Telecom, l’emendamento sulla rete unica web in mano allo Stato

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-11-17

Un emendamento al decreto fiscale inaugura la corsa del governo gialloverde verso la proprietà dell’infrastruttura. Con la benedizione del fondo Elliott TIM dovrà decidere presto di che morte morire

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Un progetto di rete unica web in mano allo Stato da attuare tramite un emendamento al decreto fiscale che favorirà l’integrazione tra le reti di Telecom e di Open Fiber. È stato depositato da Emiliano Fenu del MoVimento 5 Stelle, relatore del provvedimento, e  assegna al Garante delle Comunicazioni (l’AgCom, un soggetto “pubblico”) il ruolo di arbitro di questa partita. Il Garante – sia pure in via «eccezionale» – può imporre a società come Telecom di separarsi dalla sua rete di cavi. È libero di adottare questa terapia d’urto in due casi: quando le aziende Internet (tipo Telecom e Open Fiber) stanno realizzando la rete in fibra ottica nelle stesse identiche aree del Paese sprecando così delle risorse; e quando un soggetto (come Telecom) ha una rete talmente più forte da compromettere «l’autonomia delle imprese concorrenti».

Telecom, la rete unica web in mano allo Stato

Ovvero, due condizioni attualmente già esistenti. Per questo la mossa diventa la più concreta nell’avvicinamento al progetto di rete unica web che il MoVimento 5 Stelle e la Lega accarezzano da qualche tempo e che le dimissioni di Amos Genish non possono che contribuire ad accelerare. E se non fosse abbastanza chiaro che si va in quella direzione, basta aggiungere che secondo l’emendamento il Garante può in alternativa incoraggiare le diverse aziende di Internet a unire le loro reti di cavi in modo «volontario». Spiega oggi Aldo Fontanarosa su Repubblica che alla fine dei giochi queste norme dovrebbero portare le reti di Open Fiber e di Telecom Italia dentro una società comune che – si prevede – sarà partecipata anche dalla Cassa depositi e prestiti (proprietaria al 50% di Open Fiber). La Cassa, controllata per l’82,77% dal ministero dell’Economia, è l’altra entità “pubblica” chiamata in prima linea nell’operazione di unificazione della rete.

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I protagonisti e le aziende coinvolte nella rete unica per il web (La Repubblica, 12 novembre 2018)

E il quotidiano aggiunge che in questo scenario, il Garante sta decidendo il nuovo prezzo che le imprese concorrenti dovranno pagare a Telecom Italia (ora, a partire già dal 2018) per noleggiarne la rete. Il noleggio riguarda, in particolare, linee per la connessione Internet di media qualità (Fttc) che arrivano agli armadietti grigi di strada (e non fino a casa del cliente). Il prezzo di noleggio in vigore è di 15,02 euro per linea affittata al mese. Al momento il Garante è orientato a non diminuire questo prezzo per il 2018, medita semmai di lasciarlo invariato. La notizia delude le imprese concorrenti, che pagano. Invece Telecom – se le cose finiranno così – riceverà un sostanzioso aiuto sulla strada che la porterà alla rete unica.

Il matrimonio tra Open Fiber e Telecom

Per il futuro il governo immagina un meccanismo regolatorio che introduca anche per la rete tlc la Rab (regulatory asset base). In poche parole, un sistema incentivante — attraverso le tariffe — per remunerare gli investimenti. Sulla falsariga di quanto succede con Terna e Snam, considerate entrambe esempi di successo. Una sola rete nazionale dovrebbe, nelle intenzioni dell’esecutivo, permettere un accesso a tutti a prezzi che è possibile sostenere da ognuno. Ma il problema, come era facile immaginare, è lo scorporo della rete Telecom-Tim che tecnicamente potrebbe essere problematico e legalmente incorrere nello stop di Bruxelles. Poi c’è l’incognita Vivendi: mentre per l’azionista Eliot l’idea è buona, per i francesi si tratta comunque di depauperare un asset su cui hanno investito.

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Dati e numeri di Telecom Italia (Il Sole 24 Ore, 11 novembre 2018)

Nel determinare tariffe incentivanti, l’Authority tiene conto tra gli altri elementi «del costo storico degli investimenti effettuati in relazione alle reti di accesso trasferite», delle «migliori pratiche» ma – anche – «della forza lavoro dell’impresa separata» (ossia, specifica la relazione illustrativa, «degli impatti dell’operazione di aggregazione in termini occupazionali»). Il “costo sociale” dell’operazione graverà sul mercato?

La partita del governo e quella di Elliott

La partita del governo si incrocia con quella del fondo Elliott, che ha cacciato con l’ok di Cassa Depositi e Prestiti l’a.d. Genish rendendo però pesante il clima in consiglio di amministrazione, con Vivendi che ha cominciato a prendere la strada della battaglia legale. Ma, scrive oggi Alessandro Penati sul Sole 24 Ore, per Tim ormai la scelta è solo di che morte morire:

Ma Elliot non può essere l’azionista di riferimento a lungo termine, e vuole massimizzare il ritorno sul proprio investimento. Ha visto infatti un’opportunità nell’arbitraggio tra il valore di una rete all’interno di una società telefonica, che in Europa vale in media 6 volte l’Ebitda, e quella di una rete separata in una società di pubblica utilità regolamentata, che ne vale almeno 11 volte (Terna, Snam). L’Ebitda della rete Tim eventualmente da cedere e conferire in una società separata con Open Fiber potrebbe collocarsi tra un minimo degli 800 milioni dell’attività wholesale di Tim, a circa 1,2 miliardi.

rai bbc gubitosi

Con un multiplo di 11, volte il valore di impresa sarebbe di 11/13 miliardi, in gran parte debito che Tim potrebbe deconsolidare. Uno scorporo e cessione della rete trova l’interesse di Cdp ed Enel: la fonderebbero con Open Fiber per non sobbarcarsi i 5 miliardi di investimenti previsti (oltre agli 1,6 stanziati dallo Stato) per un progetto rischioso, stante l’obiettivo poco realistico dei 500 milioni di Ebitda da 4 milioni di clienti nel 2022 (Tim ne ha 3 milioni con allacciamento FTTH). Aggiungiamo le sinergie negli investimenti di un’unica rete, più la voglia di Stato imprenditore dell’attuale Governo e il gioco sembra fatto.

Intanto nel CdA si decide per l’amministratore delegato: corrono Luigi Gubitosi e Alfredo Altavilla. Il primo lascerebbe così Alitalia per un progetto molto più stimolante.

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