La vergognosa caccia di Salvini e Di Maio a Tito Boeri

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-07-16

Salvini ha già pronto il sostituto, Di Maio non capisce le tabelle e Tria ha deciso che è meglio tirare a campare che tirare le cuoia. In una situazione disperata ma non seria, è normale che paghi chi dice che 2+2 fa 4

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Adesso tocca a Tito Boeri finire nel mirino dei complottisti del Decreto Dignità. Il presidente dell’INPS è “reo” di aver materialmente redatto la tabella allegata alla relazione tecnica del provvedimento varato dal governo che ha certificato la perdita di 8000 posti di lavoro per effetto delle norme contenute. E per questo ieri, mentre Di Maio individuava una “manina” maligna insieme a Giovanni Tria (riferendosi al Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco), Salvini da Mosca – dove è andato a vedere la finale dei Mondiali, come Renzi a Flushing Meadows nel 2015 – coglieva la palla al balzo per invitarlo a dimettersi: «Il presidente dell’Inps continua a dire che la legge Fornero non si tocca, che gli immigrati ci servono perché ci pagano le pensioni, che questo decreto crea disoccupazione. Se non sei d’accordo con la linea politica di un governo ti dimetti».

La caccia a Tito Boeri, reo di aver fatto una tabella

Prima, nel comunicato congiunto del ministro dell’Economia e del vicepremier, Tria aveva speso tutta la sua autorità professorale per definire “priva di basi scientifiche” la tabella incriminata, fornendo così un bell’assist politico a Di Maio e preservando la sua posizione al ministero dell’Economia, traballante a causa del M5S. La risposta di Boeri arriva nel pomeriggio:  “Le dichiarazioni contenute nella nota congiunta dei ministri Tria e Di Maio rivolgono un attacco senza precedenti alla credibilità di due istituzioni nevralgiche per la tenuta dei conti pubblici nel nostro paese e in grado di offrire supporto informativo alle scelte del Parlamento e all’opinione pubblica. Nel mirino l’INPS, reo di avere trasmesso una relazione “priva di basi scientifiche” e, di fatto, anche la stessa Ragioneria Generale dello Stato che ha bollinato una relazione tecnica che riprende in toto le stime dell’Inps”.

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La tabella del Decreto Dignità rielaborata da Repubblica (16 luglio 2018)

“Quanto al merito – chiarisce Boeri – siamo ai limiti del negazionismo economico. Il provvedimento comporta un innalzamento del costo del lavoro per i contratti a tempo determinato e un aumento dei costi in caso di interruzione del rapporto di lavoro per i contratti a tempo indeterminato. In presenza di un inasprimento del costo del lavoro complessivo, l’evidenza empirica e la teoria economica prevedono unanimemente un impatto negativo sulla domanda di lavoro. In un’economia con disoccupazione elevata, questo significa riduzione dell’occupazione. E’ difficile stabilire l’entità di questo impatto, ma il suo segno negativo è fuori discussione. La stima dell’Inps – spiega ancora il presidente Boeri – è relativamente ottimistica. Prevede che il 10% dei contratti a tempo determinato che arrivano a 24 mesi di durata non vengano trasformati in altri contratti, ma diano luogo a flussi verso la disoccupazione riassorbiti al termine della durata della Naspi. Non si contemplano aggravi occupazionali legati alle causali. In termini assoluti l’effetto è trascurabile: si tratta dello 0,05% dell’occupazione alle dipendenze in Italia. Da notare che l’effetto, contrariamente a quanto riportato da alcuni quotidiani, non è cumulativo. In altre parole il numero totale non eccede mai le 8.000 unità in ogni anno di orizzonte delle stime. Se l’obiettivo del provvedimento era quello di garantire maggiore stabilità al lavoro e più alta produttività in futuro al prezzo di un piccolo effetto iniziale di riduzione dell’occupazione, queste stime non devono certo spaventare“.

