Economia

La causa al governo per lo stop alle trivelle

neXtQuotidiano 06/02/2019

Secondo gli avvocati delle aziende i danni emergenti sono molto più significativi di quelli già previsti dal governo, anche perché sono stati calcolati sulla base di prezzi risalenti a diversi anni fa. Il lucro cessante invece potrebbe costare miliardi

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I colossi dell’energia sono pronti a fare causa al governo per lo stop alle trivelle e alle trivellazioni deciso con un emendamento al DL Semplificazioni, sul quale l’esecutivo ieri ha posto la questione di fiducia. E, scrive oggi Paolo Mastrolilli sulla Stampa, l’Italia rischia di essere costretta a pagare danni molto salati, nell’ordine di milioni o anche miliardi di euro, alle compagnie del settore energetico che saranno costrette a sospendere le loro attività di ricerca, quando il Decreto Semplificazioni diventerà legge. Molte sono pronte a cause o arbitrati, come ha già fatto la britannica Rockhopper riguardo un caso diverso, che in questi giorni porterà alla prima udienza.

La causa al governo per lo stop alle trivelle

Il testo dell’emendamento salva le concessioni esistenti, ma impone una moratoria di 18 mesi a nuovi piani di ricerca. Questo stop potrebbe estendersi a due anni, se nel frattempo non venisse adottato un Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee, allo scopo di regolare l’intera materia. Già così, il blocco sarebbe dannoso per molte compagnie, che però temono di perdere per sempre le loro attività. Anche se secondo alcuni nell’emendamento si nasconde un “pasticcio” legale che porterebbe le autorizzazioni ad aumentare.

Il ministero dello Sviluppo economico si aspetta cause legali, e perciò ha già previsto gli eventuali oneri. Tanto per il «danno emergente», ossia la perdita legata agli investimenti e le spese già sostenute dalle aziende, quanto per il «lucro cessante», ossia la mancata realizzazione dei profitti derivanti dallo sfruttamento degli eventuali giacimenti scoperti. In totale, il governo stima che al massimo dovrebbe pagare 470.707.000 euro.

Gli avvocati delle compagnie interessate non sono d’accordo. Secondo loro i danni emergenti sono molto più significativi, anche perché sono stati calcolati sulla base di prezzi risalenti a diversi anni fa. Il lucro cessante invece potrebbe costare miliardi, mangiandosi ad esempio l’equivalente dei fondi previsti per il reddito di cittadinanza, se venisse dimostrato che i giacimenti bloccati contengono riserve molto significative.

Le aziende coinvolte nell’emendamento sono Eni, Shell, Total, Edison, oltre a molte aziende di varie dimensioni come le americane Global Med, Delta e AleAnna, le britanniche Rockhopper, Northern Petroleum e Sound Energy con la sussidiaria Apennine, e l’australiana Po Valley legata a Saffron Energy, e tante altre.

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Le cause milionarie in arrivo

Uno dei casi toccati è quello della Global Med, che voleva avviare le indagini sismiche, che secondo i suoi tecnici non hanno impatto sull’ambiente, e in caso di risultati positivi pensava che le trivellazioni potessero cominciare nel giro di due o tre anni. Il 7 dicembre scorso il direttore generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture del Mise aveva concesso il permesso, che però verrà sospeso quando il Decreto Semplificazioni diventerà legge.

La prima iniziativa legale, lanciata dal network “Per l’energia nazionale” di cui fanno parte AleAnna, Audax Energy, Po Valley, Pengas italiana, Delta Energy, Northsun Italia, Irminio, Appenine e PXOG Marshall, sarà un ricorso sulla costituzionalità dell’emendamento al decreto che riguarda l’energia. Sul quale c’è già un precedente, ovvero l’arbitrato di RockHopper:

Diversi anni fa, la compagnia inglese aveva ottenuto la licenza per sviluppare Ombrina Mare, un campo petrolifero nell’Adriatico centrale. Poi però era stata bloccata, quando il governo aveva stabilito di non consentire operazioni a meno di 12 miglia dalla costa. Allora, nel marzo del 2017, aveva deciso di fare ricorso all’arbitrato internazionale contro l’Italia per violazione dell’Energy Charter Treaty. Questo episodio ha origine molto prima del governo gialloverde, che tuttavia ora dovrà gestirlo: «Rockhopper – ha confermato a La Stampa la portavoce Fiona Henson – continua a credere di avere forti prospettive per recuperare danni monetari molto significativi».

L’udienza è prevista proprio in questi giorni, e se la compagnia inglese vincesse, indicherebbe una strada da seguire a tutte le altre aziende bloccate dal Decreto Semplificazioni

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