Per colpa di qualcuno non riapre più nessuno: cosa c’è dietro la fase 2 light di Conte

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-04-27

Perché ieri durante la conferenza stampa di Giuseppe Conte la montagna della fase 2 ha partorito il toposorcio di una chiusura generalizzata praticamente confermata se non per le attività produttive, la ristorazione da asporto e le visite “ai congiunti”, le uniche attualmente consentite. Non tanto per motivi epidemiologici, ma per motivazioni politiche

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In qualche bar si può trovare ancora il cartello “Per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno”: è un modo sarcastico di spiegare che siccome qualcuno ha l’abitudine di non pagare le consumazioni, allora nell’esercizio sono abolite le consumazioni a credito. E la frase contribuisce anche a spiegare perché ieri durante la conferenza stampa di Giuseppe Conte la montagna della fase 2 ha partorito il toposorcio di una chiusura generalizzata praticamente confermata se non per le attività produttive, la ristorazione da asporto e le visite “ai congiunti”, le uniche attualmente consentite.

Per colpa di qualcuno non riapre più nessuno: cosa c’è dietro la fase 2 di Conte

Per farlo è utile dare un’occhiata a quanto scrive oggi Il Messaggero in un retroscena firmato da Simone Canettieri, che racconta come dietro la prudenza dell’esecutivo la curva in salita dei contagi di Milano. E anche, vale la pena aggiungere, quella del Piemonte, che ieri ha superato i contagi della Lombardia per numero di abitanti:

Nella domenica dell’Annuncio i dati che provengono dalla Lombardia continuano a essere complicati e densi di preoccupazioni: a Milano è tornato a crescere il dato dei contagiati, anche se in Lombardia sono calati i decessi, ieri a più 56. Campanelli d’allarme che ieri hanno fatto rimettere al centro della task force di Vittorio Colao che parla con il Governo l’indice di contagio R0 e la capacità delle singole regioni di predisporre letti di terapia intensiva in caso di ritorno del contagio.

Ecco perché ieri pomeriggio Conte ha fatto capire agli enti locali e poi a governatori che se il numero dei contagi dovesse risalire il Governo e le Regioni sarebbero obbligate subito a emanare misure ancora più stringenti. Di fatto il ritorno della quarantena. Ma i nodi da sciogliere sono tantissimi. E il pericolo che dal 4 maggio scatti una circolazione fuori controllo preoccupa il governatori del Sud.

fase 2 emergenza coronavirus

I numeri d’altro canto sono questi: i nuovi positivi al coronavirus ieri sono stati 2.324, mentre sono morte altre 260 persone. In tutto le vittime in Italia hanno raggiunto la cifra di 26.644. I malati sono 106.103 e dall’inizio dell’epidemia, il numero dei casi ha raggiunto i 197.675. Siamo dunque alla vigilia dei 200 mila contagiati. Ma, spiega oggi Elena Dusi su Repubblica, le differenze tra le regioni sono impressionanti:

La prima regione per numero di malati rimane la Lombardia, con 35.166. Ieri i tamponi positivi sono stati 920. Tornano dunque a crescere dopo il rallentamento di sabato. In questa regione si sono registrati circa un terzo dei contagi d’Italia e la metà delle morti. Nemmeno a Milano l’epidemia sembra volerne sapere di infiacchirsi. Nell’area metropolitana si sono registrati 463 nuovi casi, circa la metà dell’intera regione. Nella città vera e propria i tamponi positivi sono stati 241. Ieri l’incremento era stato più contenuto: rispettivamente di 219 e 80 casi. A soffrire di più, dopo l’epicentro Lombardia, è il Piemonte, che ha 15.519 persone positive. L’Emilia Romagna ne ha 12.341 e il Veneto 9.138. Il traguardo dei “contagi zero” ieri non è stato toccato da nessuna regione, ma la Calabria ne ha avuto solo uno e l’Umbria due, mentre a Roma non si registrano vittime da 48 ore.

I numeri del Coronavirus in Italia e le scelte del governo

Ecco quindi che mentre le differenze tra regione e regione si fanno più marcate, l’esecutivo si trova in un dilemma del prigioniero di difficile risoluzione: i numeri ci dicono che in alcune zone d’Italia la situazione è relativamente vicina all’essere sotto controllo (il traguardo dei contagi zero quasi raggiunto in alcune regioni) ma scegliere una riapertura a macchia di leopardo porterebbe alla divisione netta dell’Italia in “buoni e cattivi” e, di conseguenza, alle relative polemiche. Ricordate qualche giorno fa quando Cirio e Fontana, non a caso governatori di Piemonte e Lombardia, dicevano che il Sud non avrebbe potuto riaprire senza il Nord? Il senso politico di quell’affermazione è che una riapertura in alcune zone insieme alla chiusura perpetuata nelle altre potrebbe scatenare diversi problemi dal punto di vista politico. E dare fiato – e forza – all’opposizione.

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Emergenza Coronavirus, i numeri del 26 aprile (Corriere della Sera, 27 aprile 2020)

Qualche giorno fa l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni italiani ha pubblicato una mappa che pronostica quando finiranno i contagi da Coronavirus SARS-COV-2 nelle regioni italiane. Secondo la mappa quelle del Centro-Nord in cui la diffusione di Sars-Cov-2 è iniziata prima, saranno “verosimilmente” le ultime a liberarsi dalla morsa di COVID-19. E il problema è proprio questo: le previsioni sul Centro-Nord in ritardo cozzano con le ambizioni e gli obiettivi di alcuni di quei governatori.

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Coronavirus: le previsioni sulle date di azzeramento delle infezioni regione per regione (Corriere della Sera, 21 aprile 2020)

D’altro canto che la decisione di riaprire fosse una questione di scelte politiche lo ha detto anche il Comitato Tecnico-Scientifico sull’emergenza Coronavirus quando ha spiegato che i tecnici si sarebbero limitati a consigliare ed evidenziare. È evidente che la responsabilità è tutta politica. E se c’è il fondato timore che la famosa APP Immuni alla fine non penetri nella popolazione come sarebbe necessario per questioni di privacy, mentre i test sierologici ad oggi non danno affidabilità al 100% e tantomeno patenti di immunità – anche se chi li vende vuole farlo credere a tutti i costi – e non c’è alcuna prova che chi si è ammalato di COVID-19 sia successivamente immune al Coronavirus SARS-COV-2, l’unica scelta di prudenza che può fare il Prigioniero del Consiglio è sciogliere il dilemma nel modo più conservatore: oggi per colpa di qualcuno non riapre più nessuno. Il dettaglio che forse Conte non ha considerato è che in questo modo ha prima creato l’aspettativa di un ritorno alla quasi-normalità e poi l’ha negata repentinamente creando malcontento. Oggi il premier  ha una popolarità impressionante, che si spiega in buona parte con l’attitudine nei momenti difficili a stringersi attorno alle istituzioni. Ma il consenso è un muro che crolla un granello alla volta.

Leggi anche: Fase 2: cosa si può fare dal 4 maggio, dal 18 e dal primo giugno

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