunale degli investimenti, quel marchingegno diabolico che era presente nel TTIP e che permette alle corporation di fare causa agli Stati». Incredibile a dirsi nemmeno il CETA “contiene” la clausola che prevede la creazione delle ISDS (investor-state-dispute settlement). Nell’accordo con il Canada sono infatti state create le ICS (investment court system).
Eppure secondo Carlo Petrini di Slow Food «Lo Jefta rappresenta un nuovo colpo al sistema di qualità agroalimentare su cui poggia buona parte dell’agricoltura europea e quindi italiana» perché «Il trattato tutela solo un numero esiguo di denominazioni di origine, lasciando un enorme spazio di conquista per il finto Made in Italy». Queste sono state nei mesi scorsi le argomentazioni del M5S contro il CETA, ma evidentemente per qualche strana ragione non valgono per l’accordo di libero scambio con il Giappone. Anche nel programma elettorale il MoVimento scriveva che i trattati internazionali di libero scambio «offrono spesso poche tutele per gli Stati membri dell’ Europea mediterranea andando a colpire direttamente alcuni settori dell’economia nazionale». Oggi, nonostante le promesse dei 5 Stelle, Europa e Giappone hanno siglato l’accordo; a firmarlo, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il premier giapponese Shinzo Abe. La firma da parte del ministro dello Sviluppo Economico ha fatto infuriare i sostenitori della campagna “Stop TTIP” che denunciano il “tradimento” da parte di Di Maio e del MoVimento 5 Stelle degli impegni presi in campagna elettorale. Anche perché il M5S non ha fatto nulla per garantire la trasparenza sul JEFTA. Ad oggi è possibile leggere il contenuto dell’accordo unicamente grazie al leak pubblicato da Greenpeace. Ma chi si sorprende che il MoVimento di governo sia così distante dalle posizioni di quello di opposizione dovrebbe leggersi la risposta data in Parlamento sulla questione della vendita di armi italiane utilizzate nella guerra in Yemen. Come è noto il M5S ha sempre avversato la vendita di armi all’Arabia Saudita denunciandone la presunta “illegalità”. A chi chiedeva se il governo intesse cambiare le cose il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano così come per gli F35ha risposto che «Le valutazioni avvengono in un quadro di concertazione fra Paesi Alleati ed UE, tenendo anche conto dei rapporti bilaterali e della cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo». Insomma, anche su altre importanti questioni il M5S non riesce ad essere assolutamente incisivo.
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