La “manina” e le manacce

La replica di Boeri è inappuntabile. E infatti in serata è arrivata la risposta di Luigi Di Maio, che ha confermato l’intenzione di cacciarlo alla scadenza del suo mandato nel febbraio 2019:  “Non possiamo rimuovere Boeri ora, quando scadrà terremo conto che è un presidente dell’Inps che non è minimamente in linea con le idee del governo, non perché il presidente dell’Inps la debba pensare come noi, ma perché noi vogliamo fare quota 100, quota 41, la revisione della legge Fornero, l’Inps ci deve fornire i dati, non un’opinione contrastante”. Apprezzabile come il ministro dello Sviluppo riesca a contraddirsi anche in una frase di venti parole, prima dicendo che il problema di Boeri è non essere allineato al governo e poi sostenendo che non si caccia qualcuno solo perché non è allineato.

Qui insomma non è un caso di manina ma un caso di manacce, e visto l’obiettivo non può non venire in mente quella canzone intitolata “Get your filthy Hands Off my Desert“. Invece Boeri non è per niente nuovo a scontri con i governi in carica (anche quando in carica c’erano altri), cosa che dimostra la sua indipendenza intellettuale: prima arrivò ai ferri corti con il governo Renzi che lo aveva nominato, mentre l’anno scorso si scontrò duramente con l’allora presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, difendendo proprio le previsioni fornite dall’istituto. “Ci sembra di essere in presenza – disse in quell’occasione con una lettera alla commissione parlamentare – di un’operazione volta sistematicamente a gettare discredito sull’Istituto che gestisce la protezione sociale in Italia e sulle statistiche che produce. Se così fosse sarebbe un gioco pericoloso”.

Il negazionismo economico del governo Lega-M5S

Sui giornali oggi c’è chi ricorda, come precedente, il vile attacco alla Banca d’Italia di Paolo Baffi alla fine degli Anni Settanta, ma all’epoca i metodi erano molto più pesanti di quelli di oggi. La politica italiana ha comunque spesso fatto la guerra ai tecnici, “rei” di segnalare rischi o di volersi fare alfieri del rigore dei conti pubblici o dei patti europei: a volte anche scavalcando la funzione della politica. Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera registra la rabbia del professore della Bocconi contro il ministro dell’Economia:

«Incredibile, da Tria non me l’aspettavo», sbotta Boeri una volta accertata la genuinità di quel comunicato. Ed è proprio con il ministro dell’Economia che Boeri è più irritato. «Se la Ragioneria Generale dello Stato avesse avuto delle perplessità su quelle stime, poteva contestarle, chiederci un approfondimento come avviene spesso. E invece ha proceduto alla bollinatura, facendole proprie».

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Boeri ha capito cosa c’è dietro il comunicato congiunto dei due ministri. Per disinnescare l’attacco del MoVimento 5 Stelle alla Ragioneria, la responsabilità del caso viene scaricata tutta sull’INPS. Ma lui non ci sta. «Se uno studente impreparato viene promosso, la responsabilità non è solo dello studente che non ha studiato ma anche del professore che lo promuove», dice con parallelismo accademico. Ed è per questo che nel suo comunicato di replica parla di attacco alla credibilità di due istituzioni nevralgiche per la tenuta dei conti pubblici.

Salvini ha pronto Alberto Brambilla da mettere al posto di Boeri. Di Maio non è all’altezza di comprendere il significato di una tabella per poter rispondere a prevedibili attacchi politici, molto simili a quelli che faceva il M5S quando era all’opposizione. Tria ha deciso che è meglio tirare a campare che tirare le cuoia, come diceva la buonanima di Belzebù. Conte non pervenuto. Se il governo ha deciso compattamente di ingaggiare una strenua lotta contro la realtà dei fatti, a farne le spese non può che essere chi dice che 2 + 2 fa 4.

Leggi sull’argomento: Chi è la «manina» del complotto contro il povero Di Maio

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