Il decreto di Di Maio ha perso la dignità

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-07-02

Rispetto alle promesse non ci sono eliminazione di spesometro, redditometro e split payment mentre gli studi di settore erano di fatto già aboliti; cadono le norme sui rider; crescono le tasse sui contratti precari e c’è una piccola stretta su quelli a termine mentre lo stop alla pubblicità del gioco d’azzardo vale per tutti tranne che per lo Stato. Contenti?

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Stasera nel Consiglio dei ministri approderà il Decreto Dignità, ovvero il primo atto legislativo targato Luigi Di Maio. La settimana scorsa le norme sono state rinviate perché prive di bollinatura e coperture. Quelle che promettono di partire da questo consiglio dei ministri, viste le bozze che stanno circolando in queste ore, costituiscono un forte ridimensionamento degli obiettivi rispetto agli annunci iniziali (strano!).

Il decreto di Di Maio ha perso la dignità

Per tutta la campagna elettorale e anche in tempi molto recenti infatti Di Maio aveva annunciato cancellazioni varie di norme come redditometro, spesometro e split payment (peraltro già oggetto di provvedimenti analoghi prima dello scioglimento delle Camere: il più era già fatto). Il Decreto Dignità prevederà invece soltanto uno slittamento della scadenza dello spesometro al 28 febbraio (dal 30 settembre), lo stop dello Split Payment solo per i professionisti e una serie di ritocchi al redditometro.

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Lo spesometro e le scadenze (Il Sole 24 Ore, 26 settembre 2017)

Il motivo della retromarcia sullo split payment è semplice. La norma, allargata a tutte le società pubbliche con la manovra correttiva di aprile 2017, a novembre ha fatto crescere l’Iva di circa 10 miliardi. Tutte le imprese, piccole e grandi, ne chiedono la cancellazione perché rappresenta un’anticipazione di cassa e crea problemi di liquidità. Il governo ha, invece, preferito garantire tempi rapidi nei rimborsi piuttosto che abolirlo. L’eliminazione costerebbe comunque. Ecco perché è uscito dalla lista. Anche il redditometro è uno strumento ormai in disuso sul quale non si comprendeva l’urgenza di intervento. In ogni caso il pacchetto fiscale adesso si può tranquillamente definire “light”.

Lo stop alla pubblicità del gioco d’azzardo… con eccezioni!

Anche lo stop alla pubblicità del gioco d’azzardo presenta significative variazioni rispetto a come era stata presentata. Intanto vengono “salvati” tutti i contratti in essere e quindi non ci sarà alcuna sospensione immediata per questo tipo di pubblicità, come si immaginava vista l’urgenza di muoversi attraverso decreto. In secondo luogo dal divieto di pubblicità sono escluse  le lotterie a estrazione in differita, come la Lotteria Italia. In più, lo stop non vale anche per “i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli”. In pratica lo Stato Biscazziere (con tutti i suoi introiti) è salvo. Perdono quindi solo i privati, mentre non si sa come verranno coperti i minori introiti per lo Stato.

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Il giro d’affari del gioco d’azzardo (Fonte: documentazione.info)

Per quanto riguarda i contratti, nell’ultima bozza salta la misura che impediva contratti di somministrazione a tempo indeterminato. Si prevede comunque che nel caso di somministrazione a tempo determinato valgano le stesse regole degli altri contratti con scadenza. Quindi, per tutti i tempi determinati non si potranno avere più di 4 proroghe, con un limite di durata massima comunque non superiore a 36 mesi. Le nuove norme valgono anche nei casi di rinnovo dei contratti attualmente in corso. In caso di rinnovo, e per i contratti oltre 12 mesi, tornano le causali: temporanee e oggettive o per esigenze sostitutive; connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria; per picchi e attività stagionali. A ogni rinnovo i contratti avranno un costo contributivo dello 0,5% in più rispetto all’1,4% che già è a carico del datore di lavoro e che finanzia la Naspi. Anche le regole sui rider sono state rinviate visti i rischi legislativi insiti all’interno di un impianto contraddittorio.

La stretta sulla delocalizzazione

Tutto confermato invece quello che riguarda le norme sulla delocalizzazione. Le nuove regole fanno scattare multe da 2 a 4 volte il beneficio ricevuto per le imprese che delocalizzano “entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata”. Una prima versione indicava un arco temporale di 10 anni. La stretta resta sia per chi lascia l’Italia per un Paese extraeuropeo si per chi trasferisce l’attività, anche in parte, in uno dei Paesi dell’Unione. Il beneficio, inoltre, andrà restituito con gli interessi maggiorati fino a 5 punti percentuali.

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Il decreto dignità e la lotta alla precarietà: i rider (Il Fatto, 15 giugno 2018)

Rispetto ai quattro punti fondamentali indicati da Di Maio il 14 giugno scorso, non ci sono eliminazione di spesometro, redditometro e split payment mentre gli studi di settore erano di fatto già aboliti; cadono le norme sui rider; crescono le tasse sui contratti precari e c’è una piccola stretta su quelli a termine mentre lo stop alla pubblicità del gioco d’azzardo vale per tutti tranne che per lo Stato. L’unica norma che non è uscita modificata rispetto agli annunci è quella sulle delocalizzazioni. La montagna ha partorito il toposorcio.

EDIT ORE 15,01: ANSA: Le Bozze sul decreto dignità circolate questa mattina sono superate. E’ quanto sottolineano fonti di governo spiegando come in queste ore si stia limando il testo del provvedimento e smentendo che ci sia uno slittamento della scadenza dello spesometro al 28 febbraio.

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