Perché non è possibile parlare di speronamento da parte della Sea Watch nei confronti della GdF

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-01

Ora che sono passati alcuni giorni possiamo dire che forse l’idea di fermare una nave da 600 tonnellate con un barchino non è da annoverarsi come i gesti più intelligenti della marineria italiana? D’accordo che siamo un popolo di santi, poeti e navigatori ma forse sarebbe il caso di non basare le nostre conoscenze nautiche sui film d’azione

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I sovranisti di tutta Italia hanno scoperto in questi giorni di essere estimatori della Guardia di Finanza, ovvero quel corpo delle Forze dell’Ordine mai troppo amato perché generalmente dà la caccia ad evasori e furbetti vari e accusato di “colpire” i piccoli imprenditori con controlli sugli scontrini. La ragione ovviamente sta tutta in quanto avvenuta a Lampedusa nella notte tra il 28 e il 29 giugno con lo “speronamento” di una motovedetta della GdF da parte della Sea Watch 3 in fase di attracco al molo.

Il film dei sovranisti sull’aggressione alla motovedetta

Subito il ministro degli Interni ha scatenato la caccia alla “criminale” comandante Carola Rackete che secondo Salvini avrebbe “tentato di schiacciare contro la banchina del porto di Lampedusa una motovedetta della Guardia di Finanza con l’equipaggio a bordo”. Secondo sovranisti e patridioti si tratta di un vero e proprio atto di guerra. I magistrati di Agrigento dovranno accertare l’esatta dinamica degli eventi e chiarire se la motovedetta può essere considerata una nave da guerra.

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Dal punto di vista processuale c’è pure un precedente. Lo ricorda oggi il Manifesto: è il caso della Cap Anamur che forzò un blocco navale per entrare a Porto Empedocle nel 2004. Il caso si concluse con un’assoluzione. Quello che si vede nel filmato sembra a tutti molto chiaro: la Sea Watch si sta accostando al molo nonostante la presenza della motovedetta (pare essere una V800 in dotazione alla GdF). Le due imbarcazioni si toccano e la piccola vedetta riesce poi ad allontanarsi consentendo l’approdo.

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Come nei film di Bruce Willis!1 Un’esplosione!

La vera domanda da farsi non è se la Sea Watch 3 abbia voluto intenzionalmente schiacciare la motovedetta sulla  banchina ma cosa ci facesse lì la motovedetta. Chi aveva ordinato alla GdF di compiere quella manovra così pericolosa? Poco importa che la motovedetta fosse già lì davanti al molo o che sia intervenuta in un secondo momento. Il gesto in sé era inutile dal punto di vista del voler evitare l’attracco. Fermo restando poi che Salvini ha detto che voleva sequestrare la nave, e questo poteva avvenire solo dopo lo sbarco. Davanti al Gip Alessandra Vella la Rackete ha dichiarato: «non volevo colpire la motovedetta della Guardia di Finanza, credevo che si spostasse e me la sono trovata davanti. Non era mia intenzione colpirli».

Perché la manovra della Guardia di Finanza ha messo a repentaglio la sicurezza dell’equipaggio della motovedetta

L’imbarcazione della GdF è stata sempre a fianco della Sea Watch fin dal suo arrivo nelle acque di Lampedusa. Quando la nave della Ong ha deciso di entrare in porto la motovedetta si è messa in mezzo durante le ultime fasi della manovra. Non è ben chiaro cosa pensassero di fare i finanzieri a bordo della vedetta. Fermare con un’imbarcazione di poco più di 12 metri per 16 tonnellate di dislocamento una nave lunga 50 metri (cinque volte tanto) per oltre 600 tonnellate di stazza (37 volte tanto) non sembra una mossa intelligente. Soprattutto quando ormai la nave è a meno di cinque metri dalla banchina.

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Per i patridioti però il caso è già chiuso: nella migliore delle ipotesi è speronamento, nella peggiore è un vero e proprio atto di guerra del quale dovranno (o dovrebbero?) rispondere anche i parlamentari del PD che erano a bordo in quanto complici. Giusto: perché nessuno degli onorevoli Dem a bordo della Sea Watch si è gettato sui comandi (o sul timone) per impedire la manovra scellerata della nave pirata e quindi la collisione?

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La risposta è che in quel momento nessuno, non una motovedetta e nemmeno un eroico parlamentare del PD, avrebbero potuto impedire il contatto tra le due imbarcazioni. Perché questa è la definizione aderente ai fatti e alla realtà: contatto. La ragione per cui la manovra pericolosa è stata quella portata a termine dai finanziari che si sono infilati tra la banchina e la Sea Watch 3 è semplice e sta tutta in una parola: abbrivio. La nave della Ong a quel punto non si poteva più fermare o arrestare, e anche se avesse voluto farlo non avrebbe potuto farlo nei brevi istanti in cui la motovedetta si è messa in mezzo.

C’è chi in questi giorni spiega che se ad una macchina o ad un TIR viene intimato l’alt il conducente si deve fermare. Ma generalmente nelle operazioni di polizia a terra il segnale non viene dato facendo sbucare gli agenti da dietro una curva con il mezzo da fermare lanciato a cento all’ora. Fatte le debite proporzioni (la manovra della Sea Watch era, come sempre in questi casi, lentissima) invertire la rotta in quel preciso momento avrebbe richiesto qualcosa di molto più complesso che “interrompere la manovra” perché l’abbrivio della nave avrebbe in ogni caso spinto la Sea Watch verso il molo. Se volete avere un’idea di cosa significhi abbrivio guardate il video della recente collisione della MSC Opera a Venezia. Anche qui i caso sono leggermente diversi (la nave da crociera aveva perso la capacità di governo) ma fa capire quanto sia difficile fermare “all’istante” una nave.

Come mai la Guardia di Finanza non ha fermato gli sbarchi fantasma?

A cosa serve tutta la caciara su questo episodio? A dare un significato “plastico” all’idea dello scontro tra Stato italiano e Ong. Uno scontro evocato da mesi ma che fino ad ora era rimasto nei tweet e nelle dichiarazioni dei membri del governo. Il contatto tra la grande nave umanitaria (che simboleggia i poteri forti) e la piccola motovedetta è la rappresentazione grafica della battaglia con i Poteri Forti dell’immigrazionismo e l’eroica resistenza dello Stato, nonostante la mancanza di mezzi adeguati (per colpa dell’Europa ovviamente).

Certo, la si può vedere anche in un altro modo, come l’inutilità di cercare di “chiudere il mare” o di bloccare l’immigrazione. Ovvero di bloccare un flusso di persone che non può essere fermato con tweet e decreti ma piuttosto governato e gestito con politiche di accoglienza adeguate. E non tirare fuori la storia dell’aiutarli a casa loro, perché i soldi stanziati non bastano, perché gli aiuti che “diamo” come Stato non sono che una goccia nel mare. Qualcuno poi potrebbe anche farsi un’altra domanda: dov’erano le motovedette della Guardia di Finanza di stanza a Lampedusa mentre a giugno sbarcavano industurbati, entrando tranquillamente in porto, centinaia di migranti a bordo di decine di barchini e motopescherecci? Nessun eroico gesto, Nessun tentativo di impedire l’attracco, come mai?

Leggi sull’argomento: La lettera di Laura Castelli sui fantastici controlli “digitali” per il Reddito di Cittadinanza (che non funzionano)

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